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Carlino Mezzolitro e lo sciopero delle chitarre

Carlino Mezzolitro e lo sciopero delle chitarre

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Disegno di Giovanna Certo

  • Carlino, buon pomeriggio! Non fare finta di non sapere chi sono!

Vieni da me, ti aspetto, stavolta mi pare un lavoretto semplice!-

Ti aspetto un corno, pensò il nostro eroe che, disteso sul divano,

era in trance per “La carica dei 101”.

Ma il vecchiaccio della malora, ancora una volta, chiamava e Carlino,

armato di fiaschetto, rispose all’appello.

  • Sei qui, Carlino, caro, caro, non mi dici mai di no.-

Pensava di ucciderlo, alla possibile clemenza della corte data l’età e la demenza

della vittima e divenne ancora più nervoso quando sentì…

  • Un mio amico, medico e cardiologo, e anche chitarrista (dice lui) ha un problema con

gli strumenti, non suonano, dovresti andare…

Fu cosa buona per il Vecchio detto il Saggio che Carlino fosse disarmato!

Ma come, lui che aveva salvato il mondo, doveva fare il liutaio!??

Prese l’indirizzo e, quasi senza salutare, partì per questa nuova avventura.

Arrivò dal medico musicista.

  • Una pena, una pena, le guardi, sono come figlie per me, ferme!

Sei chitarre che erano bellissime e rendevano bellissimo il soggiorno,

ma non suonavano; il dottore fece l’ennesimo tentativo, disperato.

Niente, le corde sembravano di pietra. A stento trattenne le lacrime,

Carlino lo consolò, e promise aiuto.

Si, ma come? Decise di restare in zona e seguire gli eventi.

Sentiva che la cosa, strana assai, non sarebbe finita lì.

Aveva ragione: come un virus, la malattia si estese alle altre chitarre della

città, dello Stato, del Mondo.

Le chitarre erano fuori servizio, nella Terra non si parlava d’altro.

Gli scienziati non trovavano soluzioni. Si provò a costruirne altre, niente.

I musicisti a sei corde persero le speranza. Ma il peggio doveva venire!

Una notte di luna piena, scomparvero, d’improvviso.

Dov’erano andate? Carlino conosceva chi solo sapeva dove fossero:

la Fata Turchina! Arrivò subito e lo portò in un’isola lontana, fredda,

vicina al Polo Nord.

Lì, infreddolite e inselvaggite stavano tutte le chitarre del mondo!

In assemblea permanente!

– Uomini maledetti! Non ci avrete più! – Le elettriche che, si sa, sono più feroci.

– Ci fate suonare canzoni d’amore-fecero le acustiche-e poi fate male ai bambini,

alle donne!

Le classiche

-Ipocriti, voi e i vostri canti, fingete, ipocriti. Avete fatto mercato delle note!

La dodici corde del cardiologo, capa della protesta: Ho parlato con i pianoforti, le trombe,

i violini…

E fu così che al plenilunio successivo, successe (è il caso di dirlo) l’incredibile!

Tutti, tutti, ma proprio tutti gli strumenti scomparvero e anche tutti i riproduttori

musicali!!!

La musica, la sublime arte aveva abbandonato l’uomo!

Calò un silenzio tenebroso e melanconico sulla Terra.

Gli uomini non riuscirono più a cantare, a fare festa.

Anche la morte sembrò più dolorosa senza musica.

Passarono mesi senza che si sentisse una sola nota.

Carlino con la Fata Turchina torno sull’isola, trovò tutti gli strumenti,

stanchi e assiderati, ma indomiti, bevve il mezzolitro, e li guardò

fissi con quegli occhi che sembravano fari nella notte!

  • Andiamo, torniamo, suoniamo ancora, la musica non deve morire!

Si sentì mormorare.

A casa, nelle sale concerto, negli studi di registrazione, per strada,

nelle discoteche. Tutto come prima.

La musica dappertutto. Fu festa grande.

Il nostro eroe andò dal cardiologo, che, per la felicità, pensate, suonava

tutte e sei le sue chitarre contemporaneamente!

– Grazie, Carlino, come hai fatto!?

– Dottore, c’è più cuore nelle tue chitarre che nel cuore dei tuoi pazienti!

Francesco Certo