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Riflessioni                                       

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di Aldo Di Blasi 

Il Procuratore di Bologna afferma che nella vicenda dell’efferato omicidio della donna, massacrata a martellate in testa il 23 agosto scorso dal suo persecutore,  “non si può affatto parlare di malagiustizia”. Ma la sua  autodifesa  evidentemente imbarazzata non ha convinto nessuno e si auspica che gli Ispettori del Ministro della Giustizia facciano chiarezza e, veramente, “giustizia”.

Come si può affermare che, dopo la denuncia presentata dalla vittima a fine luglio, subito sono state attivate le indagini, “che non potevano concludersi prima del 29 agosto, perché alcune persone da sentire erano in ferie” ?

Ma la donna era stata ascoltata dal Magistrato, entro tre giorni, come prevede la legge, con la dovuta attenzione? Nella denuncia, a quanto pare, la vittima aveva riferito di atteggiamenti molesti, telefonate continue, messaggi e appostamenti, ma non anche di violenza fisica.

Per questo, secondo il superficiale e frettoloso (mi si consenta) convincimento del Procuratore, “non emergevano situazioni di rischio concreto di violenza, era la tipica condotta di stalkeraggio molesto”.  Ma si erano resi conto gli investigatori del perdurante e grave stato di ansia e di paura per  la previsione di poter appunto patire qualche danno per i comportamenti del giovane stalker, che avevano alterato le sue abitudini di vita? Certamente no, visto che hanno perso tempo, a quanto pare, a  sentire diversi testimoni  (ma quali? ), inviando una prima informativa in Procura attorno alla metà di agosto, e sottolineando poi di dover ancora ascoltare altre persone (quali?) che però dato il periodo estivo al momento erano lontani da Bologna. Ma non sarebbe bastato informarsi dai vicini di casa, che erano al corrente della grave situazione di persecuzione, tanto che  non permettevano allo stalker di entrare nel portone del palazzo? essi sapevano che egli perseguitava la donna, che ne aveva paura e lo definiva  “un tipo molto pericoloso”, che “continuava a darle tormento”. Sarebbe bastato informarsi dalla sorella della vittima, che si è trovata ad assistere in diretta telefonica all’esecrabile massacro, che avrebbe rivelato agli investigatori che l’uomo violento faceva gli agguati per le scale, aveva rotto i vetri delle finestre, era entrato dal balcone al secondo piano e aveva spaccato bicchieri e bottiglie, aveva staccato la luce dal contatore nell’androne, ecc.  Di quali altre informazioni c’era bisogno? Nei confronti dell’uomo non erano stati ancora adottati provvedimenti restrittivi e così si è arrivati colpevolmente al prevedibile crudele  funesto epilogo.

Secondo la legge vigente, il reato di stalking  ha natura di reato abituale e di danno.L’elemento oggettivo dello stalking è rappresentato  dalla reiterazione delle condotte persecutorie. Le condotte devono essere idonee a cagionare nella vittima un “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, nonché un ” fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva”, ovvero a costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.   La legge prevede che l’autorità che abbia ricevuto la segnalazione debba darne immediatamente notizia al magistrato del pubblico ministero, anche in forma orale.

Il Pubblico Ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. La Polizia Giudiziaria procede senza ritardo al compimento degli atti di indagine delegati dal Pubblico Ministero, mettendo immediatamente a disposizione di quest’ultimo la documentazione dell’attività svolta.

Soprattutto chi ha il compito e l’autorità di tutelare i cittadini, la Magistratura e le Forze dell’ordine, devono sensibilizzarsi maggiormente, non minimizzare i casi di stalking, derubricandoli a semplice “stalkeraggio molesto”, ma devono valutare caso per caso le situazioni denunciate, non limitandosi a seguire le procedure, arroccandosi dietro i protocolli e le normative, senza immedesimarsi e utilizzare le risorse della ragione. Se si ritiene che i tempi della denuncia siano troppo lunghi (soprattutto se si è in periodo di ferie estive), perché non si suggerisce alla persona denunciante, visibilmente in stato ansioso e di agitazione emotiva, poiché vive nella paura, di ricorrere a una modalità alternativa , richiedendo alle Forze di Polizia  l’ammonimento, come previsto dall’articolo 8 del Decreto legge n. 11/23 febbraio 2009 e s.m.?

L’ammonimento è un provvedimento amministrativo di competenza del Questore che, dopo aver valutato i fatti e ritenuta motivata la richiesta sulla base dei fatti riportati dalla vittima e delle ulteriori informazioni eventualmente raccolte dagli organi investigativi, richiama ufficialmente lo stalker, invitandolo a interrompere il comportamento persecutorio. Se il persecutore non interrompe l’azione di stalking nonostante l’ammonimento e la vittima lo riferisce alle Autorità competenti, viene automaticamente avviata la procedura penale, senza che la vittima debba presentare querela. Inoltre, è previsto  che il Giudice possa disporre il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Forse questo provvedimento amministrativo, se suggerito per tempo, avrebbe potuto salvare la vita alla sventurata donna.  

Ora che l’assassino è in carcere, viene descritto dal giudice del tribunale di Bologna , “animato da un irrefrenabile delirio di gelosia”, incapace di gestire “le proprie pulsioni aggressive”, con   “manifestazioni di eccezionale pericolosità e assoluta incontrollabilità e prevedibilità”, con un “elevatissimo rischio di recidiva”. Occorrevano molte indagini approfondite (dopo le ferie estive, ovviamente), per comprendere la pericolosità della situazione e del soggetto?

La società tutta  deve prendere coscienza del grave fenomeno, che sembra inarrestabile, del femminicidio, utilizzando tutti gli strumenti giuridici, politici ed educativi disponibili e possibili,  modificando, fin dall’infanzia, i modelli sociali e culturali da cui trae origine, combattendo e debellando quella cultura misogina e maschilista che vede la donna come un oggetto di possesso, non un essere umano con tanto di diritti e d’identità.

Questa iattura anziché diminuire sull’onda dello sdegno morale, della riprovazione etica e delle manifestazioni di solidarietà, sembra purtroppo autoalimentarsi, per effetto emulativo di azioni efferate attinte dai mass media, che stimolano le menti di soggetti  irrazionali e li trasformano in violenti criminali.