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Disturbo da stress, al tempo del Covid-19, negli operatori sanitari

Disturbo da stress, al tempo del Covid-19, negli operatori sanitari

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di Marinella Ruggeri

L’emergenza COVID-19 ha rappresentato, per tutti, ma in particolare per gli operatori sanitari, in prima linea, un evento traumatico capace di indurre sequele psichiche ben codificate dal DSM 5, all’interno del Disturbo acuto da stress, e del Disturbo post-traumatico da stress. Questi disturbi sono contraddistinti dall’aver vissuto, in prima persona, un trauma con la comparsa di sintomi emotivi e comportamentali clinicamente significativi. I disturbi correlati a trauma e stress sono scatenati dall’esposizione allo stress o a eventi traumatici anche se, le manifestazioni sintomatiche, possono essere molto diverse da disturbo a disturbo, e da persona a persona; in alcuni soggetti si esprimono con emozioni di paura e di ansia, in altri con anedonia, apatia, disforia e pensieri negativi.

La differenza sostanziale tra disturbo acuto da stress e disturbo post traumatico da stress è relativa al tempo di durata del disturbo. Se questi sintomi sono presenti fino ad un mese dopo l’evento traumatico allora si parla di Disturbo da stress acuto, quando invece si supera il mese e i sintomi continuano ad essere presenti si parla di Disturbo post-traumatico da stress.

Le reazioni fisiologiche allo stress, sono mediate dai due ormoni, adrenalina e noradrenalina, oltre che dagli ormoni cortico-surrenali, (il cortisolo), che aumentano la resistenza e il consolidamento della reazione del soggetto nel tempo. Tali reazioni si ripercuotono sul soma, con manifestazioni transitorie che vanno dalla facile affaticabilità alla tensione muscolare, dai disturbi del sonno alle palpitazioni, dalla “fame d’aria” alla spossatezza, dalla dispepsia alla gastrite e colite. A volte, il prolungarsi dello stress e l’esaurirsi dei meccanismi di difesa, induce l’insorgenza di patologie organiche come le allergie e le malattie della pelle, l’ipertensione essenziale, la retto- colite emorragica, le coronaropatie, le neoplasie.

L’operatore sanitario, difronte alla emergenza-stress che lo vede coinvolto in prima linea, attraversa 4 step progressivi che possono evolvere nel fenomeno del burnout (Edelwich e Brodsky, 1980)

1)stadio dell’entusiasmo: gli operatori sono molto motivati, il proprio status professionale viene considerato eroico e affascinante, sull’onda di immagini spesso idealizzate dai mass media. Gli operatori percepiscono ed esaltano esclusivamente i lati positivi della professione, diventando totalmente dipendenti dal lavoro e ignari delle difficoltà. Questo scenario, lo abbiamo vissuto fino al mese scorso.

2)stadio della stagnazione: smorzamento dell’entusiasmo, aspettative deluse per obiettivi rimasti incerti, preoccupazioni per la propria carriera e per la propria vita. Quella che all’inizio era una professione, o, in certi casi, una missione, diventa un lavoro come un altro, anzi più pesante e difficile di altri.

3)stadio delle frustrazioni: prevalgono sentimenti di rabbia e delusione per l’eccessivo divario tra le aspettative e la realtà, insieme alla triste consapevolezza che i propri ideali poco hanno a che vedere con i reali bisogni di coloro a cui è rivolto il servizio. Ne consegue un senso di inutilità e di vuoto.

4)stadio dell’apatia: disimpegno emotivo-affettivo nei confronti della propria condizione professionale. È questo lo stadio del burnout. Dall’empatia iniziale si giunge all’apatia.

Ecco perché “l’ascolto attivo” degli operatori sanitari, da parte di altri operatori sanitari che operano nel campo della psiche, diventa fondamentale, per favorire il recupero delle strategie di “coping” focalizzate sul problema, anziché sulle emozioni. Il conflitto tra il sovraccarico di lavoro e la ricompensa inadeguata, favorisce la perdita del controllo, specie, se manca il senso di socialità e di appartenenza ad un gruppo. Diventa vitale concedersi un proprio spazio e tempo rigenerativo , in cui il sostegno emotivo, la possibilità di esprimere i propri problemi, il consiglio, la riconferma di se stessi e delle proprie capacità, ripristini l’arte della empatia, necessaria nello svolgimento della professione medica, sia per migliorare la qualità della cura, sia per provare la necessaria soddisfazione del proprio essere medico, e ridurre le emozioni indesiderate che ci fanno essere più vulnerabili difronte allo stress.