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Imparare ad essere felici (o della felicità) nella formazione medica

Imparare ad essere felici (o della felicità) nella formazione medica

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di Salvatore Settineri

 

Prima riflessione

Tra gli obbiettivi della formazione nazionale un significativo spazio è stato dato alla comunicazione medico – paziente la cui formazione è spesso gestita da non medici e cioè da esperti. Per la verità si tratta di una formazione post laurea in quanto, durante il percorso di base, il numero dei crediti dedicati a questa tematica è decisamente basso, spesso integrato con le scienze psichiatriche ( come nel nostro ateneo), dando l’impressione che la relazione con il paziente sia “una cosa da psichiatri”.

Il pensiero comune, foriero sempre di pregiudizi, si confonde con il senso comune in cui è vincente l’idea che la capacità di una buona relazione sia un fatto di buona educazione oppure di temperamento che, come si sa, essendo innato, non è suscettibile di variazioni sostanziali. Eppure tutti i grandi maestri da Paracelso a S. Freud, da C.G. Jung a C.Rogers, solo per sottolineare i primi che mi vengono in mente, hanno evidenziato che il paziente, prima di essere guarito, desidera essere ascoltato, anche nel suo profondo, affidando quindi ad un assetto emozionale la rilevanza del suo malessere, ad un sensore interno e soggettivo l’indicatore della sua salute.

Nondimeno il benessere del corpo è un bene essere che l’Autore dell’Atlante delle Emozioni, esposto in bellavista nelle librerie, un tale T.W.Smith si preoccupa di citare il filosofo J.S. Smith il quale sentenzia “chiedetevi se siete felici e cesserete di esserlo”; ancora una volta vince l’atteggiamento scaramantico, magico, prescientifico eppure si afferma, non solo negli USA , la necessità di valutare l’economia in termini di soddisfazione soggettiva piuttosto che di PIL. Non di meno, per coloro che sono legati alle evidenze, citiamo alcuni lavori a sostegno della necessità di interventi mirati in questo campo.

1) Le persone più felici sono più impegnate e produttive e svolgono un lavoro di qualità superiore. (Fonte: Lyubomirsky, S., King, L. A., & Diener, E. (2005). Bollettino psicologico).

2) Le persone più felici sul posto di lavoro vengono promosse più rapidamente e hanno meno probabilità di perdere il lavoro. (Fonte: Boehm, J. K., & Lyubomirsky, S. (2008). Journal of Career Assessment).

3) Le abilità che sono fondamentali per la felicità sono anche le “Abilità del 21 ° secolo” che i datori di lavoro stanno cercando oggi, tra cui una forte collaborazione e abilità interpersonali. (Fonte: National Association of Colleges and Employers, Boehm & Lyubomirsky, 2008).

4) I luoghi di lavoro che promuovono la felicità tra i loro dipendenti vedono i benefici per la produttività e l’innovazione, una maggiore fedeltà dei clienti e un minor turnover, oltre ad altri vantaggi per i profitti. I leader di alto livello nell’intelligenza sociale ed emotiva hanno maggiori probabilità di avere dipendenti soddisfatti e di mantenere le loro posizioni di autorità. (Fonte: Keltner, D. (2016) The Power Paradox, New York: Penguin Press.).

Non potrà sfuggire alla Vostra osservazione come le citazioni sono prese dal mondo del profitto e, allora, perché non pensare che anche nelle nostre aziende ospedaliere, nelle cliniche pubbliche e private, nelle istituzioni sanitarie e non occorre creare le premesse per il sorgere di un clima dedicato e \considerato possibile, purtroppo anche questo non è vero, per le dinamiche familiari?

Intanto occorre sfatare il mito per il quale la creazione della felicità negli ambienti sanitari sia una competenza aziendale delegabile ad uno o più esperti di risorse umane. La felicità non è una prerogativa solo del paziente o del medico o di entrambi, più facilmente occorre pensare al sistema salute, proprio come inteso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità; cioè un sistema utopico e quindi ideale che, proprio perché opposto al reale, necessita di essere perseguito. Così , come per le malattie metaboliche abbiamo sempre più raffinate indagini, per la diagnostica per immagini elevatissime prestazioni, ecc. anche noi possiamo osservare, monitorare il nostro ambiente di lavoro partendo da riflessioni circolari e non saltuarie, individuando metodi su cui si forma il mentale( ad esempio immagini) che siano uno specchio sufficientemente fedele di quell’armonia indice di salute. Finisco con un aneddoto; tra le esperienze che vengono offerte nei corsi di medicina c’è quella didattica elettiva ( cioè liberamente scelta dagli studenti); nel corso di una di queste attività ho proposto la visione didattica del film “ Colpa delle stelle” , una storia di due adolescenti affetti da neoplasie; è interessante notare che molti giovani colleghi piangevano ( e sin qui è sempre bello osservare la capacità di immedesimarsi delle future generazioni con il dolore) ma alla domanda ( la maieutica genera buone riflessioni) che cosa fareste ? mi è stato risposto, per fortuna solo da qualcuno, : li mandiamo dallo psicologo.

In questo senso bisogna chiedersi, parafrasando, T. Merton se il destino degli uomini sia quello di essere sempre più isole, quindi non parti del continente, ove solo nell’introversione è possibile trovare felicità.

 

Salvatore Settineri

Associato di Psicologia Clinica Università di Messina

Direttore del Master di II Livello Happiness at work.