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La obbligatorietà dell’azione penale

La obbligatorietà dell’azione penale

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di Diego Celi *

Gli operatori sanitari, nella pandemia in corso, sono stati definiti “eroi”. L’emotività del momento ha spinto i mass-media a coniare epiteti omerici, ma i medici hanno sempre fatto il loro dovere: sono stati forgiati culturalmente e umanamente a prendersi cura della salute di bambini, donne e uomini. Da anni, tuttavia, essi sono stati buttati nell’arena dei giochi circensi grazie ad un mantra “la malasanitá”, che ha permesso a tanti (giornalisti, conduttori televisivi, magistrati, avvocati, periti, pazienti e familiari) di lucrare in maniera indegna. Lo spettacolo circense ha una regia “la obbligatorietà della azione penale”! Mentre il vento impetuoso della pandemia ancora soffia, sono state istituite class-action per censurare l’operato dei medici. Segnali inquietanti ce n’erano, quelli di oggi sono insopportabili: vanno subito rimossi. Parlamento, governo e magistratura hanno il dovere morale e civile di arrestare questa barbarie priva di finalità civile e morale, motivata solo ed esclusivamente da una sorta di “reddito di cittadinanza mascherato”.

La pandemia determinata dal Covid -19 è un unicum; pensare che la giustizia possa imporre i tempi e i modi di operare in condizioni così precarie e eccezionali sarebbe un errore. Tutti i medici si avvierebbero verso un comportamento difensivo per evitare procedimenti giudiziari per sé stessi e per i propri beni. La Magistratura in nome della obbligatorietà dell’azione penale ha occupato ogni spazio disponibile, incurante di esigenze politiche, sociali ed economiche. Lascia attoniti e profondamente turbati quanto il Dott. Pier Camillo Davigo ha dichiarato in pubblico, durante innumerevoli talk show televisivi: “che per lui non esiste la presunzione di innocenza prevista dal codice, ma solo la presunzione di colpevolezza”, senza che il Presidente della Repubblica, capo del CSM, sia mai intervenuto per chiedere maggior garbo. La gravità di ciò dovrebbe essere compresa da tutti, soprattutto dai politici, ma questi sono miopi, spesso pensano di potere battere gli avversari, servendosi delle inchieste giudiziarie. Nessuna tragicitá romantica traspare da questi comportamenti, al contrario emerge che: il giustizialismo ha calpestato i principi basilari del diritto, il tornaconto personale ha sostituito l’interesse collettivo. L’obbligatorietà dell’azione penale è lo scudo che giustifica e protegge tutto questo. Singolare, poi, il fatto che rarissimi Gup (giudice udienza preliminare) si assumano la responsabilità di archiviare le denunce che hanno dato la stura alla obbligatorietà dell’azione penale. Più che strano è vergognoso. Ne deriva che, complice prima il declino e poi la evaporazione dei partiti, la Legge si è sostituita alla politica e il protagonismo di taluni magistrati al giudizio delle urne. I movimenti giustizialisti hanno cavalcato questa onda moralistica e populista per nascondere incompetenza, odio e assenza di visione politica e alimentare acredine e insofferenza verso i camici bianchi. Soffiando sulle diseguaglianze sociali, hanno cancellato il significato di casta ed élite, privilegio e rango. Il legislatore non può più ignorare questi problemi e deve essere consapevole che: i medici hanno sempre agito con diligenza, perizia e prudenza; che l’arte medica è umana non soprannaturale. In chiusura di queste brevi note, riportiamo frase di un editoriale scritto da Carlo Nordio, magistrato colto e capace (Gazzettino,11 Aprile, 2019): “…..non esiste in nessun Paese al mondo, come noi pomposamente pretendiamo, il codice accusatorio – alla Perry Mason- . Il nostro legislatore ci aveva provato, ma il tentativo è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Così il nostro codice resta un indovinello avvolto in un impenetrabile mistero”.

*già Capo Dipartimento Chirurgico Azienda Papardo-Piemonte