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Addio, Papa Francesco!

Addio, Papa Francesco!

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di Giuseppe Ruggeri

Addio Papa Francesco, pellegrino tra i pellegrini, faro di speranza acceso sul mondo, compagno di ventura di quanti, cristiani e non, si ostinano ancora a credere nella dignità dell’uomo e nel doveroso rispetto di tutti, nessuno escluso. Il Tuo magistero, spalmato su dodici lunghi brevissimi anni, è ancora vivo e pulsante in coloro i quali, come chi scrive, credono nell’essenza della parola, in quel messaggio di apostolica semplicità che può riassumersi – come Tu amavi ripetere – nel trittico fede perseveranza e coraggio. E, a proposito del coraggio, mi piace citare l’illuminante passaggio del tuo caro Matteo Zuppi, quando lo fa coincidere con l’amore.

Tu, Francesco, avevi il grande e invincibile coraggio dell’amore. Che non è il sentimento dei cuordileone di cui la storia rigurgita, di tutti coloro ovvero che, in modo temerario e dunque irresponsabile, si gettano nella mischia. Questo tipo di coraggio non ti è mai appartenuto, Gesù ci ha insegnato tutt’altra cosa. Egli stesso, nell’orto del Getsemani, pianse lacrime di sangue e tremò al pensiero del supplizio cui andava incontro. Ma l’amore, il più grande di tutti, lo condusse infine fino al Golgota. Per sacrificarsi per noi tutti, ci insegna la fede cristiana, e comunque, per chi non ha questo credo, per essere coerente fino in fondo con il suo insegnamento di pace ed ecumenica tolleranza. Con quel sentimento d’amore ti sei opposto, con tutte le tue forze, a quella “cultura dello scarto” che infesta oggi la post-moderna società dei consumi materialista e amorale fino al midollo.

Ti abbiamo visto, all’atto della Tua elezione al soglio pontificio, rifiutare la croce d’oro pettorale e le babbucce rosse ricamate d’oro. Ai piedi hai sempre indossato le scarpe con le quali hai voluto essere posto nella Tua bellissima bara di legno, scarpe logorate dall’uso, con le punte rialzate, sformate dal lungo tuo corso di viandante di speranza. Ci hai camminato sopra per tanti anni prima di essere costretto alla carrozzella per via di quel tuo ginocchio fuori uso che non hai mai voluto fare operare. Anche da quella carrozzella, più di prima se possibile, hai dispensato il tuo sorriso pieno di serenità ma anche di amarezza per tutto il dolore che vedevi consumarsi nel mondo.

Il mondo, sì. Questa fornace crepitante che tutti ci inghiotte in una spirale di odio e violenza senza fine, dilaniati dall’istinto di Caino che, non volendo dividere il mondo con il fratello, pensò bene di toglierselo davanti, perché fosse solo lui a dominare. E non si accorse, come oggi nessuno di coloro – e sono parecchi – che seguono il suo esempio che il mondo può accoglierci tutti, e uno dei piccoli segreti della felicità è la condivisione dei suoi doni con chi ti sta vicino ed è chiamato a gioire con te della sua immensa bellezza.

Il mondo, sì. Quello stesso che oggi si raduna intorno alla tua tomba, un raggio di paradiso nell’oscurità solenne della Chiesa di S. Maria Maggiore dove da giorni un flusso interminabile di fedeli scorre per raccogliersi in preghiera dinanzi al tuo nome, a quel FRANCISCUS inciso sulla lastra che ricopre le tue spoglie mortali. Il cono di luce che illumina il tuo ultimo giaciglio sembra emanare dall’infinito, e la scia che proietta si perde nella penombra circostante come un segreto ancora da svelare, una promessa senza tempo. Quel mondo Ti piange, anche i tuoi nemici o comunque quanti non hanno creduto nel Tuo messaggio sostano commossi dinanzi alla pietra che ti racchiude.

Chi scrive Ti considera il Papa della sua sofferta maturità, colui che ha impresso una carezza forte e decisa sui suoi dubbi, sulle sue crisi profonde, sul suo difficile modo d’essere e di adeguarsi a una società sempre più secolarizzata e lontana dai valori dello spirito. Tu, Francesco, hai infuso in quell’uomo già adulto, passato al vaglio di un dolore sconfinato, il seme della speranza. Una speranza vieppiù cresciuta in lui, e nutrita dalla Tua parola. Che è stata, almeno per lui, la parola dello Spirito. Al quale, Tu ci hai insegnato, è più difficile rivolgersi rispetto a quanto si fa con il Padre e con il Figlio. Ma la preghiera – quella vera – è quella che si rivolge allo Spirito. E Tu, Francesco, come il Tuo grande precedessore di cui hai assunto il nome, eri davvero pieno di Spirito Santo.

Riposa in pace con noi tutti nel Tuo cuore.

** tratto dalla testata Mondonuovonews.com