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Questioni di lingua: tredicesimo appuntamento

Questioni di lingua: tredicesimo appuntamento

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DI CARMELO MICALIZZI

 

TOPONOMASTICA “STORICA” DI MESSINA

ARCIPESCHIERI

CASTELLACCIO

 

ARCIPESCHIERI – Rione, fra l’Orto Botanico e via Sacro Cuore.

Indica il nome della contrada che storicamente insiste tra torre Vittoria e il torrente Portalegni, collocata nell’ambito del tracciato della parte alta della via Felice Bisazza fino alla piazza XX Settembre e all’Orto Botanico. Riguarda pure l’area di sedime dell’attuale via Marcello Malpighi e G. A. Borrelli fino al largo Arcipeschieri, tra viale Principe Umberto, salita Rando e salita Castellaccio.

Il nome di luogo, già inserito da Pietro Bruno nel paragrafo dello Stradario Storico dei Toponimi popolari e non più esistenti con la trascrizione Lungo Arcipeschieri, è ancora ricordato con la desueta denominazione dei vichi I, II, III, Arcipeschieri, mentre sopravvive nella toponomastica attuale nel titolo della chiesa Sacro Cuore all’Arcipeschieri e nel rione o contrada Arcipeschieri.

Il nome è corruzione della lettura Arcifischie, composto dal plurale siciliano fischia con la proposizione accrescitiva Arci. Fischia, o frischia, indica la ‘vasca nella quale si raccoglie l’acqua per l’irrigazione’ ‘vasca in cemento o in muratura per lavare la biancheria’, ‘vasca di pietra o di legno atta a contenere acqua per qualsiasi luogo’.

Cade pertanto l’ipotesi di una possibile indicazione di un territorio di pertinenza arcivescovile o arcipretile che emerge dalla lettura di un passo di Messina e dintorni a proposito della contrada Portalegni: “Portalegna così detta dallo jus lignandi che in antico la Curia Arcivescovile aveva su quel territorio che conserva tuttavia il nome Arcipeschieri”.

Il termine fischia è diffusamente compendiato nei principali vocabolari siciliani, da quello di Giuseppe Vinci: “fischia, ita Messane vocatur lacuna manufacta […] aquam continet”; a quelli di Michele Pasqualino e di Antonino Traina, che rimandano all’equivalente pila, rilevando tanto la sinonimia con il termine gebia quanto l’origine araba. Fisqiyah è infatti aquae receptaculum, con fortuna del lemma favorito da connessioni con il greco medievale e l’antico siciliano. Il prefisso Arci, accrescitivo, indica giusto le grandi proporzioni del vascone, un ampio lavatoio, a sua volta organizzato in un sistema comprendente più vasche, situato nella parte media della salita Portalegni, in cui le donne si recavano a lavare i panni. Nel quotidiano Gazzetta di Messina, tra gli anni ’80 e ’90 del XIX secolo, il vascone dell’Arcipeschieri è spesso citato a proposito della penuria d’acqua o delle scarse condizioni igieniche in cui era tenuto il manufatto. Un simile vascone – lavatoio sopravvive nella memoria di pochi vecchi messinesi funzionante negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale nel largo Gagini.

CASTELLACCIO – Salita, dal viale Principe Umberto al Forte Castellaccio

Lo storico Bonfiglio e Costanzo nel 1606 attribuiva la costruzione della fortezza di Castellaccio ad Orione, il mitico fondatore della città. Ed effettivamente, a più riprese, nel tempo, il sito ha restituito reperti archeologici che sono testimonianza, nella zona, di stanziamenti preelleniche. Ai tempi del viceré Giovanni de Vega (1547-1557), l’antica fortezza di Castellaccio fu riportata nella sua piena efficienza con cospicue opere murarie militari dell’architetto bergamasco Antonio Ferramolino. Subito dopo il secondo conflitto mondiale, nella sua area, il sacerdote Nino Trovato vi organizzò la Città del Ragazzo e Villa Quiete, trasformando e manomettendo l’antica struttura. Si salvarono dallo scempio gran parte delle strutture perimetrali e una caratteristica garitta d’angolo di sorveglianza, oltre a pochi ruderi di una cappella e frammenti marmorei di fontana da collocare in ambito montorsoliano.

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