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a cura di Daniele Passaro
“LA MELA”
Della Namibia, e di quel meraviglioso viaggio, ho già parlato qualche settimana fa.
Non me ne vorrete se oggi torniamo in questo stupendo e variegato paese (e forse ancora lo faremo) perché voglio raccontarvi la storia di questa fotografia che forse non è bellissima ma che diventa straordinaria per quello che narra.
I San, detti anche Khwe, Basarwa o Boscimani vivono nel Kalahari (territorio compreso tra Sudafrica, Namibia e Botswana).
Boscimani (boesman in afrikaans, bushmen in inglese), letteralmente significa “uomini della boscaglia” perché è della boscaglia che sono i signori incontrastati.
Sono persone dolcissime e molto ospitali per indole; principalmente sono cacciatori-raccoglitori e sono noti per aver sviluppato un particolare sistema di comunicazione manuale durante la caccia e per cacciare usando frecce avvelenate.
Proprio questa usanza che ha valso loro il soprannome di “uomini-scorpione”.
Dopo varie vicissitudini, e dopo essere stati sfruttati dai tanti invasori che durante le varie guerre hanno usato le loro capacità di cacciatori e scout, oggi vivono relegati in una tra le più povere terre del mondo, il Kalahari, in genere pressochè rinchiusi in riserve sperdute nel deserto.
Il governo proibisce loro la caccia e così, non sapendo fare altro, sopravvivono vendendo piccoli gingilli di artigianato ai turisti ed ovviamente la loro cultura rischia di perdersi.
Il nostro master – dopo un lungo trasferimento in jeep – ci ha portato a visitare una di queste riserve e devo dire che un’esperienza, anche di poche ore, con i boscimani vale davvero l’intero viaggio e la fatica fatta per raggiungerli.
Prima di iniziare il trasferimento verso il villaggio abbiamo comprato una dozzina di sacchi di mele per loro.
Con le mele, e ovviamente le nostre macchine fotografiche, siamo arrivati al villaggio, poverissimo, dove abbiamo incontrato il capo e tutta la tribù.
Sono molto orgogliosi e quindi si sarebbero offesi se avessimo semplicemente regalato loro le mele (di cui vanno ghiotti), per cui considerato che sono abilissimi cacciatori (usano infatti dei minuscoli archi che costruiscono loro stessi con gli arbusti), abbiamo organizzato per loro un torneo di tiro con l’arco ed i premi erano proprio… le mele.
Felici dell’idea si sono subito organizzati in squadre miste e – dimentichi del tutto della nostra presenza – hanno iniziato a tirare dando vita ad una agguerritissima quanto regolarissima gara.
Noi scattavamo fotografie in libertà e loro (davvero felici) gareggiavano e sembravano bambini impazziti dalla gioia.
Una giovane donna, abilissima arciera, ha vinto il primo sacco di mele che erano chiuse in una busta di plastica.
Dopo avere preso l’ambito premio che aveva vinto, lo ha poggiato vicino alla sua capanna dove i suoi figli sedevano a giocare con la terra.
Uno di loro – avrà avuto due o tre anni – incuriosito più degli altri, si è avvicinato al sacchetto ed ha cercato di aprirlo per prendere una mela.
Per quanto lottasse, l’involucro di plastica era resistente e lui non riusciva a prendere la mela; ma con grande caparbietà provava e riprovava.
Impietosito e divertito l’ho lasciato fare per qualche minuto e poi, per premiarlo di tanta determinazione, ho aperto il sacchetto e gli ho consegnato una mela.
L’ha guardata e poi mi ha guardato.
Tornato alla sua mela ha subito cercato di morderla, ma non aveva i denti e la mela scivolava sulle sue gengive bagnandosi di saliva e divenendo così scivolosa…
Allora per aiutarlo ho preso un coltellino e l’ho incisa per favorire un suo morso.
Era tanta la fame che aveva, e tanta la gioia.
Ma purtroppo dopo uno o due “morsi” la mela è scivolata via dalle sue manine ed è finita per terra coprendosi totalmente della sabbia finissima del deserto.
Praticamente era diventata immangiabile.
Qualunque bambino avrebbe pianto e – gridando – ne avrebbe pretesa un’altra.
Lui no.
Senza scomporsi – in silenzio – l’ha raccolta e giuro che era davvero tutta ricoperta di sabbia finissima.
Poi ha cercato un bastoncino e, dopo averlo trovato, con quello ha cominciato piano piano a ripulirla.
Lavorava con grande pazienza ed attenzione mangiando le parti via via liberate dalla sabbia; e faceva tutto con una manualità ed una abilità sorprendenti soprattutto per l’età.
Una volta finito di ripulire (e di mangiare anche l’ultimo torsolo), mi ha guardato e mi ha sorriso.
E mi ha dato, con quel sorriso e senza saperlo, una vera lezione di vita.
Ecco i dati di scatto (dati c.d. exif) per chi fosse interessato
Nikon D750 – Nikon 28-200 F 2.8 – 1/640 sec. f/5,6 130 mm.