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Gli affetti ai tempi del coronavirus

Gli affetti ai tempi del coronavirus

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di Antonino Mazzone*

Diario di un medico in una giornata di marzo 2020

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Da giorni siamo impegnati in maniera straordinaria a gestire questa continua emergenza ne vado fiero perche’ fino ad oggi siamo riusciti a dare la possibilita’ a tutti di avere le terapie piu appropriate, anche a quelli provenienti dalle zone a rischio Cremona, Bergamo e Lodi.

Purtroppo tante persone di una certa eta’ che avrebbero potuto vivere ancora, anche se con qualche patologia, ci stanno lasciando ed è un vuoto incolmabile per tutti.

Io medico dirigo un dipartimento che è riuscito a riorganizzarsi in pochi giorni creando aree subintensive in tutte le Medicine Interne,ad oggi abbiamo quasi 300 ricoverati covid 19, tutte le mattine penso che è come essere in guerra, al mattino parti la sera non sai se ritorni. Nei pochi momenti che resti solo con te stesso, i pensieri vanno ad una madre lontana di 90 anni sola che era felice di vedere il figlio dottore come lei mi chiama per poter stare un po’ meglio e continuare a vivere.

Adesso i sentimenti e gli affetti devono essere gli ultimi, in questa fase io qui a lottare lei li sola ad aspettare che la buriana finisca per poter riabbracciare suo figlio.

La chiamo mi dice non so se ci rivedremo più, spero che tu possa tornare ad abbracciarmi.

Spesso, le telefonate arrivano mentre stai decidendo quanto sono i posti da creare per far posto alla gente che aspetta al PS in attesa di essere ricoverata, nella frenesia di trovare un flussimetro ed un casco finora non ci sono mancati, per far respirare un paziente e dargli una chance in più.

Al telefono lei mi dice mi manchi sei stato un figlio perfetto, mi dispiacerebbe non vederti più. Avrei delle cose da dirti, magari te le scrivo.

Io ascolto cerco di trattenermi dalla emozione, mentre dibattiamo per far fronte a tutte le richieste dei nostri malati.

Il direttore mi guarda e mi dice c’e qualcosa che voleva dire. Chiedo scusa mi ero distratto.

I sentimenti che vanno verso la lontana Sicilia, oggi mi sembra irraggiungibile, ci andavo due volte al mese per trovare la mamma invalida con la 104, per guardarla farla felice, la prendevo la portavo in terrazza a guardare le Eolie, lei era felice.

Adesso qui a lottare, per vincere questa guerra. Ogni persona anziana che vedo morire, purtroppo per la virulenza di questa infezione, penso a mia mamma, potrebbe essere Lei. Poi i miei occhi si riempiono di lacrime e faccio finta di niente, rientro nel mio studio, non sono nemmeno stanco dopo 23 giorni di seguito senza staccare mai.

Mi auguro che finisca in fretta, spero di dare tutto quello che posso chiedo solo di poterla rivedere in vita. Spero che anche oggi sia una giornata migliore.

*Direttore Dipartimento di Area Medica

Asst OVEST MILANESE

H DI LEGNANO