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L’esame emocromocitometrico

L’esame emocromocitometrico

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di Mario Pollicita e Donato Mannina 

Nell’ambito della diagnostica laboratoristica ematologica l’esame emocromocitometrico riveste un ruolo fondamentale. Ogni giorno il medico, qualunque ruolo svolga nel sistema sanitario, si confronta con la sua lettura. Mettere in evidenza gli aspetti focali che esprimono le potenzialità diagnostiche di questo esame è di notevole importanza, non solo perché è un’indagine a basso costo, ma soprattutto per le informazioni che è in grado di fornire nel ragionamento diagnostico e clinico.

Il presente articolo ha lo scopo di tracciare una guida volta a migliorare la funzione di filtro che compete al Medico di Medicina Generale, per  distinguere i casi che ricadono nell’ambito delle cure primarie da quelle che necessitano di approfondimento ematologico o di altra disciplina specialistica.

Nell’emocromo è possibile distinguere indagini quantitative e qualitative. Fra le prime sono da annoverare la conta della componente corpuscolata del sangue, cioè delle emazie, dei leucociti, delle piastrine e dei reticolociti, nonché la determinazione dell’emoglobina, dell’ematocrito e il calcolo delle costanti eritrocitarie. Le indagini qualitative, invece, consistono nella osservazione degli aspetti morfologici dei globuli rossi, delle piastrine, dei leucociti e la formula leucocitaria.

Conta delle emazie

La conta delle emazie (RBC = Red Blood Cells) non è legata ad un range di normalità fissa, ma è legata ad una serie di variabili che possono influenzare non solo il numero degli eritrociti ma anche il contenuto emoglobinico. Queste sono costituite dall’età, dal sesso, dalla entità della attività muscolare, dalla altitudine.

Età. Il contenuto di Hb è sempre più elevato alla nascita, segue poi una caduta costante e progressiva che raggiunge il massimo verso il 2° – 3° mese, con diminuzione in misura minore anche del numero dei globuli rossi e dell’ematocrito con variabile grado di ipocromia. Questa condizione permane, in genere, per la prima infanzia, seguita successivamente da un aumento graduale sia dei globuli rossi che del contenuto emoglobinico fino a raggiungere alla pubertà valori prossimi a quelli dell’adulto.

Sesso. Mentre per l’uomo, dopo l’età puberale, vi è un successivo incremento, la donna si stabilizza sui valori raggiunti nell’età puberale.

Attività muscolare. Vengono registrati aumenti transitori fino a 500.000 globuli rossi/ml e 1,5 gr di Hb/dl.

Altitudine. Vengono registrati sia un aumento del numero di globuli rossi sia della quantità di Hb in rapporto inversamente proporzionale al grado di tensione di ossigeno.

La conta, un tempo eseguita direttamente al microscopio ottico in camera contaglobuli, previa un’esatta  diluizione del campione di sangue, viene ormai routinariamente effettuata con l’impiego dei contaglobuli elettronici.

Conta dei globuli bianchi

Nell’adulto di ambo i sessi, i valori normali dei globuli bianchi (WBC = White Blood Cells) sono compresi tra 4.000 e 10.000 per ml. Le variazioni fisiologiche del loro numero sono legate principalmente ad età, fattori individuali, esercizio fisico, assunzione di farmaci.

Età. Alla nascita si hanno valori elevati tra 12.000 e 26.000, ma già dopo 24 ore si verifica una brusca discesa e quindi un lento decrescere nella prima infanzia per raggiungere i valori propri dell’adulto intorno ai dieci anni di età. Una tendenza alla  riduzione si osserva nella vecchiaia.

Fattori individuali. Diversi individui presentano ritmiche variazioni del numero dei leucociti, pur mantenendo un quadro numerico costante, della durata di 14-20 giorni. Nella donna  si verificano cicliche oscillazioni legate al ciclo mestruale con leggera riduzione nella fase premestruale e tendenza all’elevazione durante il ciclo e nei giorni immediatamente successivi. Queste variazioni oscillano tra i 1.000 ed i 2.000 per ml. Un aumento costante e proporzionale nel tempo, invece, si ha durante la gravidanza con ulteriore incremento al momento del parto. Ed ancora ricordiamo un ritmo giornaliero di modesta entità con valori numerici più bassi al mattino e più elevati al pomeriggio.

Esercizio fisico. A seconda dell’intensità e della durata si possono realizzare aumenti notevoli dei globuli bianchi circolanti.

Stress. Sono stati osservati incrementi variabili verosimilmente in rapporto all’increzione di adrenalina.

Farmaci. Alcuni farmaci, come i cortisonici, possono determinare un aumento del numero dei leucociti circolanti secondario ad una maggiore dismissione in circolo dalla riserva midollare.

A carico dei leucociti si possono distinguere alterazioni sia quantitative (di gran lunga le più frequenti) che qualitative. L’aumento del loro numero nel sangue circolante oltre i 10.000/ml definisce la leucocitosi , mentre si definisce leucopenia  la loro diminuzione al di sotto dei 4.000/ml. Le variazioni del numero possono interessare qualsiasi elemento della serie: si ha infatti leucocitosi neutrofila  o granulocitosi neutrofila o neutrofilia in caso di aumento del numero dei granulociti neutrofili, mentre si ha leucopenia neutrofila o granulopenia neutrofila o neutropenia nel caso di una loro diminuzione. Allo stesso modo si avrà leucocitosi linfatica o linfocitosi quando si ha un aumento del numero dei linfociti e linfopenia quando si ha una loro diminuzione. Le variazioni numeriche degli altri elementi nucleati del sangue, consistenti generalmente in un aumento, vengono indicate con i termini di eosinofilia, basofilia,  monocitosi  a seconda che si voglia indicare un aumento rispettivamente degli eosinofili, dei basofili e dei monociti.

In alcune situazioni l’aumento  di una serie di globuli bianchi può essere dovuto non ad un loro aumento reale ma alla diminuzione dei leucociti di altre serie, in particolare dei neutrofili: si ha dunque un aumento relativo. Per accertare correttamente l’aumento di una serie di globuli bianchi è dunque necessario stabilirne il loro numero assoluto per ml.

Reticolociti

Sono cellule anucleate, diretti precursori del globulo rosso, a differenza del quale presenta una piccola quota di sostanza basofila (RNA-ribosomiale). E’ un importante indice della attività emopoietica midollare.

Piastrine

Anche le piastrine sono cellule anucleate, anzi sono frammenti di cellule, dal diametro particolarmente ridotto (1,5 micron). La loro presenza è non solo nel sangue circolante (per il 70%), ma anche nella milza (per il 30%). Intervengono nel processo emostatico attraverso reazioni sequenziali di adesione, aggregazione primaria e secondaria, consolidamento del coagulo e successiva retrazione.

Emoglobina

E’ la proteina quaternaria e coniugata presente all’interno dei globuli rossi. L’adulto ha un patrimonio emoglobinico polimorfo in quanto nell’adulto il 97-98% è costituito da HbA (alfa2 beta2), il 2-3% da HbA2 (alfa2 delta2) e l’1% da HbF. La diminuzione di essa è alla base di ogni stato di anemia indipendentemente dal numero dei globuli rossi. Inoltre, oltre alla emoglobina dosata in maniera assoluta, altre informazioni pervengono dal contenuto emoglobinico corpuscolare medio o MCH e dalla  concentrazione emoglobinica corpuscolare media o MCHC.

Interpretazione dell’esame emocromocitometrico nella pratica clinica

L’attenta interpretazione dell’emocromo può fornire al clinico di medicina generale o allo specialista di ogni campo preziosi elementi diagnostici e prognostici.

Per ragioni istogenetiche e funzionali, il sangue è in relazione con tutti gli organi ed apparati dell’organismo. Pertanto, le sue alterazioni rispecchiano ed influenzano la funzione di molti di essi. 

In patologia, le modificazioni della crasi ematica presentano alcune peculiarità. Una di queste è rappresentata dal fatto che, a volte, la medesima alterazione può essere espressione di una emopatia primitiva o di una patologia extraematologica. Conseguentemente, manifestazioni simili nella loro espressione, possono avere significato nosografico e risvolti terapeutici molto diversi. E’ quindi opportuno, che ogni medico sia in grado di riconoscerle, sia pure con differenti livelli di approfondimento.

Coinvolgimento di una o più filiere emopoietiche

Una emopatia maggiore  raramente si manifesta come alterazione unilineare, che coinvolge cioè solo una delle tre serie emopoietiche (leucociti, eritrociti e piastrine). Il riscontro di una anemia o di una eritrocitosi, associata a leucopenia o leucocitosi e/o piastrinopenia o piastrinosi deve sempre indurre il medico di medicina generale ad indirizzare il paziente dall’ematologo.

Entità dell’anomalia numerica

L’entità dell’anomalia numerica è un altro  importante criterio di orientamento. Un marcato incremento della conta leucocitaria (oltre 30.000/mmc) è quasi sempre espressione di una leucemia acuta o cronica. Quando non lo è, rappresenta una reazione leucemoide nei confronti di gravi patologie, spesso neoplastiche. Analogamente, un considerevole incremento della piastrinemia o dell’emoglobinemia e del valore ematocrito, generalmente è espressione di una sindrome mieloproliferativa cronica. Un’anemia marcata può essere provocata da un banale deficit di ferro, come accade spesso nelle giovani donne con ipermenorrea. Tuttavia, in linea di massima, un’anemia grave richiede un intervento tempestivo e, possibilmente, l’ospedalizzazione. Peraltro, non è vero il contrario:  una alterazione sfumata dei parametri emometrici non è sinonimo di condizione lieve. Essa può nascondere patologie ematologiche ed extraematologiche anche gravi.

Durata dell’alterazione

Altro importante segno è costituito dalla durata di una alterazione emometrica. Un fatto reattivo, come ad esempio una leucocitosi, un’alterazione della formula leucocitaria (linfocitosi, monocitosi, eosinofilia), una piastrinosi, un’anemia secondaria, hanno un decorso generalmente limitato nel tempo. Essi seguono nella loro evoluzione l’andamento dei segni e dei sintomi clinici della patologia cui sono associate. La loro persistenza, o, a maggior ragione, il loro progressivo incremento, devono far pensare ad una malattia ematologica.

Modalità d’insorgenza

Le stesse modalità di insorgenza dell’alterazione hanno un rilevante significato diagnostico. Una grave anemia che si instaura in pochi giorni riconosce sostanzialmente due possibili cause:

a) Un’imponente perdita emorragica (che non passa facilmente inosservata)

b) Una emolisi massiva.

In quest’ultimo caso si assoceranno i segni tipici dell’emolisi:

ipercromia urinaria

-iperbilirubinemia indiretta

-incremento dell’LDH

-incremento dei reticolociti nel sangue periferico.

Quadri patologici

Anemia

Il vero parametro che definisce una condizione anemica è rappresentato dalla concentrazione emoglobinica plasmatica, e non dal numero degli eritrociti, che, può essere normale o addirittura aumentato. In tal caso, infatti, i globuli rossi hanno un basso MVC,  sono cioè molto piccoli (microcitosi) e contengono poca emoglobina (ipocromia).

A parte quanto è stato detto, nelle condizioni anemiche, le ipotesi diagnostiche sono davvero numerose e variegate. Esse vengono classificate secondo diverse prospettive che considerino:

1) Le cause, cioè l’eziologia:

anomalie intrinseche dei globuli  rossi

– condizioni carenziali

– insufficienza renale con deficit eritropoietinico

– sostituzione o invasione midollare

– alterazioni immunitarie

2)   I meccanismi patogenetici:

ridotta produzione

– alterata maturazione

– ridotta sopravvivenza

3) I parametri eritrocitari: 

ipocromia e microcitosi  (carenze marziali e  sindromi talassemiche)

normocromia (forme ipo-aplastiche, forme emolitiche, forme associate ad emopatie clonali displastiche e neoplastiche)

macrocitosi (forme carenziali da deficit di vitamina B12 e/o acido folico).  Quest’ultima è strettamente correlata all’esame emocromocitometrico.

Assumono quindi particolare rilievo i parametri inerenti il rapporto tra il numero dei globuli rossi e l’emoglobinemia:

-Volume corpuscolare medio (MCV)

-Emoglobina corpuscolare media  (MCH) 

-Concentrazione emoglobinica corpuscolare media  (MCHC).

Altre importanti informazioni sono rappresentate da:

reticolocitosi periferica, che se ridotta, orienta per condizione iporigenerativa, se aumentata, per distruzione periferica.

sideremia e ferritinemia , che esprimono l’entità dei depositi marziali.

vitamina B12 e folati sierici, chepossono rivelare una condizione carenziale dovuta a carenza di fattore intrinseco da malassorbimento secondario a gastropatia atrofica autoimmune, parassitosi o neoplasie dell’apparato digerente. 

Ovviamente, vanno considerati anche gli altri parametri emometrici (leucociti, piastrine) e clinici (presenza di splenomegalia, linfoadenopatie e/o altre condizioni potenzialmente legate a malattie proliferative ematologiche o extraematologiche).

Eritrocitosi o poliglobulia

L’incremento del numero di globuli rossi, del valore ematocrito e della concentrazione emoglobinica plasmatica può essere espressione di una malattia mieloproliferativa. Tuttavia, essa deve indurre preliminarmente ad escludere:

-una condizione secondaria ad un’affezione respiratoria o cardiologica con conseguente ipossiemia

-un’aumentata increzione eritropoietinica compensatoria o paraneoplastica (tumori renali, epatici, angiomi cerebrali).

Alterazioni dei leucociti

La serie bianca subisce, nelle condizioni reattive, una modificazione di ordine numerico assoluto o relativo con conseguente sbilanciamento della formula leucocitaria.

– I neutrofili possono subire un incremento secondario a infezioni batteriche, neoplasie, traumi;  una riduzione sipuò osservare nelle virosi, malattie autoimmuni. La coesistenza di alterazioni morfologiche, rilevabili all’esame microscopico dello striscio, o la presenza nel sangue periferico di precursori granulocitari con vario grado di immaturità (mielemia) o altamente immaturi (blasti) è quasi sempre indice di emopatia primitiva cronica o acuta. In questa evenienza è necessario  un approfondimento in ambiente specialistico mediante l’esecuzione di un mieloaspirato e/o di una biopsia osteomidollare, seguiti da indagini immunofenotipiche citogenetiche e molecolari. Una profonda neutropenia, specie se associata a marcata riduzione numerica degli eritrociti e delle piastrine può essere espressione di una aplasia midollare, condizione che riconosce plurime cause e prognosi assai severa.

– I linfociti, sono  le cellule della serie bianca funzionalmente più complesse per il ruolo che svolgono nel sistema immunitario. In questo settore, non solo è rilevante l’incremento assoluto ed il dato morfologico, ma anche e soprattutto il rapporto tra le varie sottopopolazioni linfocitarie. Queste sono identificabili mediante uno studio immunofenotipico del sangue periferico. Il sospetto di una sindrome proliferativa cronica potrà essere comunque confermato dall’esame obbiettivo e/o da un approccio strumentale di primo livello: il riscontro di linfomegalie superficiali o profonde e/o di splenomegalia deporranno in favore di tale sospetto diagnostico. 

Alterazioni delle piastrine

Le alterazioni numeriche piastriniche isolate, se marcate, sono frequentemente espressione di problemi immunologici. Si riscontrano spesso nella pratica clinica da quando la conta piastrinica è diventata parte integrante dell’esame emocromocitometrico per l’avvento dei contaglobuli elettronici. Le piastrinopenie acute sono frequenti nel bambino, spesso dopo episodi virali, e nella maggior parte dei casi si risolvono anche spontaneamente o dopo breve terapia steroidea. Nell’adulto l’andamento è spesso variabile, a volte assumono una chiara tendenza alla cronicizzazione. In una minoranza dei casi,  sono refrattarie a molte linee terapeutiche (steroidi, immunosoppressori, immunoglobuline ad alte dosi, splenectomia).

Comunque una piastrinopenia, per quanto detto sopra, può anche essere espressione di gravi emopatie e pertanto richiede sempre un inquadramento specialistico ematologico.

Il riscontro di piastrinosi o trombocitosi  reattive riconosce cause simili alle leucocitosi reattive. Spesso obbliga all’effettuazione di numerose indagini strumentali (rx torace, ecografia addome, esami endoscopici, visita ginecologica o urologica) volte ad escludere una piastrinosi secondaria. Le forme, persistenti  per più di sei mesi e tendenzialmente ingravescenti, sono spesso primitive, clonali (trombocitemie essenziali). E’ oggi possibile confermare la clonalità di tali condizioni con moderne tecniche di biologia molecolare volte ad indentificare specifiche mutazioni genetiche acquisite. Sono appannaggio dell’età adulta e anziana e richiedono una terapia antiaggregante; se la piastrinosi è marcata, è necessario anche un trattamento citoriduttivo per l’incremento del  rischio trombotico, specie per la frequente concomitanza di vasculopatie polidistrettuali correlate all’età.

Un quadro composito di trombocitosi, variamente associata a leucocitosi e/o poliglobulia pone il problema diagnostico differenziale con le altre principali sindromi mieloproliferative croniche con notevoli implicazioni prognostiche e terapeutiche:

-La policitemia vera (M. di Vaquez), quasi sempre associata alla mutazione di un gene denominato JAK2, che presenta un profilo di rischio sostanzialmente analogo alla trombocitemia essenziale ma in cui spicca (a volte isolatamente)  l’incremento dell’emoglobinemia e del valore ematocrito, e che vede nel salasso periodico il suo cardine terapeutico;

-La leucemia mieloide cronica, oncoemopatia a prognosi ben più severa, la cui conferma diagnostica richiede altresì specifici approfondimenti molecolari. Ormai disponiamo per questa emopatia di trattamenti mirati con farmaci che agiscono specificamente sull’alterazione molecolare patogenetica che hanno letteralmente stravolto positivamente la prognosi di questa malattia;

-La mielofibrosi idiopatica, che si associa assai spesso a splenomegalia anche di grado estremo, caratterizzata da un decorso alquanto variabile ma che a tutt’oggi, nonostante la disponibilità di nuovi approcci farmacologici in grado di migliorarne alquanto il decorso, presenta quasi sempre una prognosi severa a lungo termine, tranne in casi selezionati candidabili a procedura trapiantologica.

Questa sommaria sintesi, dimostra come, nonostante la complessità dei quadri nosologici sottesi, una semplice anomalia del quadro emocromocitometrico possa consentire  un generico ma tempestivo inquadramento diagnostico già a livello ambulatoriale e/o domiciliare. Ne consegue la possibilità di razionalizzare l’impiego delle risorse, migliorare la qualità di vita dei pazienti ed affinare l’appropriatezza delle procedure diagnostico-terapeutiche.