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Carlino Mezzolitro e il calzolaio e le stelle

Carlino Mezzolitro e il calzolaio e le stelle

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Disegno di Giovanna Certo

Carlino Mezzolitro, sprofondato nel divano di casa, non faceva nulla: amava non fare nulla,

farsi coccolare dal silenzio delle pareti, dalla luce soffusa di una lampada, gustare il tepore

del riscaldamento: insomma un paradiso di solitudine.

Ma come Eva con la mela, arriva una telefonata, o squillo assordante, nevrotico.

E’ lui, solo lui può avere questa capacità: il Vecchio detto il Saggio!!!

-Carlino, Carlino, accorri, accorri, subito, subito!

La voce graffiante e stridula al tempo sfondò i timpani del nostro eroe che produsse,

tra sé e sé, le solite orazioni, augurando il peggio del peggio del peggio all’anziano

scocciante.

Arrivò In Via dei Sogni al Numero Che ne so ancora nervoso, isterico.

-Caro, caro, caro non ti tiri mai indietro! Caro!

-Che successe?

Tragedia! Tragedia! Un mio carissimo amico, forse il più caro, sta male,

mi hanno detto che è solo! Io non posso muovermi, lo sai…

Incominciò ad annoverare, con dovizia di particolari, le numerose patologie, dalle

emorroidi alla cataratta, dall’alluce valgo alla meningite.

Carlino, esausto, partì per la nuova avventura.

Arrivò di sera, suonò il campanello, la risposta si fece attendere.

Aprì la porta un uomo anziano e curvo, quasi gobbo, affannanato.

-Lei è Carlino!? Si! Mi ha tanto parlato bene di lei il Saggio! Che cara persona!

Fece finta di condividere l’opinione, e: Lei è solo?

-Si, solo e malato, non mi resta molto! Colpi di tosse stizzosa, si riprese.

-Le racconto la mia storia. Vuole, si? Grazie!

Nacqui da famiglia povera, povera assai, il cibo, quando c’era, l’unico lusso.

Ragazzino, mi disse mio padre, i tuoi fratelli più grandi lavorano la terra,

per te non c’è più posto, ma ho un amico calzolaio, ti porterò da lui, imparerai

un mestiere e avrai di che vivere.

Così fu, passarono i mesi, gli anni, quante scarpe ho aggiustato, quanti petti,

quanti tacchi. Sempre curvo per ore e ore, senza pause, senza un divertimento.

Quando mi dicevano Laborio, ah non mi sono presentato, mi chiamo Laborio Travaglio.

Laborio, vieni, è sera, usciamo, andiamo in giro, il cielo, le stelle…io non andavo.

Dicevo: Del sole ho bisogno, della sua luce che mi fa lavorare! Andate, voi, andate!

-E quindi lei, ho capito bene?

-Si, non ho mai visto le stelle e non le voglio vedere neanche ora che…

E una lacrima calda inondò il volto rugato.

Carlino la fece sua, sentì le guance bruciare e bevve il mezzolitro, gli

occhi lucidi e enormi negli occhi di Laborio.

Fu un attimo.

-Portami, portami fuori, le voglio vedere.

La natura fece la sua parte, erano lì, sembrava lo aspettassero.

L’Orsa Maggiore e la Minore! Che splendore! Ma non furono da meno

gli altri corpi celesti, Venere e la Luna!

Laborio pianse ancora, ma di gioia e chiese la mano a Carlino.

-Portami dentro…

Si sedette, dopo poco, partì per l’ultimo viaggio.

Carlino tornò dal Saggio.

-Finisce così?

-No, non può finire così: chiama la Fata Turchina, l’amica di quell’amico

nasuto di cui non ricordi mai il nome.

Arrivò in un lampo, lei e la sfera di cristallo.

-Guarda, Saggio è lui! È con San Pietro.

Guarda gli recita la Divina Commedia” e infine uscimmo a riveder le stelle”.

Guarda, guarda come sbuffa il Santo!

Ora declama “ruotai con le stelle, il mio cuore si sparpagliò

nel vento”! Che bello! Ma perché  lo rimprovera?

-Carlino è Neruda. Neruda è un comunista!

-Comuche? Che vuol dire?

-Il Vecchio, detto il Saggio: Qualche giorno te lo spiegherò…

Quel Pietro è così bravo, se solo fosse meno nervoso…

Francesco Certo