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Le quattro farmacie storiche da scoprire in Sicilia

Le quattro farmacie storiche da scoprire in Sicilia

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A volte la bellezza si nasconde nei luoghi più improbabili, persino a due passi dalle nostre case o dai posti che frequentiamo abitualmente. Alcune farmacie siciliane, ad esempio, non sono semplici “botteghe” in cui si preparano (e acquistano) prodotti per la cura e la salute del nostro corpo ma veri e propri scrigni d’arte, tutti da scoprire.

Via Maqueda è di passaggio per chiunque attraversi il centro storico di Palermo, turisti e non, e proprio qui (al civico 13) è ancora attiva quella che, con molta probabilità, è la farmacia più antica della città: è lunga oltre un secolo la vita della Farmacia Teresi che custodisce al suo interno arredi e scaffalature risalenti agli anni della sua costruzione.

Secondo le testimonianze più attendibili, la Farmacia Teresi era in attività già nel 1852 e nacque come “costola” del laboratorio settecentesco che operava all’interno del vicino convento di Sant’Antonio di Padova.

Era di proprietà degli ex monaci Rizzuto che, seppur abbandonata la vita conventuale, continuarono a produrre ricette galeniche e medicamenti secondo le antiche formule. Nel 1894 la farmacia fu acquistata da Ignazio Teresi e tutt’oggi è gestita dall’erede della famiglia Teresi, Maria.

E proprio alla famiglia Teresi si deve la possibilità di ammirare gli arredi originali, grazie a un prezioso intervento di restauro conservativo che ne ha preservato l’aspetto originario.

Un’altra delle farmacie più antiche d’Italia, gestita da ben 150 anni dalla stessa famiglia, è la Farmacia Cirincione di Cefalù che sin dalla sua fondazione occupa la storica sede nel centralissimo corso Ruggero (al civico 144).

Aperta nel 1820, la Farmacia Cirincione mantiene un aspetto squisitamente settecentesco con gli arredi e i decori originali in stile “veneziano”: un ambiente che risplende di luce propria da qualsiasi angolo lo si ammiri, con fregi intagliati e rivestiti d’oro che fanno da cornice a dipinti raffiguranti dame, cavalieri e satiri di pompeiana memoria.

Ma c’è una “chicca” per tutti gli appassionati di cinema d’autore: la Farmacia Cirincione è uno dei luoghi che compaiono in “A ciascuno il suo”, pellicola di Elio Petri del 1967 interamente ambientata a Cefalù e liberamente ispirata all’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, definita dal dizionario dei film “Mereghetti” «forse il miglior film di uno dei più lucidi cineasti d’impegno sociale dell’epoca».

Non al cinema ma alla televisione, invece, deve la sua celebrità l’Antica Farmacia Cartia di Scicli. meglio conosciuta come “la farmacia di Montalbano”. Questa piccola, splendida bottega fu fondata nel 1902 da Guglielmo Cartia (di cui porta il nome, appunto) e oggi è un vero e proprio museo che conserva al suo interno i barattoli originali con le essenze naturali, le ampolle, le boccette, i bilancini e perfino un antico registratore di cassa.

Oggi l’Antica Farmacia Cartia è gestita dall’associazione culturale Tanit Scicli – insieme alla chiesa di San Giuseppe e alla chiesa rupestre del Calvario – che qui organizza visite guidate dando un enorme contributo per la conoscenza di un patrimonio unico nel panorama cittadino e provinciale, tra i maggiori del genere in Sicilia e Italia.

È un vero e proprio museo anche l’Antica Farmacia di Roccavaldina, in provincia di Messina, che custodisce uno dei più bei corredi farmaceutici del 16esimo secolo esistenti al mondo: ben 238 vasi di varia forma e dimensioni realizzati nel 1580 a Urbino, nell’officina di Antonio Patanazzi.

Il Museo Farmacia di Roccavaldina (ME)

Fiasche, brocchette, anfore e albarelli che rappresentano un prezioso esempio di arte ceramistica italiana di epoca rinascimentale, finemente decorati con interessanti accostamenti di forme e colori e con dipinti raffiguranti soggetti mitologici, biblici e storici.

Questa “spezieria” apparteneva alla Confraternita del Santissimo Sacramento ma, con la soppressione delle corporazioni religiose del 1882, la città di Roccavaldina rischiò di perderla per sempre. Per fortuna dopo trasferimenti e restauri (con la perdita di qualche pezzo della collezione originaria), nel 1968 tornò nelle mani del Comune che oggi lo rende fruibile ai visitatori.

(Fonte: Balarm)