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Noterelle riabilitative del padre del libraio: “La mia gamba!”

Noterelle riabilitative del padre del libraio: “La mia gamba!”

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di Filippo Cavallaro

C’è un libro illustrato, tra quelli che negli scaffali popolano il settore della letteratura per ragazzi, che racconta di assenze, è stato pubblicato alcuni mesi fa da Sinnos di Roma. Un editore per bambini e ragazzi, ma anche adulti, con le graphic novel che permettono più chiavi di lettura, grazie ad illustrazioni attente e ricche. Il libro che mi ha incuriosito (… per mestiere direi)  è “La gamba di legno di mio zio” scritto da Fabio Stassi ed illustrato da Veronica Truttero.

Un’assenza si comprende dal titolo, e riguarda la gamba amputata, ma altre assenze vengono raccontate e sono legate agli altri componenti della famiglia che al contrario dello zio, tornato da dove il lavoro e l’emigrazione lo aveva portato con la gamba di legno, non sono più rientrati. La nonna però conserva a tutti loro il posto, e li ricorda. Grazie alle foto incorniciate può descriverne il carattere, il lavoro che fanno, il paese che li ospita. Assente è la gamba, assenti sono i parenti emigrati in America, chi a New York,  chi a Buenos Aires e chi nel New Messico, presenti sono le loro storie grandi o piccole, presente è la sicilianità che resta nella memoria di chi emigra, presente è la scrittura che permette di viaggiare e riannodare le storie, le vite.La mia gamba!
Fu l’urlo dell’amico di Giovanni. Quel giorno facevo assistenza agli atleti in una gara di nuoto. Lui non ha mai nascosto in acqua l’assenza di una gamba, la amputazione, e gareggia ad alti livelli malgrado la menomazione. Quel giorno di fine agosto, mentre gareggiava, però all’improvviso il cielo si coprì di nuvole pesantissime, e scaricò di botto tutta l’acqua dopo mesi di siccità. Come ogni volta lui aveva lasciato la sua protesi avvolta nel telo da mare insieme agli indumenti e Silvia si premurò, senza insabbiarla, di portarla al coperto prima che si bagnasse. Io e Nino lo aspettammo e velocemente lo prendemmo sulle braccia a seggiolino.L’urlo partì immediato come se noi lo stessimo separando dalla sua gamba, come se aggiungessimo assenza ad assenza, si girava a cercarla sulla spiaggia, ma non la vedeva. Si dimenava perché gli facessimo cercare la sua gamba, non sentiva le nostre parole che lo volevano rassicurare. Lo aiutavamo a raggiungere velocemente la tettoia. Lo stavamo portando al coperto dove già dalle prime gocce di pioggia era stata messa al sicuro la protesi.Quel giorno ho capito quanto vale per un amputato la sua protesi, ma ho capito che oltre a Giovanni, che era ancora in acqua a nuotare, lui poteva contare anche sulla presenza di almeno altri tre amici suoi e della gamba. Arrivati al coperto, sotto la tettoia, la gamba messa al sicuro da Silvia era ad attenderlo, più difficile fu recuperare lo zainetto che era stato lasciato all’ombra della tettoia, ma con tutti che cercavano di non bagnarsi era stato coperto da borse, asciugamani e teli che gli altri, atleti, giudici, organizzatori e spettatori, avevano cercato di salvare dalla pioggia.