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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Caronte”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Caronte”

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di Filippo Cavallaro 

Un grafic novel di Tunué con la sua bellissima rilegatura rigida e la carta ricercata, un volume che soddisfa già al primo contatto, è quello con la storia de “Il piccolo Caronte” di Sergio Algozzino per le tavole di Deborah Allo che mi è stato prestato da un giovane amico medico. Condividiamo la passione per i fumetti e ci scambiamo, quasi quotidianamente, vignette sul telefonino. La disegnatrice, Deborah Allo, è nostra conterranea ed ha un tratto molto preciso e sottile che sviluppa ed arricchisce con gli acquarelli.  

L’ho letto con voracità, immergendomi spesso tra le pagine, ed il piccolo Caronte deve essere educato a fare da traghettatore. 

Parte della sua formazione viene svolta in forma di tirocinio, full immersion, nella vita reale. Incontra la povertà di chi vive sotto i ponti, la sofferenza degli affamati, la disgrazia di chi è afflitto da malattie incurabili, la desolazione di chi è disperato… tanta tristezza tra gli umani. Questa esperienza lo fa maturare e, da ragazzino distratto, disinteressato e giocherellone, sempre in compagnia del fido Cerberino, lo rende pronto ad essere il traghettatore sul fiume Acheronte. 

Si impegnerà, svolgendo quel servizio,  a spiegare come funziona, perché nel momento in cui la vita si esaurisce non bisogna disperarsi.  

Tutti hanno un ruolo.  

Sempre. 

Questa crescita, legata ad un tirocinio, per insegnare al piccolo Caronte come dovrà relazionarsi con le anime dei morti, mi ha portato a considerare quale e quanto potrà essere il danno legato alla formazione in DAD, nell’ultimo anno, per le professioni d’aiuto alla persona.  

Bisogna far crescere in sé, in ogni studente, anche il valore della relazione con la persona in condizioni gravissime. In più di quarant’anni di attività ho conosciuto tante persone, alcune veramente fortissime, malgrado non fossero in grado di fare alcun movimento, costoro mi hanno insegnato tanto, in un tirocinio continuo con le fragilità degli umani. 

Stefano è stato uno di questi, nessun movimento, una vita in carrozzina che svolgeva compiti di trasporto e di sostegno. Una vita piena zeppa di impegni ed attività per fare del bene, portare conforto, costituire associazioni, fondare cooperative, lottare per i diritti dei disabili. Senza alcun movimento, una carrozzina robusta ma pieghevole, sempre in giro … per strada tutto il giorno. La sera, fin quando non si è sposato, toccava a chi era con lui accompagnarlo a casa, dove viveva da solo, metterlo a letto sul materassino antidecubito, svestirlo e dopo avergli rimboccato le coperte salutarlo per una buona notte. Quanto ho imparato frequentandolo. Il suo coraggio. La sua lucidità mentale. Le sue strategie per trovare sempre qualcosa di divertente da fare.  

Da fare!  

Da Stefano, senza il dominio di alcun movimento, con tutti quelli che si trascinava dietro!