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di Gaetano Satullo
Nel 2020, dopo oltre un decennio di progressiva e costante riduzione della mortalità per infarto miocardico, la mortalità intraospedaliera e a 30 giorni dopo l’infarto è tornata a crescere (dati ufficiali nazionali dell’AGENAS pubblicati nel 2021): da 7.33 del 2019 a 7.51 del 2020 ogni 100 infartuati. Ciononostante, in Sicilia, nel 2020, pur registrandosi un incremento della mortalità rispetto al 2019, questa si è mantenuta ben al di sotto della media nazionale (7.21 decessi ogni 100 infartuati a fronte di una media nazionale di 7.51); questo è un indice indiretto del buon funzionamento in Sicilia della Rete per l’infarto miocardico acuto e della ottima qualità del 118 e della cardiologia siciliana. Ed è certamente un risultato da difendere in un momento in cui il sistema 118 potrebbe attraversare una crisi collegata alla carenza d’organico dipendente dal sempre minor numero di medici disponibili ad affrontare una carriera che richiede alta professionalità offrendo una retribuzione insufficienza con altissimo rischio medico-legale e ambientale.
In relazione alla mortalità post-infarto, invece, purtroppo in Sicilia la situazione appare ribaltata se si analizza la mortalità a un anno dall’infarto. Infatti a fronte di una mortalità media nazionale di 9.21 (dati AGENAS riferiti al 2019) la mortalità in Sicilia è di 9,66 ogni 100 casi. Ciò indica che in Sicilia è carente il follow-up dei pazienti infartuati; e tale carenza annulla (andando anche ben oltre) quindi tutti gli sforzi con esiti positivi che giornalmente vengono fatti dal sistema d’emergenza territoriale e dalle cardiologie nella fase acuta. In pratica dopo un episodio infartuale non tutti i pazienti vengono seguiti adeguatamente; si assiste a situazioni paradossali in cui pazienti a bassissimo rischio ricevono “attenzioni” eccessive, e quindi inutili, con irrazionale aggravamento della spesa sanitaria, mentre infartuati che hanno un elevato rischio di morte a un anno, talora vengono sottotrattati e/o non ricevono quegli approfondimenti diagnostici necessari al loro grave stato di salute; in pratica sembrerebbe che in molti casi il follow-up del paziente infartuato non è collegato alla gravità del caso. Ciò dipende in parte dall’organizzazione degli ambulatori ospedalieri e territoriali ma in parte anche da una non omogenea distribuzione delle strutture sanitarie; non a caso la zona dei Nebrodi è in Sicilia una di quelle in cui la mortalità per malattie ischemiche cardiache è tra le più elevate (almeno fino al 2019). E’ evidente che il persistere delle ondate pandemiche, compresa quella in atto, non farà che peggiorare l’attenzione che in tutt’Italia e inevitabilmente anche in Sicilia, la sanità pubblica ha verso questi pazienti, essendo la maggior parte delle attenzioni e delle risorse rivolte al COVID.
Per migliorare il follow-up di tali pazienti, al fine di migliorare gli esiti e di ridurre la mortalità a distanza, l’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia, con tempismo, ha promosso, già nel 2019, un tavolo tecnico coordinato dal dirigente dell’assessorato, dott. Giovanni De Luca, cardiologo, al fine di predisporre un documento d’indirizzo per tutte le aziende sanitarie, così da garantire che l’assistenza per il paziente infartuato sia erogata secondo standard e procedure omogenee su tutto il territorio regionale. Tale documento è stato recentemente definito ed adottato nel mese di dicembre
Il documento d’indirizzo prodotto dal gruppo di lavoro offrirà a tutti i cardiopatici siciliani che hanno subito un infarto, in base alla categoria di rischio di appartenenza, uguali opportunità di cura e di diagnostica clinica e strumentale indipendentemente dall’area di residenza; e ciò per il primo anno dopo l’infarto, cioè in quell’arco temporale in cui, nei pazienti ad alto rischio, è più elevato il rischio di un reinfarto e di morte. In questo periodo pandemico dove tutte le attenzioni sanitarie sono rivolte al COVID mentre le altre patologie vengono trascurate, l’Assessore alla Salute avv. Ruggero Razza e l’avv. Ferdinando Croce, capo della segreteria tecnica al momento dell’insediamento del tavolo tecnico, hanno dimostrato grande attenzione alla problematica favorendone tutto il processo tecnico-professionale e amministrativo fino alla pubblicazione del documento nella GURS del 24 dicembre u.s. In pratica i Centri dimettenti l’infartuato ne stratificheranno il rischio, affidando il paziente al curante e agli ambulatori e/o centri cardiologici territoriali in caso di rischio medio e basso, mentre all’ambulatorio dedicato ospedaliero in caso di alto rischio. Ciò ha una logica non perché i cardiologi ospedalieri abbiano una maggiore professionalità degli altri (tutta la cardiologia siciliana sia ospedaliera che territoriale è di alto livello) ma esclusivamente in quanto i pazienti ad alto rischio devono essere seguiti strettamente anche con indagini diagnostiche che richiedono quasi sempre la struttura ospedaliera (test provocativi con o senza imaging, indagini angiografiche invasive, ecc) e potrebbero aver bisogno anche di procedure interventistiche (nuove procedure di rivascolarizzazione, impianti di ICD, ecc). Chiaramente per rendere efficace il percorso diagnostico-terapeutico tracciato, il documento di indirizzo adottato dalla Regione deve ora essere reso operativo dalle Aziende sanitarie, che dovranno provvedere all’organizzazione di tutto il follow-up che sarà intraospedaliero (possibilmente con ambulatori medico-infermieristici dedicati agli infartuati) per i pazienti ad alto rischio mentre sarà territoriale, e quindi affidato alle Aziende Sanitarie Provinciali, per i pazienti a medio e basso rischio. Al riguardo, il cronoprogramma di attuazione previsto dal medesimo documento prevede che il percorso di follow-up del paziente infartuato debba essere organizzato dalle aziende sanitarie entro marzo p.v., divenendo operativo sostanzialmente entro la fine della primavera, sperando che a breve venga superata l’emergenza di questa quarta ondata pandemica COVID; già nel 2023 e pienamente nel 2024 si dovrebbero così ottenere benefici tali da portare gli esiti a un anno (cioè la morte o il reinfarto) dei nostri pazienti infartuati ai livelli delle regioni italiane più virtuose, limitando il più possibile gli effetti negativi che la dovuta attenzione al COVID sta determinando sulla diagnosi e sul trattamento delle altre patologie. E’ sempre opportuno ricordare che anche in piena pandemia COVID, la prima causa di morte in Italia e in Sicilia rimane quella per patologie cardiovascolari; quindi è evidente che l’emergenza COVID, che ha determinato già un incremento di mortalità per malattie cardiovascolari, non può annullare i tentativi di ridurre la mortalità di tali pazienti.
*Dott. Gaetano Satullo, Responsabile Macroarea Messina e componente Commissione Regionale Rete STEMI Sicilia, ha collaborato con l’Assessorato alla Salute al fine di individuare le azioni organizzative e formative necessarie ad implementare percorsi diagnostici-terapeutici regionali riguardanti la cardiopatia ischemica