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Civiltà medica: carenza di medici… carenza di civiltà

Civiltà medica: carenza di medici… carenza di civiltà

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di Giuseppe Ruggeri

 

Il problema della carenza di personale medico, distribuita a ventaglio su tutte le Regione italiane, è lo specchio della complessiva inefficienza con la quale si è affrontata, negli anni, la questione del progressivo depauperamento delle diverse figure professionali afferenti alla categoria. La notizia – sconvolgente e per certi versi paradossale – che il Molise sta espletando procedure per reclutare in servizio, tramite incarichi libero-professionali, anche specialisti in quiescenza la dice lunga sulla gravità della situazione. Ci avviamo verso un’Italia povera di medici e pertanto costretta, giocoforza, ad assistere al graduale scadimento di qualità del proprio servizio sanitario nazionale. E la proposta del “regionalismo differenziato” presentata da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, se messa in pratica, diversificando le modalità di accesso alla formazione specialistica non potrà che aumentare il “gap” esistente già, di fatto, tra le regioni in termini di “welfare” sanitario.

Ma veniamo alle cifre. Dati dell’ANSA evidenziano che in 45.000, tra medici di base e medici specialisti del SSN, andranno in pensione in 5 anni, e 80.676 in 10 anni. Secondo le organizzazioni sindacali, le uscite stimate per effetto dei pensionamenti non saranno comunque bilanciate dalle nuove assunzioni. Nel 2028 si calcola che, nel complesso, verranno a mancare 33.392 medici di base e 47.284 medici specialisti.

Il segretario dell’Anaoo-Assomed Costantino Troisi conclude a riguardo che “un Paese senza medici è un Paese senza sanità e sarà la possibilità di spesa a governare la scarsità dell’offerta professionale”.

Le proposte, ovviamente, sono tante. Ma perché esse possano andare a buon segno nel tentativo di ripianare l’allarmante disavanzo di figure professionali cardine del nostro SSN quali sono quelle dei medici di base e dei medici specialisti di struttura pubblica, bisognerà mettere mano al portafoglio. La salute, infatti, resta un bene economicamente non quantificabile ed è per questo che le risorse da mobilitare in suo favore debbono variare in ragione della necessità di mantenere saldo il servizio di sanità pubblica, conquista indubbia di civiltà e di benessere sociale.