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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Al kolchoz”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Al kolchoz”

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di Filippo Cavallaro

Renoir ha contratto la malattia covid 19 a metà marzo. Aveva difficoltà a respirare e venne ricoverato con tutto il trambusto di tamponi, isolamento, controllo e quarantena proprio e dei familiari..

La sua avventura vissuta in virtù della malattia mi ha ricordato un romanzo letto due estati fa “Terminus radioso” di Antonie Volodine. Nel romanzo i protagonisti abitano un mondo contaminato dalle esplosioni dei reattori nucleari. Esseri viventi e macchine vivono un eterno futuro dove vita e morte, spazio e tempo, odio ed amore ed ogni doppio alternativo si mischia in un tutt’uno infinito.

Tra i protagonisti un treno che corre lungo i binari alla ricerca di un kolchoz con il suo carico di militari ed armamenti.

I soldati, dagli occhi vitrei e lo sguardo fisso, ed armi e munizioni, sono sistemati nei suoi vagoni.

Si tratta di un treno merci e tutti stanno sul tavolato che malgrado sia periodicamente pulito traspira del trasporto di mandrie ed armenti e lascia permanente un olezzo di piscio. 

Periodicamente il macchinista ferma il treno per una manutenzione, rituale, della pompa dell’olio, e, del funzionamento dei freni, controllando anche il livello del carburante diesel.

E’ rimasto un rituale, questo tipo di manutenzione forse non è più necessaria in quanto tutto ciò che è riuscito superare il disastro ora è dotato di una carica, atomica, che lo renderà attivo in eterno con una forza … vitale … perenne.

Scelte legate al progresso, ed a nuovi bisogni, avevano richiesto sempre più energia, e le onnipresenti centrali nucleari avevano raggiunto anche la regione più isolata. Poi la superficialità, la distrazione, la mancata manutenzione, le guerre non avevano permesso il corretto funzionamento. Si erano guastate le centrali energetiche, erano collassate ed avevano contaminato tutto.

Il treno deve raggiungere il campo di lavoro, il kolchoz, a cui è destinato,  da quella postazione, alleandosi con i locali, le truppe si riorganizzeranno.

La catastrofe non ha fermato le guerre, anzi ha dato una forza infinita a tutti i contendenti, sopravvissuti, malgrado le loro uniformi non siano più ordinate a causa degli strappi dovuti alle esplosioni, a cui si aggiungono altri strappi prodotti per l’impossibile contenimento delle strutture corporee modificate dalle radiazioni rilasciate da quelle .

Ogni esercito ha sempre più radicalizzato il proprio obiettivo da raggiungere e si impone di perseguirlo anche se non esiste più, annientato, distrutto dalle esplosioni e dai venti radioattivi.

Renoir è come quel treno. Il suo desiderio è di tornare a casa. Il suo vissuto al covid hospital è di isolamento e di monitoraggio della respirazione, mai intubato. Ha una grande forza che esprime quando parla di casa o della sua barchetta con cui ha l’abitudine di andare a pescare.

Come nel romanzo per le radiazioni, il suo corpo porterà traccia dell’infezione virale, con le gammaglobuline pronte ad opsonizzare il microorganismo Sars cov 2.

Come quel treno che ancora gira sui binari, sostando periodicamente ma non raggiungendo il kolchoz a cui è destinato. Renoir ha sostato in presidi ospedalieri di parecchie località cercando di tornare a casa.

Come nel romanzo ogni esercito ha voluto imporre i propri obiettivi, la propria ideologia, le proprie gerarchie, le proprie condotte strategiche. Renoir ha subito le logiche del covid hospital, le procedure di malattie infettive, le linee guida della terapia intensiva, l’intevento della pneumologia, i protocolli del 118, … ogni sosta, ed ogni trasferimento, per lui sono state avventure per la sopravvivenza, che spesso lo hanno portato ad una regressione sul versante motorio e sull’autonomia.

Come per i protagonisti di Terminus radioso, nel girovagare è tornato al punto di partenza.

Nel romanzo due artisti, sul treno, raccontano eventi ed eroi epici delle tradizioni siberiane o mongole, presentano versioni della realtà o del sogno assolutamente impalpabili, effimere. Nelle ultime pagine si lasciano andare, sono stanchi di essere carichi di energia, assumono posture amorfe in attesa della fine.

Renoir, no! Si  è rimesso in piedi, come alle dimissioni dal covid hospital. Schiena dritta! Pancia in dentro! Petto in fuori!

Anche se la saturazione è sui 94 sta uscendo e la moglie, unica realista e reale realtà di tutta la vicenda lo porterà a casa.