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Come le crisi aiutano a percepire i cambiamenti epocali nell’era dell’Antropocene

Come le crisi aiutano a percepire i cambiamenti epocali nell’era dell’Antropocene

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di Salvo Rotondo

La pandemia da COVID19 ha avuto, tra l’altro, anche aspetti positivi. Uno di questi è rappresentato dal fatto di avere disvelato al mondo il grave stato di incertezza generato dalle conseguenze dell’Antropocene. Infatti gli effetti dei cambiamenti prodotti dall’uomo sul Pianeta sono di una portata incommensurabile rispetto a quelli prodotti nelle ere precedenti, ma soprattutto sono caratterizzati da una velocità di realizzazione che non consente la possibilità di adattamento naturale del complesso “Sistema Terra”.
Questo tipo di criticità viene percepito con sorpresa dalla nostra società in occasione di crisi energetiche, ambientali o pandemiche.
Tutto questo genera uno stato di incertezza evolutiva di portata mondiale che auspicabilmente ne dovrebbe condizionare le scelte politiche, purtroppo non è sempre così.
La guerra in Ucraina ha contribuito a generare questo stato di incertezza che è stato percepito anche da chi ignora il problema dei cambiamenti climatici prodotti dall’Antropocene. Basti pensare a come, negli ultimi mesi, siano emersi problemi vulnerabilità della governance globale in termini di approvvigionamento internazionale di materiali, energia, cibo, fertilizzanti, materie prime etc. che con un effetto domino si sono ribaltati sulla vita di tutti i giorni della gente comune.
Per centinaia di anni la società moderna ha individuato come strumento di produzione di energia l’utilizzo di materie prime e tecnologie che troppo spesso non hanno tenuto conto dell’ambiente in cui insistono e soprattutto dei cambiamenti che su di esso producono producendo nei fatti
la più grande sfida del nostro secolo da cui dipende la sopravvivenza dell’attuale sistema. A questo consegue un pericoloso incremento di eventi meteorologici estremi e disastri naturali che si riflettono negativamente sul benessere e sulla sicurezza dell’uomo con pesanti riflessi macroeconomici avvertiti a tutte le latitudini.
In questa progressiva corsa verso l’accaparramento delle maggiori fette della torta rappresentata dalle risorse naturali, tutte le società economicamente sviluppate hanno prodotto e continuano a imperterrite a produrre quelle criticità ambientali che sono sotto gli occhi di tutti nonostante tutti movimenti ambientalisti che si battono per una frenata nello sfruttamento del territorio e per una sua gestione più oculata. Le società industriali dei paesi in via di sviluppo come possono essere la Cina, l’India, il Brasile, etc., d’altro canto, sono molto lontane dalla percezione di questi problemi, concentrate, come sono, verso lo sfruttamento dell’ambiente per produrre beni e servizi per cercare di colmare il gap con le società occidentali più industrializzate rifuggendo quanto proposto dagli ambientalisti e cioè l’idea di limitare la corsa verso lo sfruttamento e il depauperamento delle risorse ambientali nell’ottica di un minore impatto con l’ambiente.

A questo punto è bene ricordare il monito lanciato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres durante il vertice sui cambiamenti climatici COP27 a Sharm El-Sheik se tutti nel mondo non coopereranno per la riduzione delle emissioni al fine di evitare una catastrofe climatica “Guidiamo su un’autostrada verso l’inferno climatico pigiando il piede sull’acceleratore”.

Certo sarà difficile la sfida di fare percepire l’entità di questo problema alle nazioni che sono rimaste fino ad ora fuori dalla gestione della torta energetica e che desiderano colmare questo gap. Sicuramente questa è la sfida della nostra Società “progredita” che deve cercare una soluzione compatibile per una crescita economica e sociale quanto più possibile sostenibile per il bene del nostro Pianeta.