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Psicosi da coronavirus e sindrome del “cojonevirus”: paziente messinese negativo al test

Psicosi da coronavirus e sindrome del “cojonevirus”: paziente messinese negativo al test

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di Massimiliano Cavaleri 

MESSINA (22 feb) – Il paziente ricoverato al Policlinico di Messina, di cui si è parlato tanto stamane, è risultato negativo al test del coronavirus: come già anticipato dai medici, si trattava di una semplice polmonite. L’allarme lanciato con un ingiustificabile video che ha creato una valanga di falsa informazione sui social e su alcune testate (che hanno pubblicato senza verifica della fonte, normale procedura dimenticata spesso dai giornalisti nell’inseguire un clic) dimostra l’ennesima cattiva informazione unita a un disprezzo della legge, delle regole deontologiche e del buon senso. L’infermiere protagonista andrebbe licenziato in tronco, senza se e senza ma, o quantomeno spedito in Cina… perché ha creato un precedente pericoloso capace di seminare il panico in città, mentre l’Italia è in piena crisi e la gente vive una comprensibile psicosi per la presunta pandemia del secolo. Del resto mai un nuovo virus aveva creato così tanti problemi ai governi, all’economia, ai trasporti, alle aziende. E nelle prossime settimane la situazione si aggraverà, sperando non precipiti del tutto: dato che un mese fa l’Italia nelle parole del premier “si era difesa meglio di tutti gli altri paesi” e oggi in 48 ore abbiamo già 60 contagi. In compenso per la prima volta Medaglia d’Oro in Europa! Non certo bastava chiudere il traffico aereo proveniente dalla Cina, dato che ogni minuto volano 5mila aerei e basta fare scalo in un altro paese per atterrare poi nel nostro, pur provenendo comunque dall’Asia: dunque ingresso di migliaia di cinesi. Forse serviva piuttosto bloccare l’ingresso a tutti i passeggeri che negli ultimi 30 giorni risultavano nei sistemi avere carte d’imbarco, anche con voli precedenti, da quelle nazioni. Intanto durante la lotta al coronavirus cerchiamo di non dover combattere la sindrome del “cojonevirus” che, per certi versi, è anche peggiore.