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In questi giorni ho sentito al telefono o visto diversi amici medici. Nella nostra categoria prevale l’amarezza. Molti di noi hanno scelto la facoltà di medicina, oltre che per la prospettiva di una professione ben pagata, anche per un afflato etico e con l’idea, forse megalomania, di aiutare gli altri e “salvare il mondo”.
Quando noi abbiamo iniziato la nostra professione la considerazione sociale positiva dell’utenza verso il medico, che aiuta e cura, era molto diffusa tanto che quasi nessuno aveva un’assicurazione per errori medici, che venivano solitamente scusati. Ci troviamo dopo quarant’anni di professione con una professione completamente stravolta. Il contenzioso fra paziente e medico è esploso a livelli imprevedibili con circa 30mila cause annuali (il 5% dei medici ogni anno per cui in venti anni statisticamente tutti i medici sarebbero incriminati).
Un amico ginecologo che attua circa duecento parti all’anno mi dice che oramai è rassegnato alle cause penali che gli verranno intentate. Se la mortalità infantile legata al parto è di circa 2 casi ogni mille parti, è chiaro che statisticamente ogni 5 anni (in cinque anni attua circa mille parti) ci sarà purtroppo la morte di un bambino, per cui lui verrà regolarmente denunciato a prescindere dal suo comportamento.
Per non parlare di tutti i casi in cui qualcosa, a giudizio del paziente che non si fida più del medico, è andato come “non doveva”. Un caro amico cardiochirurgo mi ha raccontato delle cause intentate perché l’intervento ha dato un esito nefasto. Negli ospedali assistiamo al contenzioso fra utenza e medici che sfocia, specie nei pronto soccorso, ad aggressioni continue. Per fornire solo un dato circa tre casi di aggressione al giorno solo in provincia di Modena.
Di fronte a questo cambiamento della visione del medico i giovani colleghi, appena si laureano, si assicurano e assumono atteggiamenti protettivi. I principali modi per proteggersi sono rifuggire le professioni più a rischio (ginecologia, chirurgie, pronto soccorso) per cercare professioni più tranquille (dermatologia quest’anno è la più gettonata) e attuare la medicina difensiva che consiste nel richiedere molti esami (per essere pronti nel caso di contenzioso) e nuove visite (per dividere la responsabilità). Non si è ancora arrivati, come accade negli Stati Uniti, al rifiuto del paziente grave, problematico o del caso troppo a rischio, ma sicuramente nei prossimi anni giungeremo a questo estremo.
Sempre per rimanere negli Usa, i ginecologi in quel paese mancano, per cui devono “importare” medici ginecologi dall’India che vanno per alcuni anni, prendono tanti soldi e accettano le cause civili milionarie per poi tornare nel loro paese.
Il futuro della medicina, a dispetto degli indubbi progressi, è quindi fosco. C’è e ci sarà esplosione dei prezzi, perché per pagare assicurazioni e avvocati i medici e gli ospedali aumenteranno le tariffe. I pazienti più gravi e malandati non troveranno medici disposti a rischiare un intervento e soprattutto si perderà il rapporto di fiducia medico-paziente, che serve a capire come curare al meglio la persona sofferente.
Negli ultimi anni diverse iniziative parlamentari hanno provato a porre delle pezze, ma senza risultati. Sarebbe urgente togliere la via penale al contenzioso medico-paziente, lasciando quella del risarcimento civile. Non è possibile che il chirurgo venga incriminato per omicidio colposo perché il paziente è purtroppo deceduto! Il chirurgo cercava di salvare la persona sofferente, non era un ladro che si è intrufolato in casa e lo ha colpito.
Fermo restando il diritto del paziente o dei familiari ad essere risarciti se si è commesso un errore, non dovrebbe succedere che il medico, a parte il dolo, venga condannato al carcere perché ha cercato di fare il suo delicato lavoro. In effetti su 30mila cause intentate all’anno solo il 1% va incontro a condanna penale, ma per anni i medici rimangono sotto processo con accuse molto gravi che ledono la loro reputazione e la loro serenità nell’operare altri pazienti.
(Fonte: ilfattoquotidiano.it)