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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Tocco”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Tocco”

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di Filippo Cavallaro

 

Tra le perturbazioni che il corpo affronta ci sono quelle di contatto, soprattutto quando il corpo viene toccato.

Grande è la fiducia di chi si mette nelle mani di un altro. Lo ha evidenziato in maniera chiara Desmond Morris nell’interessante “L’Uomo e i Suoi Gesti”, quando ha mappato le varie parti del corpo accessibili al contatto per genere, per parentela e per ruolo.

“Mettersi nelle mani” è la condizione del malato che per affrontare la malattia cerca aiuto, si fida dei sanitari. Dà loro fiducia e si rende disponibile alla visita, ed anche alla più meticolosa valutazione o procedura clinica. Questi interventi richiedono spesso una serie di manovre, di manipolazioni, di contatti manuali, attraverso i quali il corpo mostra dei segni, racconta una storia che, a quanto scrive Marco Mazzeo, docente di filosofia del linguaggio al Campus Unical di Arcavacata, solo con il linguaggio del tatto può essere palesata.

Il sanitario ha bisogno di possedere un tocco, con le proprie mani, che sia in grado di ascoltare il corpo, che sia in grado di indagare toccando, che sia in grado di domandare alle strutture corporee quale è la loro condizione.

Un tocco che non si limita ad una valutazione superficiale, con contatto leggero, come può essere fatto con uno sfioramento, ma che va in profondità, con manovre di frizione, palpazione, percussione, a seconda che la risposta attesa dipenda da un particolare attrito, da una specifica resistenza, da una consistenza … ma anche da una aderenza, un gonfiore, una irritazione, un calore. Un ascoltare il corpo in tutte le componenti e nelle varie modalità di esprimersi.

Un dialogare con il corpo per conoscere la condizione, uno scoprire insieme alla persona come funziona il suo corpo per guidarla ad affrontare la malattia.