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Menenio Agrippa al tempo del WEB, ovvero un infelice metafora sul mondo rurale

Menenio Agrippa al tempo del WEB, ovvero un infelice metafora sul mondo rurale

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di Salvo Rotondo

Se nel 494 AC, quando salì sull’Aventino a declamare il suo famoso apologo, Menenio Agrippa si fosse trovato una fitta schiera di telefonini a registrare la sua metafora sul corpo umano e sulla possibilità che ha di sopravvivere, da sistema complesso, solo se ciascun suo componente collabora con il sistema, probabilmente anche lui sarebbe caduto sotto le forche caudine degli odiatori di turno.

Fa riflettere l’incidente oratorio – non sempre un bravo oratore è un buon comunicatore – nel quale è incappata la Preside del glorioso Liceo Seguenza di Messina qualche giorno addietro (https://messina.gazzettadelsud.it/video/cronaca/2019/12/12/non-siete-figli-di-contadini-studenti-contro-la-preside-al-liceo-seguenza-di-messina-video-f799f337-6ae1-4bb8-a88c-6e9d95333e62/), schiacciata tra i tagli operati alle risorse da parte del Ministero dell’Istruzione e la necessità di svolgere attività complementari che, per essere realizzate, necessitavano una integrazione economica più o meno volontaria da parte degli studenti.

Gli studenti si sa, non perdono occasione per criticare, dileggiare o, a volte, insultare – troppo spesso supportati in maniera impropria dalle famiglie – le istituzioni in questo caso rappresentate dalla preside. Ancor di più facile che questo avvenga se questa ingenuamente si espone (nel tentativo, maldestro, ma sicuramente orientato verso il beneficere) con una infelice metafora sul mondo rurale facendone un parallelo con chi non riesce a comprendere l’importanza dell’istruzione o chi non ha la possibilità economica per poterla frequentare. E’ naturale che chiunque, nella sua situazione, sarebbe stato coperto da critiche (nella migliore delle ipotesi) più o meno coerenti con la realtà dei fatti (come è possibile ascoltare dagli innocenti commenti fuori campo degli studenti nel corso della registrazione). Come Pitigrilli diceva si nasce incendiari e si muore pompieri. E’ naturale. Ma la cosa che sicuramente ha sorpreso negativamente i liberi pensatori è la modalità di come social, giornali cittadini e testate giornalistiche sul WEB abbiano sollevato voci forcaiole di dissenso basandosi sulla registrazione audio/video che ha avuto diffusione virale. Con la conseguenza che la Preside in questione si è vista attivare contro tutta una serie di malevoli epiteti che hanno visto coinvolti financo importanti componenti delle istituzioni i quali hanno dimostrato poca prudenza nel giudicare e, soprattutto, nell’esprimere pubblicamente giudizi che avrebbero potuto essere espressi con modalità più riservate senza incrementare il propagarsi dell’incendio.

A questo punto, però, mi sembra il caso di avanzare una pacata riflessione sull’accaduto:

1) Chi occupa posti di responsabilità ha il dovere di evitare, usando la professionalità di cui dovrebbe essere naturalmente dotato – ma il condizionale è d’obbligo di questi tempi -, di cavalcare una tigre che non porterà alcun miglioramento dello stato delle cose, ma soltanto una effimera notorietà a chi si unisce al coro.

2) Risulta inadeguato esprimere dure condanne su un episodio che sicuramente ha rappresentato un involontario e improprio modus expressio che comunque nello spirito originale – non può essere negato – non era finalizzato a interessi personali. Lo scopo chiaro era quello di realizzare una copertura economica di iniziative istituzionali del liceo volte, ne sono convinto, anche a garantire la fruizione a studenti meno abbienti. Il risultato delle critiche, quindi, non può che rappresentare una caduta di stile dei social, dei media e ancor più delle istituzioni, volta a propagare animosità e acredine immotivata spesso solo al fine di fare sentire la propria voce, di vedere pubblicata o videotrasmessa la propria immagine e di acquisire consensi.

3) Dileggiare o denigrare una rappresentante delle istituzioni nell’occasione di uno scivolone mediatico, amplificato dalla artata decontestualizzazione, non fa che screditare ulteriormente una delle istituzioni fondamentali del nostro stato sociale già abbondantemente deteriorato dalla maldestra politica degli ultimi anni. Certo, aumenta l’audience, aiuta a far quadrare i bilanci della testata, o incrementa – solo apparentemente – il credito personale attraverso iniziative populistiche, ma alla lunga, danneggia la società e, di riflesso, gli stessi studenti che commentavano sarcasticamente nel fuori campo.

Sono profondamente convinto che anche Menenio Agrippa, se si fosse trovato in una simile situazione, sarebbe stato sottoposto anche lui a gratuita e odiosa gogna mediatica, quanto meno da quella porzione di popolazione che, a causa dello sviluppo della metafora, sarebbe stato accostato all’ultima parte, la più distale dell’intestino retto.