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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Fiamme”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “Fiamme”

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di Filippo Cavallaro

Cotta è il soprannome che ho dato a Rossana, scampata all’incendio del 25 luglio. In quella stessa giornata due anni prima un altro grande incendio vedeva protagonista Metà anche lei sopravvissuta.
Il primo contatto fu telefonico, ero all’estero, ma i potenti mezzi permisero di poter dare qualche consiglio di buon senso, bisognava prima di tutto idratare quel corpo, non si può pretendere una attività di qualunque essere o struttura vivente se questa non è idratata. Tranquillizzai la sorella che tra qualche giorno sarei stato di ritorno e sarei andato a trovarla, in ospedale.
Metà è una volpe e la sua storia la racconta Monica Pais, veterinaria, nel libro edito da Longanesi dal titolo L’incendio del bosco grande. Era il 2021 e l’area boschiva del Montiferru in Sardegna venne devastata da un incendio.
“… Le felci inaridite sul fianco della montagna si incendiarono come carta velina e le fiamme divorarono in un sol boccone una ventina di ettari di bosco, l’intera vallata di Bau ’e Mela, le cascate di Sos Molinos… La notte tra il 24 e il 25 luglio il fuoco era ormai una forza apparentemente indomabile”.
Ho cercato di documentarmi, la mia esperienza non annoverava interventi su persone con questo tipo di problema, solo qualche esito cicatriziale, stabilizzato, da ammorbidire per riacquisire l’escursione articolare-
Non trovavo letteratura specifica, e se qualcosa sembrava che mi illuminasse era solo l’introduzione per descrivere la chirurgia delle ustioni.
Il caldo giorno di agosto che andai in ospedale, osservai e valutai la condizione motoria, ma soprattutto la rigidità e secchezza tissutale, e nel proporre l’intervento di recupero funzionale del movimento mi limitai a sostenere nuovamente che doveva essere ancora più idratata, e che in quel momento dal punto di vista motorio bastavano i rotolamenti a letto che lei autonomamente era in grado di fare con i pochi gradi di libertà permessi dalla rigidità dei tessuti.
“Cervi, mufloni, cinghiali, conigli, gatti e uccelli riempirono la notte con i loro richiami… Il caldo diventava sempre più intenso… Poi i topi iniziarono a correre all’impazzata… Dopo di loro comparvero le lepri e i conigli… E con loro le tartarughe, le lucertole… Fu allora che vidi la corona rossa che avvolgeva la cima della mia montagna. Via, via! Il bosco risuonava del terrore e dei richiami di centinaia di specie diverse di animali”.
Rossana era senza sensi a terra nella sua stanza al primo piano della casa attorniata dalle fiamme, non sappiamo se si rese conto del fuoco o il caldo torrido dell’estate siciliana aveva mascherato l’avvicinarsi dell’incendio nella notte. I familiari si attivarono e chiamarono i soccorsi.
Ci vollero quattro giorni per domare l’incendio del Montiferru, la clinica veterinaria restò attiva giorno e notte e per un mese ancora accolse animali selvatici o randagi, feriti, ustionati o impazziti dalla paura. La volpe venne soccorsa la notte stessa e portata dai vigili del fuoco nella clinica che accoglieva tutti: tartarughe, ricci, conigli, cervi, cinghiali. Medicati ogni giorno e che per le ferite perdevano pezzi … carbonizzati.
Rossana, era rimasta esposta al calore dell’incendio per più di 10 ore, poi lentamente nella caotica rete di assistenza, prima ospedaliera e poi territoriale recupera il controllo del capo, la posizione seduta, la presa mirata e sicura, la verticalizzazione.
Mamma volpe aveva insegnato a Metà che non bisognava fidarsi dell’uomo, perché uccideva gli animali del bosco, in quella clinica però scopre che gli umani la accarezzavano, certo sente dolore mentre le curano le ferite, ma hanno la faccia accogliente, forse preoccupata ma non aggressiva.
Cercavo altri casi clinici o storie che mi permettessero di avere la capacità di segnali predittivi, ho trovato due casi di sopravvissuti ad incendi catastrofici senza però recuperare la storia del trattamento clinico che ricevettero. Si tratta di due disastri che vennero molto attenzionati dalla stampa. Il primo è la collisione tra la petroliera Agip Abruzzo ed il traghetto Moby Prince, del 10 aprile 1991, quando al largo di Livorno, il traghetto venne avvolto dall’incendio causato dal petrolio fuoriuscito dalla petroliera, provocando la morte di tutti coloro che si trovavano a bordo del traghetto, tranne del giovane mozzo Alessio Bertrand. L’altro l’incidente della ThyssenKrupp a Torino nella notte del 5 dicembre 2007 dove degli otto operai coinvolti si salvò solo Antonio Boccuzzi.
Probabilmente la complessità delle vicende processuali non permette di avere dati clinici e produrre letteratura scientifica oltre che medicolegale. Di fatto sono molto contento che la mia collega Amelia mi abbia prestato questo libro, letto tutto di un fiato, che esalta l’impegno per la cura e la consapevolezza che alcuni eventi possono cambiarci nel corpo e nella mente, ma se c’è amore per la vita si superano.
Forza Rossana!