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La sperimentazione clinica con soggetti vulnerabili e il consenso informato

La sperimentazione clinica con soggetti vulnerabili e il consenso informato

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Sabina Gainotti, Susanna Tamiozzo, Carlo Petrini

Unità di Bioetica, Presidenza, ISS

Tratto dal notiziario dell’ISS

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) è stato ed è coinvolto in attività di ricerca e sperimentazione con persone vulnerabili, in cui spesso si pongono problematiche legate all’ottenimento di un consenso informato valido. L’Unità di Bioetica dell’ISS è da tempo impegnata in attività di sensibilizzazione a livello istituzionale e ha collaborato alla stesura di documenti dedicati all’argomento, tra gli altri, con il Comitato Nazionale per la Bioetica. L’Unità di Bioetica è anche impegnata a livello regolatorio per la semplificazione delle norme attuali in Tavoli di lavoro con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e il Ministero della Salute. La necessità di tutelare le persone vulnerabili nella sperimentazione clinica e l’imperativo che l’interesse e il bene della persona prevalgano sempre sul solo interesse della scienza o della società sono da sempre valori fondamentali della bioetica, richiamati nei più noti documenti di etica della sperimentazione clinica a livello internazionale, dal Codice di Norimberga (1947) (1) alla più aggiornata versione della Dichiarazione di Helsinki (Fortaleza, Brazil, ottobre 2013) (2), alla Convenzione per la Protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina del Consiglio d’Europa (Oviedo, 1997), per restare in Europa (3), e fatti propri da normative a u livello nazionale ed europeo dapprima con la Direttiva 2001/20/CE (4) e in seguito con il Regolamento UE 536/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano, che abroga la Direttiva 2001/20/CE (5). Nella storia della ricerca l’esigenza di tutelare le persone vulnerabili attraverso apposite normative si è imposta in modo evidente a seguito di terribili ed eclatanti episodi di sfruttamento di esseri umani in sperimentazioni condotte “nel nome della scienza”, ma del tutto estranee agli interessi delle persone coinvolte. Studi su popolazioni vulnerabili hanno coinvolto in momenti diversi prigionieri, contadini semi-analfabeti, bambini e adulti con ritardo cognitivo e mentale (6). Secondo la Dichiarazione di Barcellona (2008) (7), che individua nella “vulnerabilità” uno dei princìpi fondamentali della bioetica assieme ad autonomia, integrità e dignità, vulnerabile è ogni persona la cui autonomia, dignità o integrità sono suscettibili di essere minacciate, dunque anche chi, pur essendo in grado di esprimere un consenso pienamente libero e informato, si trova in condizione di fragilità e dipendenza nei confronti dei propri curanti. La capacità di esprimere un consenso valido, libero e informato, è comunque un elemento di tutela fondamentale e presupposto di eticità di ogni sperimentazione clinica. Per primo il Codice di Norimberga (1947) (1), promulgato a seguito del processo di Norimberga, che vide condannare dal tribunale militare americano ventitré medici e amministratori nazisti per aver condotto esperimenti medici senza il consenso del paziente, esponendo i prigionieri nei campi di concentramento a batteri, parassiti, vaccini, farmaci, gas e veleni (8), indicava la capacità dei soggetti di esprimere un consenso libero e informato come condizione indispensabile alla conduzione di ogni ricerca con l’uomo (art. 1): Il consenso volontario del soggetto umano è assolutamente essenziale. Ciò signifi ca che la persona in questione deve avere capacità legale di dare il consenso, deve essere in grado di esercitare il libero arbitrio senza l’intervento di alcun elemento coercitivo, inganno, costrizione, falsità o altre forme di imposizione o violenza; deve avere suffi ciente conoscenza e comprensione degli elementi della situazione in cui è coinvolto, tali da mettere in posizione di prendere una decisione cosciente e illuminata (…). Questa affermazione fu in seguito “ammorbidita” nei documenti di etica della ricerca, tra cui ad esempio la prima versione della Dichiarazione di Helsinki dell’Associazione Medica Mondiale (1964) (9), per evitare l’esclusione dei soggetti incapaci di esprimere un consenso dai potenziali benefici della partecipazione. Nella versione iniziale della Dichiarazione di Helsinki, con riferimento alla sperimentazione terapeutica, si affermava infatti che:

Se possibile, conformemente alla psicologia del paziente, il medico deve ottenere il consenso del paziente liberamente dato, dopo che al paziente è stata data una completa informazione; in caso di incapacità legale il consenso deve essere ottenuto anche dal legale rappresentante; in caso di incapacità fisica il permesso del rappresentante legale sostituisce quello del paziente.

Nella versione corrente della Dichiarazione di Helsinki si afferma che i gruppi più vulnerabili, che corrono un rischio maggiore di essere lesi o di subire danni nella sperimentazione, dovrebbero ricevere una protezione specificamente considerata (art. 19). In particolare:

La ricerca medica su un gruppo vulnerabile è giustificata solo se la ricerca è sensibile ai bisogni di salute o alle priorità poste da questo gruppo e la stessa ricerca non può essere effettuata in un gruppo non vulnerabile. Inoltre, questo gruppo dovrebbe beneficiare delle conoscenze, pratiche o interventi che derivano dalla ricerca (2).

Per le persone non in grado di esprimere un consenso informato, lo stesso può essere espresso da un rappresentante legale, con l’assenso o comunque la non contrarietà della persona interessata, anche tenendo conto delle preferenze precedentemente espresse. Accanto al consenso informato, inoltre, è sempre necessaria l’approvazione del protocollo di studio, basato su forti evidenze scientifiche, da parte di un Comitato Etico indipendente. Il Regolamento UE 536/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano (5) sottolinea nelle premesse l’importanza di condurre sperimentazioni cliniche su soggetti e gruppi cosiddetti “vulnerabili”, per evitare che trattamenti da essi assunti nella pratica clinica, in condizioni meno controllate rispetto alla sperimentazione clinica, siano valutati unicamente in altre categorie di persone. Lo stesso Regolamento identifica come “vulnerabili” le categorie dei soggetti incapaci, minori e donne in gravidanza (artt. 31, 32, 33), e indica alcune condizioni necessarie alla loro inclusione in sperimentazioni cliniche:

a) consenso informato del rappresentante legalmente designato;

b) informazione adeguata alla capacità del soggetto di comprenderle;

c) rispetto del desiderio esplicito di un soggetto incapace in grado di formarsi un’opinione propria e di valutare le informazioni ricevute, al fi ne di rifiutare la partecipazione o ritirarsi dalla sperimentazione clinica in qualsiasi momento;

d) assenza di incentivi o benefici finanziari ai soggetti o ai loro rappresentanti legalmente designati, a eccezione di un’indennità compensativa per le spese e i mancati guadagni direttamente connessi con la partecipazione alla sperimentazione clinica;

e) sperimentazione clinica eseguita su tali soggetti non essendo possibile ottenere dati di validità analoga da sperimentazioni cliniche su persone in grado di fornire il loro consenso informato o con altri metodi di ricerca;

f) sperimentazione clinica direttamente associata a una condizione clinica da cui il soggetto è affetto;

g) vi sono motivi scientifici per ritenere che la partecipazione alla sperimentazione clinica rechi:

i) al soggetto incapace un beneficio diretto superiore ai rischi e agli oneri associati; oppure ii) alla popolazione rappresentata dai soggetti incapaci interessati, determinati benefici.

Sperimentazione clinica sui minori

Nel caso particolare dei minori emergono alcune problematiche specifiche per il consenso informato. In questo caso, infatti, la rappresentanza legale o patria potestà è esercitata da entrambi i genitori, a meno che uno dei due non sia morto, decaduto o sospeso dalla potestà (art. 317 c.c.) e, dunque, il consenso deve essere fornito da entrambi i genitori anche se separati, divorziati o non conviventi (10). In caso di disaccordo tra genitori la decisione deve essere rimessa al giudice, a meno che non ricorra lo stato di necessità per le sperimentazioni in urgenza (11). In ogni caso, il consenso informato “deve rispecchiare la volontà del minore e deve poter essere ritirato in qualsiasi momento senza che ciò comprometta il proseguimento dell’assistenza necessaria” (12). Nella sperimentazione con i minori è prassi comune richiedere l’assenso alla partecipazione da parte del minore, che deve ricevere “da personale esperto nel trattare con minori, informazioni commisurate alla sua capacità di comprensione sulla sperimentazione, i rischi e i benefici”.

Se il minore stesso è capace di formarsi un’opinione propria e di valutare le informazioni ricevute dagli sperimentatori, la sua volontà esplicita di rifiutare la partecipazione alla sperimentazione o di ritirarsene in qualsiasi momento deve essere tenuta in considerazione. Tuttavia, la valutazione della capacità del minore di formarsi un’opinione è demandata al personale sanitario, mentre per quanto riguarda le tipologie di documenti informativi da dare e da far firmare al minore, anche secondo la fascia di età, non esistono riferimenti condivisi.

Sperimentazione clinica sui soggetti incapaci

Secondo la normativa italiana sulla sperimentazione clinica, il consenso per l’inclusione in una sperimentazione di una persona incapace deve essere espresso da un rappresentante legale (13). Contrariamente alla normativa sui trapianti di organi, che per il prelievo da cadavere riconosce legalmente valido il consenso espresso da persone legate all’adulto incapace da una forte relazione (coniuge, padre, madre, figlio, fratello, sorella) (14), la normativa sulla sperimentazione clinica non dà indicazioni chiare in merito, limitandosi a richiedere che il consenso sia stato ottenuto da un rappresentante legale, demandando dunque la definizione di “rappresentante legale” alla normativa in materia. Gli istituti per la rappresentanza legale in Italia sono l’interdizione, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno. Mentre i primi due hanno un forte impatto sui diritti della persona, in particolare l’interdizione che, dichiarando la persona “incapace di intendere e volere”, priva la persona della possibilità di esercitare qualunque scelta in modo autonomo, la Legge 9 gennaio 2004 n. 614, che istituisce l’amministrazione di sostegno, permette di stabilire programmi di sostegno in ambiti specifici, preservando nella persona la possibilità di esercitare le proprie capacità residue (ad esempio, la capacità di esprimere un consenso informato, pur non essendo più in grado di compiere operazioni finanziarie) (15). Di fatto, la legge sull’amministrazione di sostegno è stata finora poco applicata e il numero di adulti con capacità ridotta che abbiano nominato un rappresentante legale è piuttosto esiguo. Risulta quindi pressoché impossibile effettuare, a norma di legge, sperimentazioni cliniche con soggetti ritenuti incapaci (16). Più di recente, la Legge 22 dicembre 2017 n. 219 (17) ha introdotto la fi gura del fiduciario, che può essere indicato da ogni persona capace di intendere e di volere, affinché esprima il consenso o il rifiuto a trattamenti quando la persona stessa non fosse più in grado di esprimere personalmente il consenso e il rifiuto. Sebbene nella Legge 219/2017 non si menzioni esplicitamente la sperimentazione clinica, non si può escludere che il fiduciario possa esprimersi anche in proposito. Tuttavia, sotto il profilo giuridico, il fiduciario non è un rappresentante legale; pertanto, non può assolvere i ruoli che le normative sulla sperimentazione clinica attribuiscono al rappresentante legale. Come per i minori, anche per i soggetti cosiddetti incapaci si pone il problema di “misurare” la capacità. La capacità giuridica si acquista al momento della nascita e si esaurisce con la morte. La capacità di agire, invece, necessita di tre requisiti: capacità giuridica; raggiungimento della maggiore età; capacità di intendere e di volere. Nel caso di persona per cui vi siano evidenze di ridotta capacità di intendere e volere (e, quindi, di esprimere il consenso) si pone, per il ricercatore, un duplice problema: 1) occorrerebbe adottare uno strumento adeguato per la misurazione (ad esempio, test o questionario validato). È, tuttavia, evidente quanto sia problematico quantificare con punteggi situazioni altamente complesse quali la capacità di manifestare scelte consapevoli; 2) nel caso di persona giudicata incapace, il medico/ricercatore avrebbe, a norma di legge, due sole alternative:

a) chiedere la nomina di un rappresentante legalmente valido (procedura lunga, complessa e che solleva molteplici problematicità);

b) escludere la persona dalla sperimentazione (privandola, così, dei possibili benefici associati alla sperimentazione stessa).

Purtroppo, a oggi, il problema rimane irrisolto. Nel Consensus statement on the protection of vulnerable research participants, Dubois e collaboratori (18) raccomandano di considerare in particolare i seguenti punti:

• rischi: iniziare considerando i rischi posti dal disegno dello studio prima di considerare tutele aggiuntive;

• protezioni: offrire tutte le protezioni necessarie e condurre la sperimentazione con il minor numero possibile di partecipanti;

• valutazione del consenso: quando i rischi di uno studio sono talmente significativi da rendere necessario garantire che i partecipanti li comprendano pienamente, è appropriato fare una valutazione dell’adeguatezza del consenso;

• evidenza: utilizzare i migliori dati, non stereotipi e ipotesi non validate per guidare lo sviluppo delle tutele;

• classificazione: valutare gli esiti soggettivi del processo del consenso piuttosto che la capacità decisionale.

Accanto all’impegno dei ricercatori sarebbe importante individuare strategie legali o di policy per facilitare l’inclusione nella ricerca dei soggetti vulnerabili, in particolare quelli ritenuti incapaci per i quali la rappresentanza legale risulta particolarmente complicata. Una possibilità sarebbe quella di adottare per legge, come nella normativa italiana sui trapianti e gli espianti di organi da cadavere, una gerarchia di familiari o fi gure vicine alla persona che possano esprimere il consenso al suo posto. A livello di policy sarebbe utile stabilire procedure condivise tra i servizi sociali e sanitari e gli uffici dei giudici tutelari per garantire adeguata rappresentanza legale a una fascia di popolazione sempre più bisognosa di programmi di sostegno in ogni ambito del proprio quotidiano.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

1. Nuremberg Military Tribunal. Permissible medical experiment (known as The Nuremberg Code). In: Trials of war criminals before the Nuremberg Military Tribunals under Control Council Law no. 10. Nuremberg, October 1946 – April 1949. Washington, DC: Government Printing Office; 1949-1953. Vol. 2. p. 181-2.

2. World Medical Association. Declaration of Helsinki. Ethical Principles for Medical Research Involving Human Subjects. Adopted by the 18th WMA General Assembly, Helsinki, Finland, June 1964 and amended by the 64th WMA General Assembly, Fortaleza (Brazil), October 2013 (www.wma.net/policies-post/wma-declaration-of-hel sinki-ethical-principles-for-medical-research-involvinghuman-subjects/).

3. Consiglio d’Europa. Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina: Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina. Oviedo, 4 aprile 1997 (traduzione non ufficiale a cura del Consiglio d’Europa) (www. coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/ rms/090000168007d003).

4. Parlamento Europeo, Consiglio dell’Unione Europea. Direttiva 2001/20/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 aprile 2001 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano. Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee 1° maggio 2001; L121:34-44.

5. Parlamento Europeo, Consiglio dell’Unione Europea. Regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE. Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 27 maggio 2014; L 158:1-76.

6. Rosmini F, Ferrigno L. Aspetti etici della ricerca epidemiologica. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2015. (Rapporti ISTISAN 15/44).

7. The Barcelona Declaration on Policy Proposals to the European Commission on Basic Ethical Principles in Bioethics and Biolaw. In: Rendtorff JD, Kemp P (Ed.). Basic ethical principles in

European bioscience and biolaw. Vol. 1. Autonomy, dignity, integrity and vulnerability. Report to the European Commission of the Biomed-II Project “Basic ethical principles in bioethics and biolaw 1995-1998”. Barcelona: Centre for Ethics and Law (Copenhagen, Denmark) and Institut Borja de Bioètica (Barcelona, Spain); 2000:393-9 (https://hrcak.srce.hr/ file/58331).

8. Annas GJ, Grodin MA. The Nazi Doctors and the Nuremberg Code: Human Rights in Human Experimentation. Oxford: Oxford University Press; 1995.

9. World Medical Association. Declaration of Helsinki. Declaration of Helsinki. Recommendations guiding doctors in clinical research. Adopted by the 18th World Medical Assembly, Helsinki, Finland, June 1964 (rFont34Bin0BinSub0Frac0Def1Margin0Margin0Jc1In dent1440Lim0Lim1https://www.wma.net/wp-content/ uploads/2018/07/DoH-Jun1964.pdf).

10. Parlamento Italiano. Legge 8 febbraio 2006, n. 54: Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 50, 1° marzo 2006.

11. Repubblica Italiana. Codice Civile. Libro primo, Titolo IX della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio. Capo I. Dei diritti e doveri del figlio Art. 317 – Impedimento di uno dei genitori.

12. Repubblica Italiana. Codice Penale, approvato con Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398. Articolo 54 Stato di necessità. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 251, 26 ottobre 1930.

13. Italia. Decreto Legislativo 24 giugno 2003, n. 211. Attuazione della Direttiva 2001/20/CE relativa all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 184, 9 agosto 2003, Supplemento Ordinario n. 130.

14. Italia. Legge 1° aprile 1999, n. 91. Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti. Art. 23 (Disposizioni transitorie). Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 87, 15 aprile1999.

15. Italia. Legge 9 gennaio 2004, n. 6. Introduzione nel libro primo, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del Codice Civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 14, 19 gennaio 2004.

16. Petrini C. La sperimentazione clinica nei soggetti vulnerabili. Atti della Scuola di Etica. Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Padova. In stampa.

17. Italia. Legge 22 dicembre 2017, n. 219. Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento. Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 12, 16 gennaio 2018.

18. DuBois JM, Beskow L, Campbell J, et al. Restoring balance: a consensus statement on the protection of vulnerable research participants. Am J Public Health 2001;102(12):2220-5.