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L’uso dei ‘Real world data’ per migliorare terapie oncologiche. Raccolti in corsie ed ambulatori integrano studi clinici randomizzati

L’uso dei ‘Real world data’ per migliorare terapie oncologiche. Raccolti in corsie ed ambulatori integrano studi clinici randomizzati

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Informazioni dal mondo reale in grado di cambiare la vita dei pazienti. Diventa sempre più rilevante il ruolo dei dati ‘real world’, raccolti ogni giorno nelle corsie e negli ambulatori, ma fino ad oggi relegati a complemento degli studi clinici controllati randomizzati (RCTs). ‘Real World Data’ e ‘Real World Evidence’, infatti, potrebbero in un futuro prossimo diventare co-protagonisti nel processo regolatorio del farmaco e importante strumento di governance sanitaria. Di questo si è parlato nella conferenza “Dai trial alla pratica clinica, il valore dei dati real world in oncologia”, organizzata oggi a Milano.

Alla conferenza hanno partecipato Giuseppe Curigliano, ordinario di Oncologia medica all’Università di Milano e direttore della divisione di sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative dell’istituto europeo di Oncologia di Milano, Alessandra Gennari, ordinario di Oncologia all’Università del Piemonte orientale e direttore della struttura universitaria di Oncologia medica dell’ospedale Maggiore di Novara, Angela Toss, ricercatrice presso l’unità di Genetica oncologica dell’Università di Modena e Barbara Capaccetti, Country medical director e vice presidente di Pfizer in Italia.

In Italia i dati real world, per diverse ragioni, sono ancora poco utilizzati e poco sfruttati, ma medici, aziende farmaceutiche, enti regolatori ed autorità sanitarie si stanno sempre più interessando ad essi. Gli studi clinici sperimentali controllati randomizzati (RCTs) che valutano efficacia e sicurezza dei farmaci, infatti, sono realizzati su popolazioni di pazienti selezionate e in setting protetti. È però indispensabile continuare a studiare il profilo rischio/beneficio di un farmaco anche dopo che questo è stato immesso in commercio, nella vita reale.

“I dati di real world possono essere usati per completare le evidenze scientifiche che si ottengono con gli studi controllati randomizzati- dice Gennari- nei real world data le caratteristiche dei pazienti possono essere lievemente diverse rispetto a quelle dei pazienti coinvolti negli studi clinici randomizzati e questo può essere motivo di una lieve differente efficacia dei farmaci nella pratica clinica. I dati real world rispecchiano di più la pratica clinica ma non sono sufficienti a far approvare un farmaco, perché è sempre necessario uno studio con un braccio di controllo con la terapia standard”.

Dunque, i dati real world confermano i risultati di “efficacy”, ottenuti dai trial clinici controllati randomizzati, attraverso i risultati di “effectiveness”, ossia l’efficacia del farmaco nella vita reale. Un esempio paradigmatico del valore dei dati real world in Oncologia è lo studio P-Reality-X, realizzato da Pfizer, che aiuta a comprendere l’efficacia della terapia combinata di prima linea palbociclib con un inibitore dell’aromatasi in un setting del mondo reale, fondamentale per migliorare la cura del carcinoma mammario metastatico.

“È sempre più importante integrare le evidenze degli studi clinici randomizzati con quelle real world- spiega Curigliano- perché i pazienti arruolati negli studi prospettici randomizzati (RCT) sono selezionati sulla base di criteri estremamente selettivi e spesso non sono confrontabili con i pazienti che visitiamo nei nostri ambulatori. Gli studi real world complementano gli studi prospettici randomizzati andando a valutare l’efficacia in un setting di vita reale. Lo studio P-Reality-X è uno studio real world che ha valutato l’effectiveness di palbociclib in un setting di popolazione nella vita reale, che ha dimostrato un vantaggio di sopravvivenza e di progression free survival (PFS) nella coorte di pazienti che hanno ricevuto palbociclib con un inibitore dell’aromatasi, con un prolungamento della sopravvivenza da 43 mesi a 57 mesi”.

La disponibilità sempre maggiore di grandi database di dati clinici e amministrativi rappresenta una grande opportunità. Tuttavia, le informazioni derivanti dalla ricerca real world vanno accuratamente interpretate e contestualizzate con la ricerca sperimentale e verificandone la metodologia. Gli studi di RWE sono quindi considerati oggi complementari, e non sostitutivi, degli studi clinici randomizzati, confermando in un setting di pazienti non selezionati l’efficacia di un nuovo trattamento. Inoltre, sono dati preziosi per approfondire soprattutto il profilo di safety di un farmaco, permettendo, quindi, di colmare importanti lacune nel panorama scientifico. Ma perché i risultati siano affidabili, la RWE deve essere condotta con rigore scientifico e con un accurato controllo della qualità dei dati raccolti.

“I pazienti arruolati negli RCT- sottolinea Toss- sono popolazioni selezionate e idonee a partecipare ai trial. Invece, i dati real world rappresentano realmente la popolazione di persone che l’oncologo vede in ambulatorio e sono dati che lo confortano perché rispecchiano più fedelmente la realtà della pratica clinica. Osservando quello che accade nella pratica clinica posso rendermi conto di qual è il reale profilo di tollerabilità di un farmaco e osservare anche la comparsa e la gestione di eventi avversi che sono più rari nei trial clinici randomizzati. L’oncologo spiega che la scelta di un determinato farmaco è avvenuta sulla base di studi che suggeriscono che quel farmaco è la scelta migliore per quel tipo di tumore e di paziente. Credo però che sia utile e necessario dire ai nostri pazienti che la scelta si basa su dati solidi legati a studi clinici ma anche che, per alcuni farmaci, la scelta si basa sul fatto che il farmaco è già da diversi anni utilizzato nella pratica clinica e che i dati raccolti su come questo farmaco si è comportato negli anni successivi alla sua approvazione confermano i risultati dei trial clinici”.

Negli ultimi anni la Real World Evidence è sempre più utilizzata dai diversi stakeholders: dalle aziende farmaceutiche per la ricerca e lo sviluppo, dalla comunità medica per l’analisi della pratica clinica, dalle agenzie regolatorie per monitorare la sicurezza post-marketing. La RWE è, quindi, un’opportunità per valorizzare il farmaco durante tutto il suo ciclo di vita, anche perché i farmaci necessitano di un piano di generazione delle evidenze sempre più articolato rispetto al passato.

“La nostra visione- conclude Capaccetti (Pfizer Italia)- è quella di integrare le RWE su tutto il ciclo di vita dei nostri farmaci, con l’obiettivo generale di accelerare in modo mirato il loro sviluppo e, in ultima analisi, aiutarci a garantire che il farmaco giusto arrivi al paziente giusto al momento giusto. La real world evidence può migliorare l’organizzazione, l’accesso e l’utilizzo dei dati di ricerca, consentendo di accelerare il processo di generazione delle evidenze per ciò che ancora non conosciamo ed integrare dati non completi o mancanti negli studi clinici. A questo punto, sono diversi gli obiettivi da raggiungere: produrre evidenze sempre più solide e affidabili riguardo specifiche sottopopolazioni; fornire ai decisori strumenti operativi di monitoraggio; generare, nei ricercatori, nuovi importanti quesiti di ricerca per ulteriore attività scientifica”.