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Il grande freddo: chi rischia di più e come difendersi

Il grande freddo: chi rischia di più e come difendersi

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I consigli degli esperti della Società Italiana di Medicina Interna

Con le temperature in picchiata e la bianca coltre di neve che ricopre la nostra penisola, dobbiamo sapere come difenderci dalle insidie del grande freddo. E gli esperti della Società Italiana di Medicina Interna (SIMI) sono prodighi di consigli, soprattutto per le persone più a rischio, come gli anziani, i fragili e chi è affetto da patologie croniche. Gli inverni caratterizzati da fenomeni estremi sono ormai una consuetudine, conseguenza diretta dei cambiamenti climatici. Ma il concetto di ‘freddo estremo’ resta molto relativo: temperature vicine allo zero possono essere considerate ‘estreme’ in Sicilia, mentre sono del tutto normali in Abruzzo o in Alto Adige, regioni più abituate al grande freddo invernale e dunque meglio attrezzate. Ogni anno almeno il 7 % di tutti i decessi può essere attribuito al freddo, argomento di grande attualità in tempi di crisi energetica come quelli che stiamo attraversando. Ecco dunque chi rischia di più e come difendersi.

Attenti al cuore! Pensando ai rischi delle temperature rigide, la mente va immediatamente a influenza, raffreddori e a tutta la pletora di virus respiratori che ci circonda. “Ma in realtà – spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna – una delle minacce peggiori del ‘generale inverno’ è quella posta all’apparato cardio-circolatorio, con un’aumentata incidenza di infarti, ictus e un peggioramento delle arteriopatie periferiche (o PAD, quelle a carico delle arterie degli arti inferiori)”. Sono soprattutto le persone affette da patologie cardio-vascolari note quelle più esposte a questo rischio, che fa leva sul modo con il quale l’organismo reagisce al freddo. “Per evitare di disperdere calore- spiega il professor Sesti – i vasi periferici si ‘contraggono’ (vasocostrizione), ma questo a sua volta provoca un ridotto afflusso di sangue in periferia (con il freddo peggiorano i sintomi della claudicatio, dolori crampiformi fortissimi alla coscia o al polpaccio, che compaiono in chi soffre di PAD) e un aumento della pressione arteriosa. È per questo che spesso in inverno è necessario ritoccare verso l’alto i dosaggi della terapia antipertensiva o associare altri farmaci per mantenere sotto controllo i valori pressori”. Una pressione arteriosa in salita e il freddo non solo rappresentano una minaccia per i vasi di cuore e cervello, ma portano anche ad urinare di più, esponendo in questo modo al rischio di disidratazione (che può sembrare strano in inverno, ma accade), rendendo di conseguenza il sangue più denso e meno ‘scorrevole’ all’interno dei vasi, fenomeni che possono favorire la formazione di trombi. “E dunque – ricorda il professor Sesti – oltre a ridurre la pressione in maniera adeguata, è necessario assicurare un buon introito di liquidi. Ma assolutamente non di alcol. L’idea che l’alcol ‘riscaldi’ è una sensazione ingannevole; in realtà, producendo una vasodilatazione periferica, l’alcol favorisce la dispersione di calore. Ragione in più dunque per evitare il consumo delle bevande alcoliche, che non mai effetti benefici”.

Proteggere naso e bocca per il bene di bronchi e polmoni. Anche l’apparato respiratorio risente del calo delle temperature. E non parliamo solo di influenza e virus respiratori che circolano abbondantemente in inverno. “In questa stagione – afferma il professor Sesti – assistiamo ad un’esacerbazione di malattie respiratorie croniche come la bronchite ostruttiva (BPCO) e l’asma perché il passaggio di aria fredda lungo le vie aeree provoca irritazione e di conseguenza, tosse, aumento di secrezioni catarrali e una respirazione difficoltosa e affannata (dispnea). Per questo è importante evitare di uscire di casa nelle ore più fredde, proteggere bene naso e bocca con una sciarpa (e una mascherina, soprattutto quando si sale sui mezzi pubblici affollati) per riscaldare l’aria che inaliamo; bisognerà inoltre valutare con il proprio medico se è il caso di aggiungere un ‘puff’ di broncodilatatore/antinfiammatorio in terapia. Chi soffre d’asma, dovrebbe comunque sempre avere con sé un inalatore per un ‘puff’ d’emergenza. Le persone con long Covid devono fare particolare attenzione in caso di freddo e cattivo tempo perché secondo una review pubblicata di recente sul BMJ, la loro funzionalità polmonare può restare compromessa per un tempo variabile dopo l’infezione da Covid e questo li espone a maggior rischio di infezioni respiratorie. Se necessario uscire, oltre a proteggersi bene dal freddo, queste persone dovrebbero indossare una mascherina FFP2, soprattutto negli ambienti affollati e scarsamente ventilati”.