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Microbiota vaginale: fattori di rischio e patologie correlate

Microbiota vaginale: fattori di rischio e patologie correlate

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di Luisa Barbaro

Il MV (microbiota vaginale) non è altro che il “Complesso sistema di batteri” che popola la vagina e che deve avere determinate caratteristiche di stabilità e struttura, per garantire benessere alla donna.
Un M.V. normale è contraddistinto da alcune caratteristiche: flora con bacilli gram positivi come i lattobacilli, che sono le specie dominanti nelle donne in età fertile e proteggono l’ambiente vaginale dalle infezioni; regolano il PH vaginale, competono con altri batteri per l’adesione all’epitelio, hanno attività antibatterica e di stimolazione della risposta immunitaria, riducono la produzione locale di Interleuchina e aumentano quella di Citochine antinfiammatorie. In tal modo, contribuiscono a ridurre lo stato infiammatorio vaginale, oltre a regolare il metabolismo del glicogeno prodotto dalle cellule epiteliali, convertendolo in glucosio e acido lattico, determinando la tipica acidità vaginale (Ph compreso tra 3,8 e 4,5).
Tra tutti i lattobacilli il L. Crispatus è quello che in letteratura è stato sempre correlato ad uno stato di salute vaginale.
I fattori che influenzano la composizione del M.V. sono: l’utilizzo di antibiotici, le infezioni a trasmissione sessuale e le tipologie di abitudini igieniche (lavande vagionali); ma il fattore più determinante è l’assetto ormonale dell’ospite.
Gli estrogeni concorrono a mantenere un corretto equilibrio tra le diverse specie batteriche vaginali; le varie fasi della vita di una donna, sono infatti caratterizzate da grande cambiamento ormonale come pubertà, mestruazione, gravidanza, menopausa, oltre anche a significative modificazioni del M.V.
Altri fattori predisponenti sono l’attività sessuale, la contraccezione, i prodotti detergenti per l’igiene intima interna, l’etnicità, le fasi del ciclo, il contatto con lo sperma, una alimentazione inappropriata.
La composizione del M.V. cambia nei diversi tratti del sistema riproduttivo femminile. L’Utero è colonizzato prevalentemente da lattobacilli, la cervice uterina da specie non lattobacillari e la vagina di nuovo da lattobacilli. A seconda della predominanza di una specie di lattobacilli rispetto ad un’altra, il M.V. è stato classificato in 4 diverse categorie) o comunità o vaginotipi):
CST 1° L. Crispatus con ridotta possibilità di infezioni, sterilità, atrofia e parto pre-termine
CST 2° L. Gasseri
CST 3° L. Iners
CST 5° L. Jensenii
C’è poi il CST 4°, l’unico a non essere dominato da lattobacilli ma da un insieme eterogeneo di batteri di altro genere, povero di lattobacilli.
In questo caso è possibile che la donna sviluppi i segni clinici di una vaginosi batterica o di una vaginite aerobia, associata spesso a proliferazione di batteri come Streptococcus ed Escherichia Coli, che innescano una risposta infiammatoria con relativi sintomi di bruciore e prurito, a differenza della vaginosi batterica da associazione e proliferazione di specie come Gardnerella Vaginalis e Mycoplasma hominis.
Tra le vaginiti infettive, la Gonorrea e la Chlamydia Trachomatis, poi le vaginiti micotiche e da protozoi, come le tricomoniasi.
Il cronicizzarsi di suddette patologie, trovano il loro razionale nelle variazione di stabilità del M.V.
L’acido lattico prodotto soprattutto da batteri intestinali, è in grado di inattivare un’ampia gamma di germi associati alle vaginosi batteriche. Interagisce anche col sistema immunitario, stimolando la risposta delle cellule epiteliali, l’attivazione della risposta antivirale ed allo stesso tempo inibendo l’infiammazione.
Le vaginosi batteriche recidivanti sono responsabili anche di altre complicanze ginecologiche come il Parto pretermine, il basso peso alla nascita, l’aborto precoce e l’endometrite post-parto.