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Il neonato – Le sue sensazioni e l’inizio delle relazioni

Il neonato – Le sue sensazioni e l’inizio delle relazioni

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di Emidio Tribulato

LE PRIME SENSAZIONI

Alla nascita i sensi del neonato sono sviluppati quasi completamente, anche se egli non è ancora in grado di riconoscere gli oggetti e le persone in quanto tali, né ha la coscienza di sé come entità distinta dall’altro. Per Piaget inizia, con la nascita, una rivoluzione copernicana: ‹‹Mentre al punto di partenza di questo sviluppo il neonato riferisce ogni cosa a sé, o meglio al proprio corpo, al punto di arrivo, cioè quando hanno inizio il pensiero ed il linguaggio, si colloca praticamente come elemento o corpo fra gli altri, in un universo che ha costruito a poco a poco, e che sente ormai come esterno a sé ››.1 Pur non potendo conoscere direttamente la vita psichica di un neonato, possiamo verosimilmente immaginarla come un susseguirsi di sensazioni ed impressioni che si sovrappongono le une alle altre in modo caotico e confuso, a causa delle scarse capacità del sistema nervoso di recepire, selezionare, comprendere e gestire al meglio le informazioni in arrivo.

Alcune di queste sensazioni, come quelle tattili, termiche, uditive, olfattive, provengono dal mondo esterno a lui.

Procurano sensazioni tattili i suoi vestitini, la stoffa della culla, l’acqua del bagnetto, il corpo della madre e delle persone che hanno cura di lui. Pertanto il dialogo tonico – emozionale, già presente nella fase prenatale, prosegue dopo la nascita. Queste sensazioni possono essere piacevoli, nel momento in cui il bambino si sente accolto, accarezzato, baciato, oppure sgradevoli se le mani e le braccia che lo manipolano sono tese, rigide, tremanti, incerte, scarsamente accoglienti e morbide, o peggio rifiutanti, violente o aggressive.

Il bambino riceve sensazioni termiche dal tepore del seno o del corpo della madre e delle persone che hanno cura di lui, ma anche dall’acqua del bagnetto e dall’ambiente dove vive.

Avverte sensazioni uditive ascoltando il battito del cuore della mamma mentre viene allattato, o udendo le parole di lei, i rumori e i suoni dell’ambiente.

Percepisce sensazioni olfattive che provengono dall’odore della madre, dei familiari, del latte, dei prodotti per la pulizia sua e della stanza.

Avverte sensazioni cenestesiche quando viene cullato, manipolato, spostato, o quando, chi è vicino a lui, gioca con le sue manine e con i suoi arti.

Le sensazioni interne provengono, invece, dal suo organismo: dalla pelle irritata, dal suo respiro, dai borbottii e dalle altre contrazioni dell’addome, dal battito del suo cuore.

Certe percezioni sono dolorose o sgradevoli e provocano tensione e bisogno che qualcuno provveda ad eliminarle, mentre altre sono piacevoli e gradevoli ed il neonato vorrebbe che non finissero mai, in quanto gli procurano un senso di benessere. Tutte queste sensazioni non sono però nette e chiare ma confuse ed incerte. Il neonato ancora non sa, non capisce da dove vengono e perché vengono, in quanto non le ha ancora interpretate, definite e catalogate. L’adualismo nel quale egli vive, così ben descritto dal Piaget, gli rende impossibile distinguere il suo mondo interiore da quello esterno, l’Io dal non Io. Allo stesso modo ancora non esistono, a livello di coscienza, il tempo e lo spazio, né vi è causa ed effetto o relazioni

di qualsiasi genere. Per il neonato esiste soltanto una specie di adesso, indifferenziato al quale il bambino non si può sottrarre (Osterrieth, 1965.2

Quando dorme, e il bambino neonato dorme per la maggior parte del suo tempo, le sue impressioni sono ancora più vaghe e confuse (Osterrieth, 1965).3 Ciò può spiegare, almeno in parte, i suoi trasalimenti, durante il sonno, le sue precoci paure, i suoi scoppi di pianto improvvisi, e per noi immotivati.

L’INIZIO DELLE RELAZIONI

Pur tuttavia, ben presto, dopo questo primo momento indifferenziato, inconsistente e fluttuante, la ripetizione frequente di un certo numero di situazioni identiche: bisogno di nutrizione, pulizia, rumori e odori specifici come quelli preparatori alla poppata, alla pulizia o al bagnetto, sensazioni uditive come le costanti parole della madre e degli altri familiari al suo cospetto, nonché le carezze, i baci e le coccole rivolte a lui; tutte queste situazioni che si ripetono nel tempo innestano rapidamente un inizio di organizzazione per cui, da quel momento in poi, la vita extra-uterina si alimenta, si costruisce e vive nelle e delle relazioni. La relazione con l’ambiente esterno a lui è fondamentale non solo per accrescere esperienze e cultura ma è indispensabile per la formazione stessa dell’Io e per la crescita sana ed equilibrata del futuro uomo o donna.

Elemento base della relazione è la comunicazione, tra lui e la madre-mondo.

Per De Pinto ( 2004) ‹‹Quando il bambino scopre che esistono altre menti oltre la sua, costruisce il campo della relazione intersoggettiva che include, oltre alla presenza fisica, anche stati soggettivi di emozioni, sentimenti, motivazioni ed interazioni. In questo campo intersoggettivo si sviluppa la capacità di leggere gli stati mentali dell’altro, di conformarsi, di allinearsi, sintonizzarsi con essi (o il contrario)››.4

Poiché il neonato è solo un candidato alla condizione umana: il bambino ancora “incompiuto” procederà nella propria formazione psichica e corporea e andrà provvedendosi dei mezzi di adattamento a contatto dell’universo sociale e materiale nel quale si trova prematuramente immesso, rispondendo a condizioni necessariamente incerte e variabili. Non disponendo di meccanismi belli e fatti, è costretto a fabbricarseli (Osterrieth, 1965).5 Il suo tirocinio per diventare adulto è lungo, in quanto il livello da conseguire da adulto è notevolmente complesso ed evoluto.

L’infanzia è allora il periodo necessario al “divenire umano” dell’individuo. È l’apprendistato che porta alla piena maturità umana. Da qui la necessità, per l’essere umano che ha la caratteristica di essere molto complesso, di una lunga infanzia; da qui la sua debolezza ma anche la sua ricchezza e le possibilità quasi infinite di adattamento (Osterrieth, 1965).6

Il bambino è dunque un “animal educandum”, un essere che reclama l’educazione, come ha giustamente sottolineato Langeveld, poiché senza di essa non può divenire adulto. Pertanto non si prenderà mai troppo seriamente l’infanzia, e quindi l’educazione (Osterrieth, 1965).7


1 PIAGET J. , Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1964, p. 17

2 OSTERRIETH P. A. Introduzione alla psicologia del bambino, Op. cit., p. 48.

3 OSTERRIETH P. A., Introduzione alla psicologia del bambino, Op. cit., p. 49.

4 DE PINTO L., Conversare tra noi lungo il cammino, in “Consultori familiari oggi”, numeri 2-3, anno 12, 2004, p. 13.

5 Cfr. OSTERRIETH P. A., Introduzione alla psicologia del bambino, Op. cit., p. 28.

6 Cfr. OSTERRIETH P. A., Introduzione alla psicologia del bambino, Op. cit., p. 28.

7 Cfr. LANGEVELD in P., A., OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Op. cit., p. 29