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I crimini di guerra e la Settimana Santa

I crimini di guerra e la Settimana Santa

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 di Marinella Ruggeri

Le notizie e le immagini trasmesse dai mass media, in queste ultime settimane, ci fanno  assistere al  dolore e  alla morte innocente, una Vera Quaresima, non il Memoriale, ma una recidiva dal gusto molto amaro!!!

Siamo spettatori arrabbiati, tristi, e soprattutto impotenti, davanti alla crocifissione e morte di tanti uomini, donne e bambini, che neanche sanno perché stanno morendo, ma si trovano nudi davanti ai loro carnefici, che li torturano fino ad ucciderli.

 La Passione di Gesu’ di Nazareth, che trova, conferma nei segni chiari, presenti sul lenzuolo funerario della Sacra Sindone, rende oggi vivo e presente, il percorso di tanti Agnelli immolati  che stanno trascorrendo le ultime ore della loro vita, come è toccato al Figlio di Dio.

Colpiti nel volto, espressione di una punizione che vuole togliere loro la stessa identità. Torture anche nel corpo, come la flagellazione romana, che avveniva attraverso il flagrum, manico di legno con striscie di cuoio multiple (lorum) alle estremità delle quali ossicini di pecora, astragalo di montone, palline di piombo. Tutti materiali che a contatto con la pelle la strappano.  Torture anche sul capo, dove spine lunghe circa 14 cm, di materiale simile all’acacia penetrano la teca cranica attraversando il cuoio capelluto; un mantello di stoffa che si attacca alla carne viva del corpo ulcerato, le contusioni sul ginocchio dx, sul tallone sinistro, sulla punta del naso, segni delle cadute. E poi un chiodo su ogni polso che lesiona il nervo mediano all’interno del canale del carpo, nello spazio di Destot inducendo un dolore folgorante, e lo spasmo del pollice verso il palmo e delle altre due dita (II e III) in opposizione. Un chiodo, tra II e III spazio intermetatarsale sul piede che lesione il nervo peroneo, le ginocchia in atteggiamento di flessione obbligata per la sovrapposizione del piede sinistro sul piede destro al fine di inchiodare i piedi con un solo chiodo trapassante. L’agonia, prima della morte, che lo vede disidratato, pallido, in scadute condizioni generali data la perdita copiosa di sangue e il dolore sia neurogeno, che nocicettivo, che lo tormenta.  Queste interminabili  tre ore, in cui  prima, l’ insufficienza respiratoria  che si configura per la  mancata escursione diaframmatica e per  l’ accumulo di CO2, dovuta alla posizione in cui il peso della corona di spine sul capo, lo obbligava a stare, inclinato con il mento sul torace;  poi dallo  stato cianotico, al trasudato e  il versamento pleurico, fino all’emissione del grido prima di spirare, come da dolore retrosternale acuto per  una ulteriore complicanza che lo conduce all’infarto miocardico  conseguente allo stato pro-coagulativo che si era messo in atto, in un corpo essiccato. La via crucis che meditiamo il venerdì, nelle chiese, è oggi viva e non servono  immagini e dipinti, basta accendere la televisione.

La tentazione più grande di questo tempo, anche per i cristiani, è pensare che il sacrificio di Cristo, non sia servito a niente!

Ecco che arriva l’Omelia di Papa Francesco, nella Domenica delle Palme, a darci una risposta, ricordando che…

nel dolore fisico più acuto della passione, Cristo chiede perdono per chi lo sta trapassando. In quei momenti verrebbe solo da gridare tutta la propria rabbia e sofferenza; invece Gesù dice: Padre, perdona loro. Diversamente da altri martiri, di cui racconta la Bibbia (cfr 2 Mac 7,18-19), non rimprovera i carnefici e non minaccia castighi in nome di Dio, ma prega per i malvagi. Affisso al patibolo dell’umiliazione, aumenta l’intensità del dono, che diventa per-dono…

…Lì, mentre viene crocifisso, nel momento più difficile, Gesù vive il suo comandamento più difficile: l’amore per i nemici. Pensiamo a qualcuno che ci ha ferito, offeso, deluso; a qualcuno che ci ha fatto arrabbiare, che non ci ha compresi o non è stato di buon esempio. Quanto tempo ci soffermiamo a ripensare a chi ci ha fatto del male! Così come a guardarci dentro e a leccarci le ferite che ci hanno inferto gli altri, la vita o la storia. Gesù oggi ci insegna a non restare lì, ma a reagire. A spezzare il circolo vizioso del male e del rimpianto. A reagire ai chiodi della vita con l’amore, ai colpi dell’odio con la carezza del perdono…

Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Notiamo ancora una cosa. Gesù non solo implora il perdono, ma dice anche il motivo: perdonali perché non sanno quello che fanno. Ma come? I suoi crocifissori avevano premeditato la sua uccisione, organizzato la sua cattura, i processi, e ora sono sul Calvario per assistere alla sua fine. Eppure Cristo giustifica quei violenti perché non sanno. Ecco come si comporta Gesù con noi: si fa nostro avvocato. Non si mette contro di noi, ma per noi contro il nostro peccato. Ed è interessante l’argomento che utilizza: perché non sanno, quell’ignoranza del cuore che abbiamo tutti noi peccatori. Quando si usa violenza non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo. Sì, Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì, oggi.

Pertanto, il sacrificio di Cristo, ci serve a capire, che davanti al male inaudito, spietato, la cui logica non siamo in grado di comprendere, abbiamo una Sola Vera Arma, che è quella di pregare per queste persone che non sanno quello che fanno, di benedirle, di non perdere mai la speranza. Questo atteggiamento, non fa di noi dei folli, ma ci rende umili testimoni di una fede autentica. Allora, si che potremo immergerci nel significato della Settimana Santa e vivere la Pasqua.