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di Marcello Aricò
Nel panorama delle esposizioni museali della nostra città un posto particolare è occupato dal Tesoro del Duomo.
Realizzato in occasione del Giubileo del 2000 il museo espone una preziosissima collezione, comunemente nota come Tesoro del Duomo, espressione del genio creativo degli orafi e argentieri messinesi e testimonianza della devozione alla patrona della città, la Madonna della Lettera. Sono esposti circa quattrocento opere databili dal X al XX secolo gioielli donati per la maggior parte per la devozione alla Madonna della Lettera, nel corso dei secoli. La Manta della Madonna della Lettera è l’opera più preziosa, in oro sbalzato, cesellato e inciso. Il nome allude alla funzione del rivestimento prezioso dell’immagine della Madre di Dio (“manta”, “coperta”). La manta fu realizzata per essere posta sopra una tavola bizantina, andata distrutta nell’incendio del 1943. Il senato messinese e i rappresentanti della Cappella della Lettera la commissionarono il 5 novembre del 1658 all’argentiere, scultore ed architetto fiorentino, Innocenzo Mangani. Molto denaro fu impiegato per questo splendido capolavoro d’arte orafa, che complessivamente costò trentamila scudi, di cui dodicimila solamente per l’acquisto dell’oro. Molti contribuirono a sostenere le spese e persino i laureandi universitari furono coinvolti dal Senatus Consulto a pagare una tassa di dodici tarì. Il manufatto, come riporta l’iscrizione incisa sotto il collo della Vergine, fu iniziato nel 1661 e ultimato nel 1668. Alla sua realizzazione contribuì anche l’argentiere messinese Giovan Gregorio Juvarra.
L’opera è formata da due parti sovrapposte: la parte in rame, che funge da supporto, e la parte visibile, in oro finemente cesellato e sbalzato in modo da riprodurre due tessuti secenteschi, quali un damasco e due broccati. L’abilità del cesellatore è tale da rappresentare la trama dei tessuti con la morbidezza tipica della stoffa, riproducendone le pieghe, il senso della prospettiva e i particolari del ricamo. La Manta nel corso di secoli fu arricchita da numerose donazioni fatte da personaggi importanti in segno di devozione e ringraziamento alla Madonna della Lettera. Il manufatto è impreziosito da oro, smalti siciliani e gemme come la corona della Vergine con terminazioni a giglio. Sulla spalla della Vergine, una bellissima gioia a forma di ramo fiorito, decorata da 300 smeraldi e 100 diamanti, poco più in basso, una margherita di brillanti donata dalla regina Margherita di Savoia, prima regina d’Italia, venuta a Messina nel 1881. E tanti altri gioielli che in un luccicante sfavillio rendono unica un’opera già preziosa di suo. Sarebbe auspicabile che i messinesi prima di andare a visitare i vari tesori di cui è ricca l’Italia scoprissero il patrimonio artistico e storico cittadino. A corollario di questo intervento mi piace ricordare un simpatico aneddoto che in maniera indiretta mi lega alla Manta. Nel 2004 il Museo Regionale di Messina nell’ambito del progetto “Gemine Muse”, giovani artisti nei musei d’Europa, ha ospitato nella sala dei maestri argentieri, delle installazioni e una di queste, realizzate dagli artisti Salvatore Raimondi e Daniela Milone, in una sorta di “divertissement”; gli artisti hanno realizzato delle sagome della Manta e del Bambino, come quei pannelli al Luna Park in cui infili la testa e qualcuno poi ti fotografa negli abiti del personaggio di turno e come dice la curatrice “privando di sacralità l’icona mariana o meglio il suo paludamento barocco, con il gesto ludico e provocatorio di sostituirsi all’immagine divina approfittando della sua scomparsa.” Quindi chiunque voleva, poteva sostituire il proprio volto nella scena, essere la “la madonna e il bambino”, dando luogo ad una vera e propria performance, che concettualizza il miracolo divino in ogni singolo individuo. Io e il mio amico Filippo siamo stati nel contempo Madonna e Bambino.