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Questioni di lingua: trentaduesimo appuntamento

Questioni di lingua: trentaduesimo appuntamento

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di Carmelo Micalizzi

Toponomastica del Valdemone

Nomi e Territorio*

Parte terza: I Monti

Tracciare una soddisfacente mappatura dei nomi di luogo della regione fisica del Valdemone, la cuspide nord orientale dell’isola con estensione dal flumen Thermini al fiume Simeto, per costrizione di spazio – lo si è argomentato in «Questioni di Lingua, 30/31» – non è semplice. Ci si limita qui a raccogliere alcune note, meritevoli di eventuali approfondimenti, sulla categoria dei nomi dei monti.  

Etna è il più alto vulcano attivo della placca euroasiatica. Nella sua onomaturgia si distingue la radice preindoeuropea aidh ‘bruciare’ da cui il greco antico Aitni e il latino Aetna. Anche gli arabi riconobbero il tema del fuoco attribuendogli il nome gabar al-nar ‘monte del fuoco’, ed è ben nota la tautologia arabo-latina Mongibello (mons/gebel) in cui si reitera il concetto di ‘montagna’ per eccellenza;

Antennammare è forma corrotta da Dinnammare (monte) con influsso del termine ‘antenna’. È forse l’antico monte Mikonios (M. Amari, 1857-1887), altresì leggibile nel calco Bimari che ne spiega la posizione ‘a cavaliere’ fra Tirreno e Ionio, ma, in origine, è dinamarin nella lettura bizantina (sostantivo neutro: dinamarindinamaria) con il significato di ‘fortilizio ridotto, piccolo luogo fortificato’ (F. Du Cange, 1688);

Soro (monte), tra San Fratello e Cesarò, è nome dibattuto tra Giovanni Alessio (1956) e Giovanni Battista Pellegrini (1990) per il quale è proposto oltre che il significato di ‘cumulo, monticello’ anche ‘tumulo, tomba’. Tale oronimo, apparentemente di incongrua spiegazione, motiva la riflessione su quanto poco interessasse agli antichi l’attribuzione di un nome alle cime dei monti, non rispondendo quest’ultima ad un criterio di utilità. Tranne che in casi di particolare motivazione, l’area montagnosa era denominata fino alla fascia dei pascoli, cosicché buona parte dei nomi pervenutici deriva dalle zone sottostanti, più spesso dal fondovalle;

Scuderi (monte), presso Fiumedinisi, si inserisce nella suddetta logica onomastica. Deriva dal latino medievale scutarius ‘armigero, scudiero’, oronimo di riscontro tra le cime dell’isola, qui corrotto nel vernacolo Spraverio, specie di falcone, attraverso il provenzale espravier (V. Amico, 1855);  

Salvatesta (rocca), la suggestiva rocca di Novara, è spiegata dal cognome composito (Salva e Testa) (G. Caracausi, 1973). La seconda parte, testa, per l’area di rilevanza linguistica gallo-italica, può rimandare a voce importata dal settentrione dai normanni (G. Rohlfs, 1977) nell’accezione di inizio, capo. Si confronti la locuzione ‘testa dell’acqua’.        

Vernà (pizzo, monte) deriva dal fitonimo latino attraverso il siciliano “verna”, ontano;   

Rocche di Crasto, nei pressi di San Marco d’Alunzio prende origine, per metatesi (Crasto > Castro), dal latino castrum ‘luogo fortificato, castello’, con chiaro riferimento alla presenza sul pianoro sommitale dell’antico villaggio fortificato definito Castro;   

Paleostrico (monte), presso Rometta, ha una simile lettura, ancora per metatesi, da Paleostraco > Paleocastro, antica fortificazione del complesso difensivo romettese;  

Pomara (monte) rimanda al fitonimo siciliano pumara, ‘melo’;

Gardile (monte) è uno zoonimo dal neogreco gardèli, attraverso il latino carduēlis, ‘cardellino’ (G. Caracausi, 1990);  

Cavallo (monte) è anch’esso uno zoonimo dal latino caballus. Vale anche il significato ‘cavallo’ nella lettura geomorfica del profilo montano oppure della particolare collocazione orografica;       

Veneretta (monte) è un fitonimo (V. Mortillaro, 1862) che prende origine dal latino herba Veneris, ‘capelvenere’. Corrisponde al toponimo Veneràta, monte presso Taormina, ‘luogo ricco di capelvenere’ come spiega il suffisso –àta. Difficile, seppure possibile, il rimando al documentato culto di santa Venera, un tempo diffuso nell’area costiera e nell’entroterra ionico;          

Modio (monte) è termine geomorfico dal latino modius, ‘moggio’ che indica una forma conica, piramidale;

Ziretto (monte), presso Castelmola, è diminutivo dal greco xiròs/ziròs ‘secco, asciutto’. Si confronti la contrada Xiriò sul Dinnammare;

Tauro (monte) perviene da tauro, ‘altura, monte’, voce del sostrato mediterraneo.   

Si elencano inoltre alcuni nomi di luogo di ricorrente riscontro isolano:

Urna è variante aferetica di gurna, dal greco tardo grone attraverso il latino gurna ‘gorgo, maceratoio, tratto di un fiume, cisterna’. Pittoresche sono le gurne dell’Alcantara;

Plaja deriva dal tardo greco ta plàghia ‘i declivi’ e Praja dal siciliano praja, ‘litorale, terreno coltivato ai margini di un torrente’, anche ‘spiaggia, arenile’;

Motta è un ‘rialzo del terreno, punto elevato fortificato’, dal francese mott ‘monticello, altura, poggetto’, dalla radice mediterranea mot/mat. Il termine spiega le numerose Motte che segnano il territorio peloritano e reggino;   

Finaita è ‘confine, pietra di confine tra poderi’, dal latino finis e dal longobardo sneida, rarissimo riscontro di tale ceppo linguistico in Sicilia;

Massa prende origine dal greco antico màza ‘massa, ammasso’ attraverso il latino medievale ‘tenuta, possedimento, insieme di poderi’. Note sono le quattro masse sulle pendici collinari a nord ovest di Messina;   

Timpa identifica un ‘poggio, monticello, collina’ con derivazione da una voce prelatina.

Hanno riscontro nelle carte topografiche e sono di attuale utilizzo alcuni generici toponimi di origine araba di cui si propone un breve elenco:

Frischìa, dal siciliano fischìa, indica ‘vasca di pietra o di legno adatta a contenere acqua per qualsiasi uso’, attraverso fisqiyah ‘bacino d’acqua’;  

Cubba è ‘polla, sorgente d’acqua col riparo di una cupoletta’ da qubbah ‘tetto a volta, cupola’;

Dàgala si deduce da dagal o dal sinonimo dahl  ‘striscia di terreno alluvionale coltivato lungo i margini di un torrente o le sponde di un fiume’;

Favara indica una ‘sorgente d’acqua, polla che sgorga con impeto quasi che bolla’ dalla voce fawwàrah ‘sorgente’;  

Dammuso significa ‘volta a botte del pianterreno’ che procede da dammus ‘volta, edificio a volta’;

Rahal è termine per ‘luogo di sosta’, in Sicilia ‘casale’. Si accosta al greco chorìon e realizza il primo elemento di molti toponimi isolani;  

Qal ‘ah, Qal ‘at  è voce per ‘fortezza, cittadella’ e costituisce anch’esso la prima parte di numerosi nomi di luogo (ad esempio, Calatabiano, ‘castello, fortilizio bianco’);

Margi è termine arabo, marg, ‘prato, palude’. Ne deriva la voce siciliana màrgiu ‘pantano, acquitrino, pozzanghera’, ‘striscia di terreno alluvionale coltivato lungo il margine di un torrente’ (G. B. Pellegrini, 1989).    

‘Ayn è sostantivo per ‘fonte, sorgente’, diffuso prefisso di una schiera di nomi di luogo siciliani il cui adattamento grafico e fonetico dall’arabo al tardo greco (talora dal greco attraverso l’arabo) in latino e in volgare è, a volte, così poco fedele da renderne incerta l’identificazione. Di frequente, per esempio, nel corso dei secoli ‘Ayn si è trasformata nella voce Donna confondendosi e sovrapponendosi con l’esito del latino Domina (si confrontino i toponimi isolani Donnalucata, Donnafugata, Donnafridda), dando così origine a interessanti paraetimologie che hanno motivato suggestive leggende toponomastiche.          

Carmelo Micalizzi

*C. Micalizzi, Nomi e Territorio. Appunti di Toponomastica in Valdemone a cura di S. Todesco, in «Paleokastro», rivista trimestrale di studi sul territorio del Valdemone, a. V, n. 18/19, maggio 2006, Palermo 2006, pp. 17-20.  

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