La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
Come il “Generale Microbo” ha cambiato la storia del mondo

Come il “Generale Microbo” ha cambiato la storia del mondo

Visits: 152

di redazione

L’ucronia, una tipologia di romanzi e sceneggiature di film di fantascienza che sta prendendo sempre più piede nel mondo, ha come fondamentale dettame “come sarebbe cambiata la storia se…”.

Niente di più attuale al tempo del coronavirus, poiché la storia ci insegna che le infezioni, nel corso dei secoli, sono state in grado di cambiare lo svolgersi degli eventi in numerosi casi e talora hanno modificato la storia in modo significativo.

Tucidite descrisse nel 430 AC la pandemia che colpì Atene (probabilmente tifo esantematico o petecchiale) e che uccise circa la metà dei centocinquantamila suoi abitanti, determinando la decadenza dei costumi della città di Pericle e sentenziando la fine del periodo aureo della civiltà greca.

Una probabile violenta epidemia di colera costrinse, nel 1167, Federico Barbarossa a ritirarsi dall’Italia dopo che aveva raggiunto trionfalmente Roma con l’intenzione di scendere giù fino in Sicilia. In questo caso “l’alleato germe” ha salvato l’Italia dall’invasore.

Nel 1250 Papa Innocenzo IV vide esaudite le sue preghiere con la morte di Federico II a causa di una violenta enterite che gli impedì di conquistare Roma e scongiurò la trasformazione dell’intera penisola in una monarchia da lui retta.

Per qualche ragione ancora sconosciuta l’Oriente è sempre stato un enorme laboratorio di microbiologia e virologia naturale dove hanno luogo mutazioni di ceppi virali che spesso passano dall’animale all’uomo (zoonosi), producendo mutazioni e quindi nuove malattie prima sconosciute verso le quali l’uomo non è immunizzato. Una delle più disastrose pandemie che la storia ricordi iniziò nel 1347 con l’arrivo nel porto di Messina di 12 vascelli provenienti da Caffa (nel Mar Nero) pieni di grano e di topi. Nelle pulci dei roditori si annidava il bacillo della peste bubbonica (la morte nera) il cui contagio si propagò, in pochi anni, in tutta Europa uccidendo un terzo della sua popolazione. Milano fu tra le poche città che riuscì a contenere la pandemia grazie alle disposizioni tassative di barricare le case dei contagiati, facendo morire al loro interno gli infetti con tutti i loro parenti. A Firenze, dove si assistette alla decimazione della popolazione (circa il 50%), seguirono insurrezioni popolari nei confronti delle autorità e dei medici che risultavano impotenti contro il morbo dilagante. Da questa esperienza si può dire che nacque l’embrione di quello che poi divenne il sistema sanitario moderno. A Messina, proprio in quegli anni, era nato il Lazzaretto situato sulla parte interna della falce, grazie alla felice intuizione della Corporazione dei portuali. Questa antesignana struttura di ricovero veniva distinta in “puro” (zona dedicata a patologie non infettive) e “impuro” dove venivano curati o osservavano un periodo di quarantena (per quaranta giorni) i soggetti affetti da patologie infettive o sospetti tali. A questa struttura va riconosciuto il merito di avere realizzato una istituzione di cura e soprattutto di isolamento come esempio antesignano per controbattere la diffusione delle malattie infettive.

Nel 1528 il generale Odet de Foix conte di Lautrec nel tentativo di costringere alla resa Carlo V asserragliato a Napoli, distrusse le condotte dell’acquedotto della Bolla (una parte del quale sarebbe diventato poi l’odierna “Napoli sotterranea”). Non tenne conto che l’acqua fuoriuscita dall’acquedotto avrebbe generato putride paludi che, con il contributo del caldo estivo, crearono le migliori condizioni per una violenta pestilenza cui rimase vittima lo stesso Lautrec. Questo evitò in quell’occasione che a Napoli si parlasse Francese e spianò la strada all’incoronazione di Carlo V.

Nel 1534 Arthur, erede al trono d’Inghilterra, dopo appena cinque mesi di vita coniugale con Caterina D’Aragona, morì a seguito di una violenta tubercolosi. Una altrettanto provvidenziale dispensa papale consentì al fratello Enrico VIII di sposare la giovane vedova. La mancanza di eredi maschi costrinse l’ormai Re Enrico VIII a chiedere l’annullamento del matrimonio per potere sposare Anna Bolena. Insomma, se non ci fosse stata l’opportuna infezione tubercolare probabilmente non vi sarebbe stato lo scisma della Chiesa Anglicana.

Nel 1792 i Francesi sbaragliarono l’esercito Prussiano nella battaglia di Valmy (nel corso della prima guerra dopo la rivoluzione), presente fisicamente sul campo Goethe, grazie ad una inaspettata dissenteria prodotta da una epidemia coleriforme che minò l’ardore pugnesco e costrinse i transalpini alla fuga.

Nel 1831 Friedrich Schelling, grazie alla morte di George Frierich Hegel, a causa del vibrione del colera, riuscì a far emergere le proprie teorie filosofiche prima oscurate da quelle del suo più famoso compagno di studi. Divenne tanto famoso da occupare la cattedra che apparteneva prima a Hegel presso l’Università di Berlino. Dobbiamo ringraziare il colera se abbiamo avuto la possibilità di conoscere il pensiero filosofico di Schelling che probabilmente sarebbe rimasto oscurato.

A chiarire il meccanismo delle epidemie fu il tedesco Robert Koch che nel 1883 isolò il Mycobacterium tuberculosis. L’osservazione che i mungitori di vacche non si ammalassero di tubercolosi quando entravano in contatto con le mammelle infette da un micobatterio simile che determinava una immunità crociata apriva la strada per i vaccini.

La comunicazione svolge un ruolo importante nella realizzazione delle pandemie. Dal 1918 al 1920 la famigerata influenza spagnola produsse tra i 50 e il 100 milioni di morti. Il suo nome deriva dal fatto che, nonostante il contagio fosse partito dal Kansas, fu la stampa spagnola a parlare diffusamente e costantemente della pandemia e informare sugli infetti e sui numerosi morti. Poiché la stampa delle altre nazioni era censurata non comunicava nulla sull’evoluzione della malattia per non demoralizzare le popolazioni già provate dal conflitto. Fu la prima pandemia moderna poiché fu favorita dall’industrializzazione e quindi della notevole densità di popolazione all’interno delle città. La sua diffusione, inoltre, fu resa più agevole dalla maggiore facilità di trasferimento per l’incremento dei trasporti a livello mondiale. Queste situazioni si sono andate incrementando nel tempo determinando ulteriori elementi facilitatori del trasferimento delle infezioni.

È forse per questo che pare che Trump si sia un tantino preoccupato, dopo le sprezzanti dichiarazioni tranquillizzanti fatte in precedenza sul fenomeno coronavirus, a causa della notizia che Fabio Wajngarten, segretario alla comunicazione della presidenza del Brasile, con cui si era incontrato è risultato positivo al test per il Corona Virus e posto in isolamento. Possibile che anche questa sia una di quelle volte in cui il “Generale Microbo” ha modificato la storia in maniera del tutto imprevedibile?

2 commenti

  1. Pingback: Cosa ci insegnano le epidemie – Messina Medica 2.0

  2. Pingback: Cosa ci insegnano le epidemie di Salvo Rotondo e Giuseppe Ruggeri | Mondonuovonews

I commenti sono chiusi.