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Il rapporto medico paziente nell’era che diventa sempre più digitale

Il rapporto medico paziente nell’era che diventa sempre più digitale

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  di Antonino Arcoraci

        Viviamo in un mondo che cambia, che porta a tenere sempre più in conto la innovazione tecnologica, che impone formazione, adattamento, che rivisita in maniera innovativa il metodo clinico e cambia il rapporto medico paziente; lo arricchisce nell’etica, nell’epistemologia, soprattutto nella metodologia e nella tecnologia.

        Oggi, le tecnologie mobili (servizi digitali, mobile health, telemedicina e Internet of Things), sono sempre più diffuse in campo sanitario; sono in continuo evolvere, subiscono il continuo processo di aggiornamento e sono entrate a pieno titolo, nel rapporto medico-paziente. Lo modificano, qualcuno dice lo reinventano. Si, lo reinventano perché non parte dal nulla, al contrario, parte da un patrimonio culturale e pratico che, senza perdere il contatto anche fisico tra il medico e il paziente, aggiunge quanto “l’era digitale” mette a disposizione.

        Le vuole il S. S. N. per adeguarsi ai tempi, per rendere più snelli ed efficienti i servizi e le infrastrutture, per facilitare il lavoro del personale sanitario e soprattutto per aiutare il rapporto medico-paziente. 

        Le vuole la Commissione Europea, il Parlamento Italiano che, nel rispetto delle necessità dei cittadini, spingono per una sanità digitale o elettronica portata a migliorare l’organizzazione sanitaria, amministrativa e medica.

        Le vuole l’OMS per un e-Health capace di fare interagire i pazienti con i servizi sanitari, di trasmettere i dati alle varie istituzioni, di comunicare con i pazienti, con i professionisti e di metterli nella condizione di interloquire tra di loro.

        Le vuole il sistema Peer-to-peerin cui l’Utente è motore e spinta del servizio innovativo e nello stesso tempo il fruitore.

        Le vuole il Medico convenzionato dell’A. S. P..

        Le vuole l’utente del servizio, perché, sempre più istruito e sempre più curioso, desidera accedere alle informazioni sul caso clinico, spera di essere orientato nella cura, addirittura di essere facilitato nell’acquisto dei farmaci. Egli sposta la sua fonte di informazione dal medico convenzionato o di sua fiducia, a una fonte più larga, che considera più aggiornata ed esaustiva. 

        Le sostanzia il Recovery Plan, che assegna 20,2 miliardi per ridisegnare il modello di assistenza e di ammodernamento del SSN.

        Non si chiude un’epoca per aprirne un’altra, ma la innova nella continutà e si mette a servizio del medico e del malato per migliorare il “prima”, per renderlo più semplice, “digitalizzato”, pur lasciandolo egualmente empatico.

        La digitalizzazione nella pratica medica e nell’era dei social, interessa sia il medico, perché gli rafforza la fiducia e lo facilita nella professione, sia il paziente, perché lo mette, anche a distanza, nella condizione di sentire, di vedere in faccia il medico, di guardarlo negli occhi e ascoltarlo. Perché il consiglio verbale e l’immagine lo fanno sentire vicino, gli danno conforto, specie quando la malattia ha un decorso lungo ed egli è allettato o in poltrona.

        Resta ed è sempre “sacrale” il metodo clinico che usa ancora la raccolta anamnestica e fa semeiologia clinica basata sulla visita, sul tatto, sull’ascolto che sono la base dell’esame fisico. Le tecnologie potenziano il ragionamento clinico. Il paziente resta al centro dell’attenzione, il medico risponde con maggiore appropriatezza.

        Cambia la figura del medico: prima medico curante, di fiducia, di famiglia, oggi ufficialmente medico di assistenza primaria, responsabile della cura globale della persona. Nella pratica clinica, sempre meno diagnosta, sempre più “prescrittore”.

        Avanza la figura del consulente, lo specialista scelto dal malato o consigliato, che interloquisce direttamente con lui, gli fa la diagnosi, gli prescrive la cura, periodicamente lo controlla. Mantiene il contatto diretto per tutto il tempo connesso al periodo della malattia.

        Giuridicamente il medico convenzionato di libera scelta del cittadino, resta coordinatore responsabile dell’intera vita sanitaria del paziente. Ufficialmente resta il medico dell’assistito, lo accompagna nella malattia ma, praticamente, spesso, lo mette nelle mani dello specialista il quale si prende la responsabilità della diagnosi, della prescrizione della cura, della conduzione dell’intero iter durante tutto il percorso della malattia. Liberamente scelto dal malato, che sia specialista convenzionato, o appartenente a una struttura sanitaria, o libero professionista, se ne prende carico.

        Il paziente si affida – a volte è lui stesso a sceglierlo attraverso i servizi digitali – sempre lo incontra e si “lascia seguire” in ambulatorio o in mobile health, con la telemedicina o Internet of Things. Lo specialista diventa il “consulente”, interloquisce direttamente con il malato, gli fa la diagnosi, gli prescrive la cura, periodicamente lo controlla.

        Il medico convenzionato lo accetta, a volte lo vuole. Non interferisce. Lascia il malato nelle sue mani, si limita alla mera trascrizione dei farmaci. Il suo rapporto con il malato, specie se il malato è allettato nel proprio domicilio, diventa sempre più verbale e sempre più mediato dal telefono o dai nuovi e più facili mezzi di comunicazione per chi possiede uno smartphone.

        Certo non si può e non si deve generalizzare!!

        Ma è sotto gli occhi di ognuno di noi che il medico di medicina generale convenzionato, lentamente si sta distaccando dal suo paziente. Nel nuovo sistema, anche se pediatra di libera scelta, fa il medico, ma fa anche quanto gli impone la patient summary: il profilo sanitario sintetico – documento informatico che riassume la storia clinica del paziente e la sua situazione corrente – l’aggiornamento della cartella, documento accessibile alle strutture autorizzate. Fa il professionista e gestisce la governance con la registrazione dei vari stati di salute, la trascrizione degli esami di laboratorio e strumentali, la cura con le variazioni. Segue le fasi di osservazione del malato comprese quelle al di fuori del SSN.

        Scrive la ricetta elettronica on-line che, dematerializzata

in via telematica, permette il controllo delle prescrizioni dei

famaci e la spesa.

        In questo nuovo rapporto assistenziale, la innovazione digitale diventa opportunità con cui bisogna entrare in confidenza.         Facile per gli esperti, più difficile per gli anziani, ma indispensabile e anche comoda, certamente modifica il rapporto duale medico-paziente; apre a una nuova era sanitaria più specialistica, più tecnologica, più innovativa. Ha bisogno della competenza del medico per sapere, saper fare e sapere essere anche nella medicina di precisione, di genere, della complessità e ha bisogno che l’utente sappia ascoltare e accedere al sistema. Di una vera formazione – alfabetizzazione – che faciliti l’uno e l’altro, nella complessità delle poli-patologie, della co-morbilità e delle poli-terapie.

        Le tecnologie informatiche e di telecomunicazione sono una risorsa, sono valide alleate per affrontare le sfide e la sostenibilità del S.S. nazionale. Sono garanzia nella medicina predittiva, rientrano nelle missioni del PNRR. Migliorano il contatto con gli anziani, i cronici nel monitoraggio, in assistenza sanitaria domiciliare. Hanno il pregio dell’immediatezza, dell’efficienza, della trasparenza, dell’adattabilità al regime economico. Facilitano la riduzione degli sprechi, controllano le inefficienze. Con le “machine learning”, costruiscono sistemi intelligenti a supporto.

            Cambia il modo di comunicare, prende piede il video che dietro le parole ha un volto, mostra una gestualità che avvicina. Andiamo vivendo un’era di cambiamenti radicali che obbligatoriamente impongono apertura, aggiornamento scientifico, disponibilità alla inter-disciplinarità e alla multi-disciplinarità.

        E’ già iniziato e, anche con tutte le viziature da superare, mostra già i sui risultati: la prenotazione digitale on-line per le visite specialistiche, per gli esami di laboratorio e strumentali; la possibilità di avere la risposta on-line, di chiedere e di avere la prescrizione degli esami, dei farmaci.

        E’ un primo grande passo che aiuta il paziente senza la necessità di uscire di casa, di creare affollamento nelle strutture.

        Limiterà il contatto con il medico e con le strutture sanitarie, ma è una comodità e va sempre più potenziata.

        Viene spontanea la domanda: la tecnologia riuscirà a mantenere il rapporto duale medico-paziente? La risposta è difficile. Oggi non è facile dare una risposta, manca l’esperienza.

        Molte cose cambierannoe saranno tutte a favore dell’utenza, specie se anziana sempre più numerosa e sempre più fragile.

        Non sarà del tutto rispondente al “Libro bianco” della salute che come prima strategia comunitaria, propone solidarietà, priorità per i pazienti più bisognosi, riduzione delle ineguaglianze, riconoscimento del legame tra salute e prosperità economica, integrazione del tema salute in tutte le politiche economiche. Spersonalizza il rapporto medico-paziente. Ma, se utenti e operatori sanitari si preparano, se il patient empowerment si doterà di conoscenza, capacità, consapevolezza, tutti ne avranno vantaggio.

        Lo cambia, ma sarà sempre un rapporto di fiducia gestito in maniera diversa. Nell’intenzione resterà sempre così, rispetterà i ruoli, ma poggerà su nuovi paradigmi, creerà nuove piattaforme di cui l’esempio più classico è la telemedicina. Nel “patient engagement”, il medico manterrà sempre il suo ruolo chiave. Aggiungerà l’informativa sui dati personali, il fascicolo elettronico utilizzabile anche nella ricerca e nella statistica. Allargherà i suoi compiti e sarà il paziente a doversi adattare, a sapersi avvalere consapevolmente e responsabilmente dei mezzi di comunicazione virtuale.        
        Tutto questo può sembrare più distaccato nel rapporto, ma ha il vantaggio di migliorare l’appropriatezza clinica, la gestione della cura, la gestione delle risorse sanitarie. 
        Il rischio è che si possa fare un utilizzo improprio di queste tecnologie. Il “fai da te” terapeutico. Che l’intelligenza artificiale (IA) non venga utilizzata secondo l’etica e la priorità dei diritti umani. Che non venga protetta l’autonomia umana, che non venga promosso il benessere e la sicurezza della persona, che prevalga l’interesse pubblico o privato, che non venga garantita la trasparenza, la spiegabilità e la intelligibilità.

        L’OMS promuove responsabilità, inclusività ed equità. Porta come esempio, la piattaforma WelCare.
        La Telemedicina – modalità di erogazione di servizi di assistenza sanitaria tramite il ricorso a tecnologie innovative che mettono in contatto, uno o più medici e il malato che si trova a distanza – facilita le cure mediche o psicologiche; gestisce le malattie croniche con efficienza.

        Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità, in una seduta dedicata a “Industria e istituzioni”, ha detto testualmente: Noi stiamo lavorando già da tempo per accelerare….per attivare una procedura di Private Public Partnership….arrivare a una tariffazione….Tutti noi specialisti di settore abbiamo grandissime aspettative. La sfida più importante è trasformare la pratica medica….in medicina cosiddetta personalizzata…anche grazie a dispositivi digitali che possono essere collocati nel luogo dove vive il paziente, addosso al paziente o dentro il corpo del paziente, dai quali si può ricavare una quantità di informazioni impensabile prima dell’era digitale…le esperienze che facciamo in tutta Italia sono molto promettenti.

        Oggi, l’Italia, nel panorama digitale europeo, è al 25° posto su ventotto paesi. Quartultima prima della Romania, Bulgaria e Grecia, ha già istituito l’AgID (Agenzia Italia digitalizzata) con il compito di digitalizzare il paese: dall’amministrazione alla sanità, con la priorità per il Fascicolo Sanitario Elettronico, la dematerializzazione della ricetta rossa, la telemedicina.

        La riforma digitale è partita, è in corso. Sta portando vantaggi al medico e ai malati. Li supporta con la collaborazione di esperti in informatica, delle telecomunicazioni e di economia. Mostra di essere un “valore aggiunto” di cui beneficiano i medici, gli operatori sanitari, i ricercatori, i pazienti.

        Sia come forma di intelligenza artificiale che come robotica, aiuta la monitorizzazione domiciliare, la teleriabilitazione delle patologie cardiache, polmonari e neuro-degenerative. Collega le due postazioni sanitarie: la centrale ospedaliera o ambulatoriale specialista e il domicilio del malato. Le nuove Case di Comunità istituite con il DM 71/2022 in assistenza h24 e in collegamento con gli studi dei medici di famiglia – spoke per le cure mediche e piccoli interventi sanitari – collegati in rete, faciliteranno le televisite, i consulti online, la digitalizzazione degli esami diagnostici; accorceranno i tempi, annulleranno le distanze. Tutto è legale se c’è un comportamento razionale e responsabile del medico e se il paziente dà il suo consenso informato all’accesso ai dati personali, al fascicolo elettronico che può essere utilizzato nella ricerca, nella statistica, nell’ospedale e anche a domicilio.

        La telemedicina sta entrando anche negl’Istituti di pena: il medico interno si mette in contatto con lo specialista e si giova di ogni suo indirizzo. Rispetta i dettami dell’art. 3 della Costituzione che vuole “rimuovere gli ostacoli” e, migliorare l’assistenza

nelle carceri.

        Per le persone fragili,per quelle che vivono da sole, si ipotizza e presto diventerà realtà, un dispositivo indossabile (wearable). Un braccialetto “angelo custode”basato su un sistema di apprendimento automatico e su algoritmi cinematici avanzati per individuare i modelli di attività quotidiane abituali di ogni persona. Un bracciale smart di nuova generazione, per controllare il livello di benessere generale, la posizione del Gps, la qualità del sonno, la regolarità del battito cardiaco, la quantità dell’attività fisica per prevenirne i rischi. Si ipotizza uno stetoscopio intelligente che grazie alla tecnologia bluetooth, riconosca autonomamente i suoni polmonari e sia capace di rilevare l’insorgenza di una malattia. Di inviare messaggi che garantiscano il monitoraggio continuo, che incidano sul rischio di errore umano. Si farà uso della robotica nell’aiuto agli anziani con demenza o con disturbi del comportamento.
        Nel contempo gli studi medici diventeranno strutture pluriarticolate in cui il cittadino accanto al medico di famiglia, può avere il laboratorio per gli esami clinici e strumentali. Avere una diagnosi, una terapia, senza bisogno di andare al pronto soccorso.

        Il medico sarà supportato in via diretta e telematica nella sua professione; non perderà mai il suo ruolo, ma si avvantaggerà dei presidi e delle possibili consulenze. Il ministro Speranza con il suo DM 71, ha definito la forte connessione tra medici di famiglia, le case di comunità e il distretto….lo studio del medico mantiene la sua funzione di fiducia e prossimità che deve restare tale…. Sarà lo spoke delle case della comunità hub…. La sanita digitale, chiave del nostro futuro per il rilancio del Ssn nell’ambito del Pnrr, contribuirà a ridurre i divari territoriali.

        Speriamo tutto questo si raggiuga prima possibile. La digital trasformation si chiama progresso!!