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Mettiamo la mascherina

Mettiamo la mascherina

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di Antonino Arcoraci

“Mettiamo la mascherina”, è l’appello dei giornalisti messinesi lanciato il 5 agosto scorso, per combattere il coronavirus. Lilly La Fauci ha creato un hashtag #Mettiamolamascherina, un video-pubblicità progresso, ideato e diretto da lei, per sensibilizzare i messinesi… la popolazione tutta, sull’utilizzo della mascherina.

Partendo dal concetto che l’emergenza pandemica non è finita; che i dati relativi ai contagi e alle vittime del nuovo coronavirus, nel mondo restano allarmanti; in vista del picco della movida estiva ferragostana, ma anche dell’autunno che è alle porte, ha deciso di scendere in campo in prima persona, di “mettere la faccia”, per sottolineare quanto sia importante l’utilizzo della mascherina in tutte le attività della vita quotidiana, sia per la persona che la indossa, che per coloro che le stanno accanto.

L’iniziativa, che io sposo in prima persona, e a cui auguro grande successo, è stata ritenuta utile dall’Assessore alla Salute della Regione Siciliana, Ruggero Razza. L’ha sottolineato ritenendola importante ai fini di tenere alta l’attenzione e di rispettare le regole per prevenire la diffusione del contagio.

L’idea, come afferma la stessa Lilly La Fauci, non solo ideatrice, anche prima testimonial del progetto, è nata vedendo le immagini preoccupanti degli assembramenti nei luoghi della movida,…dal vedere, andando per negozi o nei supermercati, la riluttanza che molta gente ha nei confronti della mascherina.

In verità, il sopravvenire della stagione estiva, ha reso meno sopportabile la mascherina. I ragazzi, addirittura hanno smesso di metterla. In strada, ma anche nei luoghi affollati, specie in spiaggia o fuori dalle città in posti non sempre completamente aperti, la si vede poco e quando indossata, raramente viene messa nella forma regolamentare. Sono più gli anziani a portarla, nei luoghi di culto dove è imposta, negli spazi controllati. Molte persone, giovani e meno giovani, non la usano affatto. Moltissimi ne fanno un uso irregolare.

Io l’ho vista attaccata al polso, legata al gomito, poggiata sotto il naso, sul mento…addirittura sulla nuca.

Questo unico elemento che attualmente, in attesa di nuove possibilità, ci protegge, non è stato capito, non è stato e non è tenuto nella dovuta importanza. Eppure tutti siamo stati informati sulla sua utilità…e in tanti modi. Ci è stato ricordato con la storia mettendo in circolo le foto scattate addirittura negli anni ’20, all’epoca della “Spagnola”; con le tantissime immagini che ne documentano l’opportunità e le manchevolezze.

L’OMS, come tutte le autorità sanitarie a livello mondiale e nazionale, come quasi tutte le autorità parlamentari, nazionali, regionali e locali, lo sottolineano…criticano le omissioni. Lo hanno fatto e lo fanno con parole motivate e con le dimostrazioni pratiche. Lo hanno mostrato e continuamente lo mostrano attraverso i Media, la televisione, whatsapp e gli altri sistemi messi a disposizione dalla tecnologia. Hanno sottolineato il perché debbano essere usate e perché sono obbligatorie nei luoghi chiusi, in quelli accessibili al pubblico, sui mezzi di trasporto, in tutte le occasioni in cui non è possibile mantenere la distanza di sicurezza. Il Governo ha addirittura minacciato gli inadempienti.

Malgrado il continuo martellamento: la mascherina è d’obbligo, le infrazioni ci sono sempre, ora più di prima, sotto gli occhi di tutti.

Certamente, molte di queste trasgressioni sono avvenute e continuano ad essere fatte in maniera quasi spontanea…per disattenzione. Ma ci sono quelle che prima e ancora oggi, continuano perché volute, in piena coscienza e in sfida alla normativa. Addirittura la motivano!

Tutto questo comportamento mi induce a pensare che il messaggio, per quanto ripetuto a più voci, non sia stato recepito da tutti; a parecchi non è arrivato e non arriva in maniera netta e chiara. Non è stato capito e continua a non esserlo. Tra i giovani gira la voce: tanto noi siamo forti, nel caso del contagio, al più, può sopravvenire una banale influenza.

La ripresa significativa dei casi di infezione, l’aumento della malattia nella classe giovane oltre che nell’adulta, ha indotto il ministro Speranza ad adeguarsi al parere del Comitato tecnico scientifico e adottare misure restrittive: da lunedì 17 agosto, ha chiuso le discoteche, ha sospeso le attività in sale da ballo e nei locali assimilati, anche all’aperto, ha imposto le mascherine obbligatorie dalle 18 alle 6 su tutto il territorio nazionale, negli spazi di pertinenza dei luoghi e dei locali aperti al pubblico, nelle piazze, negli slarghi, nelle vie in cui per loro caratteristiche fisiche, è facile creare “assembramento”. Ha vietato ogni deroga da parte delle regioni.

A questo punto mi piace sintetizzare il concetto e, per quanto mi è possibile, voglio sottolineare le cose che a mio avviso, sono essenziali. Incomincio con la distinzione tra le “mascherine di comunità” e “mascherine chirurgiche”.

Le “mascherine di comunità”, che siano costruite in serie o cucite in casa, che siano monouso o lavabili a 60°, non sono dispositivi medici, né mezzi assoluti di protezione individuale. Esse rappresentano una, l’unica, misura igienica, ancora oggi utile a ridurre la diffusione del virus SARS-COV-2. Forniscono solo una barriera adeguata e garantiscono la respirazione.

Lo studio Thorax consiglia siano fatte almeno da 2-3 strati. IRMA D’ARIA, basandosi sui dati sperimentali, suggerisce a chi le vuole realizzare di stoffa e a casa, le sue linee guida.

Le “mascherine chirurgiche” e quelle a “uso medico”, sono prodotte invece per essere utilizzate in ambiente sanitario e in particolari ambienti lavorativi. Sono certificate e, in ragione della loro capacità di filtraggio, sono catalogate in tre distinte classi di protezione: FFP1, FFP2 e FFP3. Hanno l’obbligo di rispettare le caratteristiche normate da UNI EN ISO 14683-2019.

Funzionano impedendo il passaggio del virus e sono le uniche a dover essere usate in caso di comparsa dei sintomi di malattia Covid perché certificate come dispositivi medici.

Per l’utilizzo delle mascherine mono uso (quale che sia la forma o il tessuto usato), il Ministero della salute ha pubblicato delle indicazioni precise. Le diffonde anche con un video spot per renderle più chiare. I suggerimenti consigliano:

– prima di indossare la mascherina, lavarsi le mani con acqua e sapone (per almeno 40-60 secondi) o con una soluzione alcolica (per almeno 20-30 secondi);

– per indossare la mascherina, per manipolarla, per toglierla, toccare solo gli elastici o i legacci e avere cura di non toccare la parte interna;

– una volta indossata la mascherina, accertare di averla indossata nel verso giusto (nelle mascherine chirurgiche, la parte colorata è quella esterna);

– una volta posizionata, la mascherina deve aderire al viso: la parte superiore, fissata con il ferretto sul naso e quella inferiore, sotto il mento;

– se durante l’uso, la mascherina viene toccata, bisogna ripetere l’igiene delle mani;

– la mascherina non deve mai essere riposta in tasca, né appoggiata su mobili o ripiani;

– quando, durante l’uso, la mascherina diventa umida, bisogna sostituirla con una nuova. Non è più riutilizzabile;

– la mascherina usata, quando tolta, non essendo più utilizzabile, deve essere messa in un sacchetto – che va chiuso – e buttato nella spazzatura “indifferenziata”.

Al momento, come precisa il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, non è noto il tempo di sopravvivenza dei coronavirus nei rifiuti.

Per le mascherine lavabili, la procedura prevede un lavaggio a 60°C con un comune detersivo. Per la riutilizzazione bisogna attenersi alle istruzioni date dai produttori. Anche per questo tipo, ogni volta che la mascherina viene maneggiata, si impone il lavaggio delle mani o la igienizzazione.

Quale che sia la mascherina facciale, in comunità, deve essere sempre intesa solo come misura complementare. Non si sostituisce alle misure preventive consolidate quali: il distanziamento fisico, l’igiene respiratoria (tra cui tossire o starnutire in un fazzoletto monouso o nella piega del gomito per evitare di trasmettere agli altri le goccioline con le secrezioni respiratorie), l’igiene meticolosa delle mani, il toccarsi il viso, il naso, gli occhi e la bocca.

L’uso delle “mascherine facciali di tipo medico” è prevalentemente riservato agli operatori sanitari ed è gestito seguendo il Rapporto con le indicazioni sull’uso delle mascherine di tipo medico consuntivo dello studio dell’ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control). Lo stesso criterio vale per le persone non malate ma in comunità e a contatto con portatori del virus, sia in fase presintomatica che asintomatica.

Il trasgredire, come l’esagerare nella imposizione della mascherina di “comunità”, ha facilitato spesso la battuta ironica, addirittura, a volte, si è prestato ad essere motivo di scritte o

immagine che stimolano la risata. Mi è capitato di leggerne tante. Non le trascrivo perché senza l’immagine, molte perdono l’effetto.

Al di la della risata che facezie di questo genere possono provocare, voglio chiudere questo mio scritto riportando le stesse parole di Lilly La Fauci. La giornalista, facendosi portavoce di tutto il gruppo e del Giornale La Gazzetta del Sud, alla fine del suo articolo, invita tutte le categorie professionali e, in generale, tutti i cittadini, affinché diventiamo tutti testimonial di un comportamento responsabile, usando la mascherina ogni giorno. Chiede di Fare un piccolo gesto che può salvare una vita. Il video preparato da loro invita a fare buon uso della mascherina…e a riflettere …sull’importanza di mantenere il distanziamento.

L’ISS, alla luce degli ultimi dati, nell’agosto 2020, scrive che il 51,5 % dei contagiati sono asintomatici, la maggior parte di questi sono giovani che circolano, che hanno ruolo centrale nella diffusione del virus. Sempre l’ISS, ribadisce che le cose sono cambiate rispetto a prima…Agli inizi dell’epidemia, il fattore determinante per il contagio era la regione di residenza, ora è il comportamento delle persone…Sono a rischio soprattutto coloro che viaggiano all’estero e che poi hanno contatti sociali. Francesco Broccoli dell’Università Bicocca e Direttore del laboratorio Carlo Erba di Milano, ha comunicato che nell’ultimo mese, i tamponi positivi mostrano una maggiore carica di particelle virali. L’osservazione, riferita anche da Massimo Galli dell’ospedale Sacco, potrebbe essere il segnale delle nuove infezioni e potrebbe fare dei portatori, dei superdiffusori.

Andrea Consiglio poggiandosi sui dati di uno studio elaborato dall’Università di Palermo e pubblicato in questi giorni, avverte: seppure siamo lontani dai tempi di raddoppio pre lockdown quando al virus occorrevano 3 o 4 giorni per raddoppiare il numero dei contagiati…la tendenza alla maggiore carica virale e la costante presenza del virus, preoccupa…anche in vista della riapertura delle scuole e delle Università.

Per lui, la vita di tutti noi, è in gioco!!