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Questioni di lingua: diciottesimo appuntamento

Questioni di lingua: diciottesimo appuntamento

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di Carmelo Micalizzi

 

TOPONOMASTICA “STORICA” DI MESSINA
SEGGIOLA

 

SEGGIOLA, Largo – a monte di via Cesare Battisti, all’incrocio delle vie Goito, Santa Marta e Mario Giurba.

 

A proposito di Largo Seggiola, Pietro Bruno, nello Stradario Storico della Città di Messina (1963), accenna in maniera fugace che “[…] secondo alcuni il nome verrebbe dal quadro di una Madonna raffigurata con una seggiola accanto, e venerata nelle vicinanze”. Purtroppo l’autore non dettaglia e non indica la fonte di questa sua citazione. Potrebbe essere questa sacra effigie mariana una rilettura popolare della Madonna dei Miracoli, tavola quattrocentesca custodita presso il monastero dello Spirito Santo, oggetto di antica e intensa venerazione, recentemente attribuita dalla Francesca Campagna Cicala al pittore Antonino Giuffrè. In tal senso si avanza l’ipotesi che la seggia (tronetto, cattedra), che stigmatizza questo dipinto, possa avere determinato, con un fenomeno consueto per gli attributi devozionali mariani, il nome del luogo. Pertanto Largo Seggiola, l’irregolare piazza che insiste a monte della via Cesare Battisti, alla confluenza delle vie Goito, Santa Marta e Mario Giurba, è calco di ZaèraCiaèraCièra e ne indicherebbe il suo nucleo storico.

In numerose piante della città, pubblicate tra Settecento e Ottocento, è possibile rilevare come questa piazza fosse in buona parte occupata da una schiera di caseggiati intercalati con regolarità da alcuni vicoli. Il quartiere appare particolareggiato nell’incisione del Deroy (1850) con una nitidezza quasi tridimensionale. Nella carta allegata alla Guida manuale di Messina del Martinez (1874) si leggono le trascrizioni di vico della Seggiuola, via Seggiuola, cortile della Seggiuola (D11-12-13).

Il sostantivo seggiola o seggiuola, trascritto da Giuseppe Vinci nell’Etymologicum Siculum (anno) e nei dizionari siciliano-italiano del Pasqualino (1785), del Biundi (1856), del Mortillaro (1862) e del Nicotra (1974) come Cièra, indica un termine dialettale derivato dal francese Chaise o dall’antica lingua romanza, nel significato di trono, cattedra, pulpito, seggia, seggiola.

È necessario evidenziare infine una interessante scheda pubblicata dal linguista Giacomo De Gregorio (1920): «Cathedra […] cera, sedia […], giera vedi chera, sedes, sedile, subtelium, cathedra […]. Credo di dovermi ricredere quanto all’etimo arabo di ciaera, voce che ho intesa a Messina, per designare una corda fatta con una specie di giunco.  […] il messinese usa la voce ciaèra come a dire “corda da sedie”. Appunto di tali corde si fanno i fondi delle sedie più grossolane, impiegandosi invece la zabbarra per quelle più fine. Però ciaèra è ormai voce fossilizzata, di cui solo il glottologo riesce a scoprire il genuino significato».

Nella contrada della Ciaèra vi era una florida presenza di cunsa-cieri, aggiusta-seggi. Riporta Antonino Traina alla voce Cièra: «Vedi Seggia (dal francese Chaise). Cunsamu Cièri, legnaiuolo che va attorno aggiustando masserizie: rattoppatore». U’ cunsa-cieri era quell’artigiano, anche ambulante, che offriva la propria abilità nel riparare le sedie. L’ultimo degli “aggiusta-seggi”, categoria di artigiani un tempo ben rappresentata alla Zaèra si poteva ritrovare, ancora negli anni ’90 del secolo scorso, in un modesto seminterrato in via Ghibellina in prossimità dell’angolo con la via S. Cecilia.

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