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Intervista a Francesco Faro: come sopravvivere disperso sui Nebrodi per cinque giorni?

Intervista a Francesco Faro: come sopravvivere disperso sui Nebrodi per cinque giorni?

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di Massimiliano Cavaleri

MessinaMedica.it ha incontrato il dott. Francesco Faro, 74 anni, per una breve intervista in cui ci racconta la terribile esperienza di essere rimasto disperso per ben cinque giorni in mezzo ai boschi dei Monti Nebrodi, in provincia di Messina, mentre era alla ricerca di funghi: una vicenda dal lieto fine dopo il ritrovamento di ieri mattina, che ha commosso e reso felice non solo familiari, parenti, conoscenti e colleghi ma tutta la Città. Adesso è rientrato a Messina, ancora assistito in struttura sanitaria dopo la breve degenza all’ospedale di Sant’Agata di Militello.

Dott. Faro, lei è un amante delle camminate in montagna: cosa è successo qualche giorno fa?

Ero uscito da solo per una semplice passeggiata di ispezione finalizzata alla raccolta di funghi nel bosco: dopo aver lasciato la macchina, mi sono addentrato nel sentiero e ad un certo punto, mentre tramontava il sole, mi sono ritrovato in un posto diverso da quello in cui immaginavo di essere. Evidentemente, una banale distrazione dal percorso ha trasformato la lietezza di un pomeriggio in una terribile avventura.

Il cellulare non l’ha aiutata in alcun modo?

Purtroppo era già scarico quindi non ho potuto avvisare familiari o forze dell’Ordine e chiedere aiuto; né ho avuto la fortuna di incontrare qualcun altro che andasse per funghi o per trekking. Ogni tanto sentivo qualche rumore non lontano da me e provavo a urlare a squarciagola per tentare quello che, più passavano le ore e i giorni, sembrava ormai impossibile.

Come si è sentito quando ha capito che la situazione era davvero grave e poteva finire in tragedia?

Mi sono sentito definitivamente spacciato proprio all’alba del quinto giorno, proprio il giorno in cui poi invece e per fortuna sono stato ritrovato, grazie anche ad un tratto di bosco col sentiero più esposto e visibile dal quale poter richiamare l’attenzione dei soccorritori che battevano la zona. Ormai avevo finito le forze e la mia resistenza giungeva al termine: in questi lunghissimi e interminabili giorni e notti, i miei familiari, che pur continuavano a sperare, vedevano scemare le loro speranze. Inoltre io sono diabetico, e chiaramente non avevo l’insulina con me: una condizione che avrebbe potuto essere letale. Ciò incrementava le mie e le loro preoccupazioni. Più cercavo di ritrovare la strada verso la mia auto, più mi sentivo perso e affaticato notevolmente. Mi fermavo ripetutamente per recuperare le energie, poi crollavo di stanchezza senza orientamento e tra sentieri impervi e non battuti che sparivano nella vegetazione, dirupi e dislivelli.

E’ riuscito a bere, ma cosa ha mangiato? E dove dormiva? Come ha superato le notti?

Nessuna capanna e alcun rifugio: in realtà ho avvistato qualche casolare ma era in tali pessime condizioni che ho preferito dormire tra gli alberi, anche perchè non c’è stata pioggia in questi giorni. Mi ricoprivo, come possibile, di rami e fogliame secchi, nell’impresa di difendermi dal freddo che comunque non era così forte come si potrebbe pensare. Certo, ero abbigliato solo con una camicia di cotone e una di jeans, ma tutto sommato sono state sufficienti a non farmi soffrire più di tanto. Non ho trovato nulla da mangiare poiché il bosco non offre frutti in questo periodo dell’anno; invece attingevo acqua in mezzo alla vegetazione da piccole pozze, quelle che mi sembravano più pulite.

Qual è stato l’aspetto più difficile in assoluto?

La cosa che più mi ha afflitto è stato il non poter comunicare in alcun modo con nessuno; non potevo lanciare l’allarme. Una solitudine unita al pensiero della mia famiglia che forse pensava fossi già morto: sensazioni terribili.

E con gli animali del bosco? Momenti di tensione?

I maiali selvatici che popolano l’area sono generalmente mansueti, mi evitavano, non sono pericolosi finchè non si sentano importunati in qualche misura. Ma i movimenti che nel buio pesto della notte si percepivano a volte vicini, incutevano comunque qualche apprensione.

Nel nostro precedente articolo l’abbiamo definita il “Castaway” di Messina: si rispecchia? Un miracolato, un personaggio uscito da un film?

Sì, la mia situazione e questa incredibile esperienza mi hanno ricordato tante pellicole che ho visto: sono effettivamente un miracolato, mi sono sentito un personaggio cinematografico soprattuto nel momento in cui sono arrivati i soccorsi e mi hanno ritrovato. Sembrava davvero di essere al cinema. Fortunatamente era anche la realtà, con estrema stanchezza ma immensa gioia e sollievo di tutti.

Tornerà a raccogliere funghi?

Certamente, stando molto più attento e magari in compagnia.

Cosa si sente di dire alle tante persone che hanno atteso il suo ritorno e a chi l’ha ritrovata?

Io e i miei familiari ringraziamo tutti coloro che si sono interessati alla vicenda, amici, conoscenti e colleghi per il grande affetto dimostrato; oltre naturalmente la Prefettura, le forze dell’Ordine, tutti i soccorritori a vario titolo intervenuti.