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Questioni di lingua: trentatreesimo appuntamento

Questioni di lingua: trentatreesimo appuntamento

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di Carmelo Micalizzi

IL NOME GIAMPILIERI.

 MITOLOGEMA DI UN SASSO

(prima parte)

Abstract: Il nome “Giampilieri” è suggestivo per la convergenza di letture che rimandano alla “Pietra di San Paolo” di Briga marina: il significato tautologico di sasso /pilastro”; la tradizione dello sbarco e della predica di San Paolo; le tracce nella contrada dei Cavalieri di Malta legate al culto dell’apostolo; l’identificazione di una statio maritima sul litorale di Briga; la presenza di un cippo miliare a dieci miglia, diecimila passi doppi romani, sulla strada consolare a meridione di Messina.

La lettura del toponimo Giampilieri, primo villaggio a meridione della cinta municipale messinese, è ricondotta da Girolamo Caracausi1 all’arabo ağar e al siciliano pileri.

L’origine semitica del prefisso Giam ha conferma nel toponimo arabo ağar abī alīfah, ‘il sasso di Abu Halifah’, citato da Edrisi2 e proposto da Michele Amari3 con riferimento alla località di Giampilieri. Hagar è termine arabo che traduce ‘pietra, sasso, masso’4 e che, in tale accezione, costituisce il primo elemento di diversi nomi di luogo pertinenti a numerosi documenti arabo-siculi, oggetto di introspezioni glottologiche da parte di A. Kazimirski5, di G.B. Pellegrini 6 e dello stesso Caracausi7. Sono paradigmatici, ad esempio, alcuni toponimi siciliani8 come ‘Giancani’, ağar qānī, ‘la pietra rossa’, il tautologico ‘Giampietra’, ağar petra, ‘Gianforma’, ağar furmah, ‘la pietra del canale’, ‘Giangargano’, ağar karawan, ‘la pietra della pernice’, ağar al matqub,‘la pietra forata’, calco di “Pietraperzia”, municipio ennese.

Pileri è termine siciliano, dall’antico francese piler9, mutuato dal sostantivo neutro del tardo latino pilare-is, che significa ‘pilastro’, ‘colonna’, ‘stele’, ‘cippo’, ‘termine’ , ‘contrassegno di confine’, come indicato dai principali vocabolari dell’isola: da quelli più antichi di Lucio Cristofaro Scobar (1519), pila-ae, stylum-i, stela-ae10 e di Michele Pasqualino (1785), lo stesso che pilastru, sicut a pila ita ab eadem pilarium, pilerium, pileri11, a quello più recente di Giorgio Piccitto (1990), pietra di confine, pilone12, che per la concorde evidenza esegetica si esime da ulteriori dettagli. Giovanni Alessio nel Dizionario Etimologico Italiano13 individua ancora l’origine siciliana e la lettura di pilastretto, ciglione, mentre il toponimo Pileri è documentato dal Caracausi che lo riconduce al siciliano pileri: poche pietre sovrapposte una sull’altra come segnale di confine tra due campi o tra due feudi, pilastro, pilone14

Salvatore Bottari15 ha avanzato una propria congettura sul toponimo Giampilieri, da lui riferito alla persona di tale Giovanni (Gian) Pileri, proprietario di un mulino, il cui nome, a decorrere dal 1409, compare in atti d’archivio legato al casale fino ad allora forse chiamato Mallimachi. Simile ipotesi era già stata avanzata dal prelato Giovanni Bottari16 che riconosceva in quello stesso Giovanni Pilieri un adepto dei Cavalieri di Malta, anzi il ’piliere’ di una delle otto classi o ‘lingue’ di tale Ordine, che avendo possedimenti nella contrada, ne avrebbe determinato il nome. Con il titolo araldico ‘Piliere’ veniva in effetti indicato, nel XVI secolo, ciascuno dei capi o priori delle otto nazioni o provincie linguistiche in cui era suddiviso l’Ordine dei Cavalieri di Malta: Italia, Francia, Provenza, Alvernia, Aragona, Castiglia e Leon, Germania e Inghilterra. Il citato Giovanni Pilieri, vissuto tra la fine del ‘300 e gli inizi del ‘400 – stando agli atti da cui il nome viene transunto – non poteva comunque essere un Cavaliere di quell’Ordine che prese possesso delle isole maltesi, per donazione di Carlo V, il 24 marzo 1530, e che precedentemente era noto come Ordine dei Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, con sede, fino al 2 gennaio 1522, nell’isola di Rodi. Il nome, oltretutto, non compare in alcuno degli oltre duecento diplomi raccolti agli inizi del ‘600 dal messinese Antonino Amico regio storiografo e canonico della Chiesa Metropolitana di Palermo legati al manoscritto Il Priorato messinese e l’ospedale e casa dei militi di S. Giovanni di Gerusalemme17. La lettura etimologica dei due Bottari, che non tiene inoltre conto del passo di Edrisi illustrato da Michele Amari, della scheda del Caracausi pubblicata nel 1993 e assolutamente priva – come dagli stessi autori segnalato, di documenti storici specifici – continua tuttavia ancora oggi ad essere riproposta dalla bibliografia sul territorio e in tale senso diffusamente citata18. Ė pure noto che il siciliano Pileri è spesso utilizzato nel linguaggio popolare anche nel senso figurato di ‘persona giovane e aitante’ e con tale significato è infatti registrato come soprannome19 e come cognome20.  Al Giovanni Pilieri di cui sopra si aggiunge, ad esempio, la lettura di tale Tommaso Pilieri, segnalato da D. Vendola in un atto d’archivio del 132421.

Placido Samperi ci informa sull’antico e fervido culto dei messinesi per la Madonna del Piliere e sull’origine di questo titolo devozionale raccontando come

Verso l’anno del Signore 1400, mentre si riparava la muraglia […] al palazzo Reale, nel diroccare del muro vecchio, in un pilastro di quella fabbrica si scoperse una bellissima immagine della Madonna22.

Lo storico gesuita descrive altresì il culto per un’altra vetusta icona mariana chiamata, per essere distinta dalla precedente, la Madonna del Pilerrello:

Fuori dalle mura della Messina antica, verso la parte meridionale, v’erano molte chiese, le quali erano chiamate del Camposanto […], fra quelle ve n’era una molto antica dove si riveriva una sacra immagine […] nomata Madonna del Piliere per essere assisa sopra un piliere23.

Tornando alla lettura del nome Giampilieri con i suoi rimandi al ‘sasso di Abu Halifah’ e al ‘piliere’, si coglie come il Caracausi non avverta la necessità di indagare sul territorio la chiave ontologica di questi due riferimenti. Tale proposizione non sorprende, considerando l’enunciato del Pellegrini in un convegno di toponomastica:

il nome di luogo o toponimo ha la funzione primaria di “identificazione” […]. Non interessa fondamentalmente se esso “significhi”, cioè se è fornito di un senso, ed infatti la maggior parte di codesti “nomi propri” rimane oscura nel significato al comune locatore ed anche alle persone che vi abitano o che hanno contatti diurni con tali località […]24.  

Il passo di Edrisi descrive la strada litoranea percorsa da chi risale la costa ionica verso Messina. Quel ‘Sasso di Abu Halifax’, che per l’Amari riconosce il litorale di Giampilieri, identifica ‘la marina di San Paolo, puntualizzata di recente come ‘Briga marina’, borgo strutturatosi intorno alla ‘Cala di San Paolo’. Eccone la descrizione che ne fa Camillo Camilliani nel maggio 1584:

Il fiume di Gionpiliere nasce lontano dal mare circa un miglio e mezo da un fonte molto copioso, però l’acqua d’esso è molta poca d’estate, anzi nei tempi più caldi apena si conduce al mare. Siegue appresso lo spazio di poco più di mezo miglio la foggia di Pezolo, qual nasce lontano dal mare circa quattro miglia da un fonte molto copioso, qual tutto l’anno è continuo, sichè sei galeotte potriano commodamente pigliarne il lor bastevole. Di quivi poi s’alza il monte chiamato di San Paolo, donde al lido fa una punta molto arenosa et istesa in mare talchè, sporgendosi anco il monte, s’è designato farsi una torre, qual sarà molto comoda e sicura per la guardia […]. Calando a basso il monte e scorrendo per mezo miglio, si trova un torrente il quale nasce da un fonte lontano dal lito circa tre miglia, chiamato di Santo Stefano […]25.

Il Camilliani, nella ricognizione del litorale siciliano e nella rivisitazione delle più antiche torri nel progetto di una più efficace difesa costiera dell’isola, rileva le peculiarità geomorfiche di quel tratto di spiaggia annotando la presenza di una punta arenosa, di un fondale anch’esso sabbioso e di un torrente che scorre tutto l’anno facendo capo ad un fonte molto copioso qual tutto è continuo – che spiega il significato del toponimo Calonerò: ‘dalle acque belle e buone’ – bastevole all’approvvigionamento di acqua potabile per l’equipaggio di sei “galeotte”.  

Questo luogo è profondamente radicato nella memoria popolare peloritana per la tradizione dello sbarco dell’apostolo Paolo, reduce da Malta e da Siracusa, presso il litorale a sud di Messina che sarebbe avvenuto nel 61 d. C. durante la navigazione del Santo da Cesarea a Pozzuoli.

Non è opportuno in questa sede affrontare la parte storica con i certi ancoraggi nelle città di Siracusa e Reggio Calabria trascritta da Luca negli Atti degli Apostoli26 con una narrazione circostanziata, quasi diaristica fino all’esperienza maltese e poi improvvisamente concisa, essenziale nel successivo tratto fino a Pozzuoli. Non è d’altronde utile, qui, cercare di definire le importanti tematiche sul sorgere di molti centri di culto, diversi dalle storiche città-scalo di altri possibili sbarchi e predicazioni, legati alla memoria. Si accenna soltanto che la tradizione messinese della predicazione di San Paolo sulla spiaggia di Briga marina – sostanziale per Messina poiché è propedeutica al culto della Madonna della Lettera – non può essere definita e archiviata soltanto come una semplice leggenda.

Sono in tale senso paradigmatici oltre che una passione apocrifa dei Santi Pietro e Paolo ritrascritta nel IX secolo, anche la valutazione topografica e geomorfica della ‘Cala di San Paolo’, documentata statio maritima sul litorale ionico – la punta molto arenosa ed istesa in mare del Camilliani – nel contesto sia del noto alternarsi delle correnti del fretum, sia della logica di un approdo per chi navigasse da Siracusa a Reggio, alla marina di Calamizzi.

Ė inoltre indicativo il compendio della memoria messinese raccolta da Ottavio Gaetani e pubblicata postuma nel 1708 nell’ambito di quei luoghi che vantano la visitazione di San Paolo. Scrive il dotto gesuita come

La nave di Paolo dopo che si allontanò da Siracusa passò ancora lungo il litorale della Sicilia, nella costa tra Taormina e Messina dove ora sorge un altare consacrato all’apostolo Paolo27.   

Ė rilevante pure la stratificata toponimia dedicata a San Paolo nella contrada di Briga marina. Sono questi elementi che strutturano una mitografia ancora tutta da giustificare e da comprendere meritevole di una adeguata introspezione.

Ė pure vero che, in tema di radici del cristianesimo, alla penuria di fonti antiche autentiche e credibili fa spesso generico riscontro una ricca produzione agiografica altomedievale talora destituita di ogni fondamento e mirante a conferire una patente di antichità e apostolicità a molte chiese. Si tratta di una produzione riconducibile ad una comune tipologia non solo compositiva, ma anche di situazioni ed eventi, da sottoporre ad analisi attenta per potervi distinguere gli elementi storici, nel caso che ve ne siano, da quei contributi puramente fantastici. Gli uni e gli altri hanno comunque alimentato nel corso dei secoli un fortunato filone storiografico di stampo municipalistico che ha contribuito a nobilitare le origini cristiane di paesi e città, correlandole alla frequentazione di apostoli, santi, martiri28. Ne sono venute fuori ricostruzioni ricche e articolate, che, pur non documentate, sono entrate nella coscienza popolare e hanno finito col caratterizzare l’identità storica e religiosa di determinate aree geografiche regionali e urbane.  

Ciò che più interessa in questa circostanza è tuttavia soltanto l’aspetto ontologico della tradizione popolare messinese che nel racconto dello sbarco di Paolo di Tarso annota la presenza di un “sasso” sul quale sarebbe salito il Santo, paulus, ovvero “piccolo di statura” per potere meglio predicare.

A ‘Cala San Paolo’, prospiciente gli attuali ruderi della chiesa settecentesca dedicata al Santo, epigona di altra chiesuola di fondazione cinquecentesca e retaggio di una possibile più antica edicola o Memoria, si erge un masso granitico di forma conica tronca, alto circa un metro che si presenta accuratamente sbozzato, levigato su tre lati e al vertice e scheggiato sul fronte strada. Il masso, sormontato da una semplice croce in ferro infissa nei primi anni ’60 del secolo scorso e, a dire della gente del posto, incassato nel terreno per un metro ancora, è quello su cui, per tradizione, predicò il Santo29.   

Secondo Strabone (Geografia, V, 3, 8) l’uso di segnalare con regolarità la strada percorsa o quella da percorrere fu una innovazione romana ufficializzata e resa obbligatorio nel 133 a. C. con la lex Sempronia viaria C. Gracco (Plutarco, Caio Gracco, 7). Le distanze venivano indicate su grandi cippi di pietra (miliaria), per lo più di forma cilindrica, alti fino a tre metri e con un diametro di 60/80 centimetri, conficcati nel terreno a lato della strada. Una cifra, preceduta talora dalla sigla MP, iniziali di milia passuum, indicava la distanza in miglia (un miglio romano equivale a mille passi doppi ovvero a 1.481,5 metri) dal punto di inizio della via o dalla città più vicina30.          

   (Segue)

NOTE

1 G. CARACAUSI, Dizionario Onomastico della Sicilia. Repertorio storico-etimologico di nomi di famiglia e di luogo, vol. I, Palermo 1993, p. 710 

2 L’Italia descritta nel «Libro di Re Ruggero» compilato da Edrisi, testo arabo pubblicato con versione e note da M. Amari e C. Schiapparelli in «Atti dell’Accademia dei Lincei», 274, 1876-1877, serie II, 8, Roma 1883, pp. 1-156, 67

3 Biblioteca arabo-sicula, raccolta da M. Amari, Versione italiana, Roma-Torino 1880-1881, p. 127

4 H. WEHR, A dictionary of modern written arabic (Arabic-English), Wiesbaden 1979, p. 185     

 5 A. DE BIBERSTEIN KAZIMIRSKI, Dictionnaire arabe-francais, nuova ediz. Paris 1940, vol. I, P. 381

6 G. B. PELLEGRINI, Gli arabismi nelle lingue neolatine, con speciale riguardo all’Italia, Brescia 1979, pp. 298-300

7 G. CARACAUSI, Arabismi Medievali di Sicilia, Palermo 1983, p. 155

8 G. CARACAUSI, Dizionario […], cit.: cfr. i toponimi siciliani Giancani, Giampietra, Gianforma, Giangargano e Pietraperzia    

9 G. CARACAUSI, Stratificazione della toponomastica siciliana, in La toponomastica come fonte di conoscenza storica e linguistica.  Atti del Convegno della Società Italiana di Glottologia (Belluno, 31 marzo – 1-2 aprile 1980), Pisa 1981, pp. 107-144, 126 

10 L. C. SCOBAR, Vocabolarium Nebrissense ex siciliensi sermone in latinum traductum, Venezia 1519, alla voce “Pileri”; Il Vocabolario Siciliano-Latino di Lucio Cristofaro Scobar, moderna ediz. a cura di A. Leone, Palermo 1990, p.209 

11 M. PASQUALINO, Vocabolario Siciliano Etimologico Italiano e Latino, Palermo 1785, vol. IV, p. 105

12 G. PICCITTO, Vocabolario Siciliano, diretto da G. Tropea, vol. III, Palermo 1990, pp. 751-752

13 C. BATTISTI-G. ALESSIO, Dizionario Etimologico Italiano, Firenze 1975, vol. IV, p. 2921

14 G. CARACAUSI, Dizionario […], cit., vol. II, p. 1231

15 S. BOTTARI, Il casale Mallimachi (secc. XIV-XV) in «Archivio Storico Messinese», III serie, XXXIII, 1982, pp. 215-230

16 G. BOTTARI, La parrocchia di Giampilieri, Padova 1973, p. 11: “La tradizione popolare vuole che tale Giovanni Piliero abbia fatto sorgere attorno al suo molino un villaggio, che da lui prese nome. Non trovandosi documenti storici specifici in merito si potrebbe accogliere l’ipotesi che la denominazione derivi dal cavaliere di Malta Giovanni Pilier. A tal proposito il dizionario francese del Littrè riferisce che Pilier era un nome dato nell’antico Ordine di Malta ai capi delle otto classi o «lingue» che lo componevano. Il nostro Giovanni Piliero era forse capo di una di queste otto classi dell’Ordine di Malta, come suggerirebbero chiese (l’attuale S. Maria delle Grazie, già per tradizione dedicata alla Santa Croce) e festività (quella dell’Invenzione della S. Croce) di evidente influenza di detto Ordine maltese”. Prescindendo dall’ipotesi di un Giovanni Pilieri proprietario di un mulino nel 1409 e quindi impossibile adepto – per i motivi che si argomentano nel testo – dei Cavalieri di Malta, spiccano comunque le diffuse tracce del prestigioso Ordine cavalleresco nelle vallate di Giampilieri e di San Placido Calonerò meritevoli di una puntuale introspezione e che rinvigoriscono pertanto la tradizione popolare dello sbarco e del culto di San Paolo radicati in quei borghi

17A. AMICO, Diplomata litterae, etc. ad sacram domum militum S. Iohannes Hierosolomitani et Militum Templarium pertinentia, copia manoscritta del secolo XVII, Palermo, Biblioteca Comunale, Qq-H-12; C. MARULLO DI CONDOJANNI, La Sicilia e il Sovrano Ordine Militare di Malta, Messina 1953, pp. 91-146   

18 G. FOTI, Storia, Arte, Tradizioni nelle Chiese di Messina, Messina s.d., pp. 49-51  

19 G. PICCITTO, Vocabolario…, cit., p. 751

20 Il cognome ‘Pileri’ è presente, in particolare, a Palermo, Catania, Caltanissetta e Scicli (Rg)

21 D. VENDOLA, Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Apulia-Lucania-Calabria, Città del Vaticano 1939

22 P. SAMPERI, Iconologia della Beata Vergine Madre di Dio protettrice della città di Messina, Messina 1644, lib. I, p. 121 

23 Ibidem, p. 255

24 G. B. PELLEGRINI, Panoramica di toponomastica italiana, in Toponomastica calabrese, a cura di J. Busset Trumper, A. Mendicino, Roma 2000, p. 11

25 M. SCARLATA, L’opera di Camillo Camilliani, Roma 1993, p. 339

26 LUCA, Atti degli Apostoli, cap. 28, 11-12-13

27 OTTAVIO GAETANI, Isagoge ad historiam sacram. Opus posthumum et diu expetitum. Nunc primum prodit cum duplici indice, Palermo 1708, c. 22: “Paulina navis postquam Syracusis solvit ora maritima praetervecta, rursum in litus intra Tauromenium et Messanam, ubi nunc Aedes est Paulo Apostolo sacra”

28 Sicilia et Italia suburbicaria tra IV e VIII secolo, a cura di S. Procopio, F. Rizzo Nervo, T. Sardella, Soveria Mannelli 1991, pp. 46-47

29 si coglie l’occasione di segnalare – se non altro per l’analogia con il “masso di San Paolo” che nella riserva naturale dei Calanchi di Atri, in provincia di Teramo è presente un monolite di forma cilindroide infisso per almeno un metro nel terreno che chiamano “la pietra di San Paolo”. Il reperto, legato ad una tradizione taumaturgica, era nei tempi remoti protetto da una semplice capanna di recente sostituita da un’edicola in muratura. Identificata come una possibile antica ara devozionale o come un cippo miliare d’epoca romana, la pietra è legata, nella memoria popolare, alla agiografia paolina e rappresenterebbe il rocchio su cui subì il martirio per decapitazione a Roma, nel 67 d.C., l’apostolo Paolo. La “pietra di San Paolo” dei Calanchi di Atri, per l’aspetto monolitico, per la possibile funzione di cippo miliare e, soprattutto, per i segni che la legano all’apostolo Paolo, è accostabile al “masso di San Paolo di Briga marina

30 M. L. GUALANDI, Strade, viaggi, trasporti e servizi postali in La Sicilia nello spazio mediterraneo in età romana: società, vie di comunicazione, commerci e industrie, flotte e pirati, parte II. Gli studi moderni, antologia di documenti e testi a cura di L. De Salvo, L. Di Paola, V. Aiello, Università degli Studi di Messina, Dipartimento di Scienze dell’Antichità, Cattedra di Storia Romana, anno accademico 2000 -2001, Messina 2002, p. 106  

Carmelo Micalizzi

C. MICALIZZI, Il nome Giampilieri. Mitologema di un sasso in “I Pilieri”. Quartiere I° a cura di G. Molonia-N. Principato, Messina 2003, pp. 145-174;

C. MICALIZZI, La leggenda di Giovanni Pilieri Cavaliere di Malta e proprietario di un mulino in Frammenti e Memorie dell’Ordine di Malta nel Valdemone a cura di C. Ciolino, Messina 2008, pp. 393-401.