La testata digitale dell'OMCeO Messina
 
Gli educatori primari: i genitori

Gli educatori primari: i genitori

Views: 134

di Emidio Tribulato

Le prime e fondamentali realtà educative sono rappresentate sicuramente dai genitori.

Questi, infatti, sono chiamati gli educatori primari, proprio perché non solo sono i primi ad accostarsi al bambino ed ad avere con lui un rapporto dialogico, ma soprattutto perché hanno, nella formazione di una nuova personalità umana il compito fondamentale. E’, il loro, il ruolo più importante e quindi anche il più gravoso e più delicato, ma è anche il più splendido.

Quali i motivi?

Innanzi tutto sono le persone che hanno desiderato quel bambino. Lo hanno amato fin da quando è stato loro consegnato tra le braccia; ma anche prima, prima di stringerlo tra le braccia, lo hanno sognato, fantasticato. Lo hanno cullato e accarezzato, già durante i giochi della loro infanzia, nelle fantasie e nei lunghi discorsi della loro adolescenza. Nella giovinezza lo hanno desiderato ancor prima che si facesse realtà corporea da abbracciare.

I genitori sono quelli che danno, mediante sé stessi ed il loro amore, un corpo e un cuore, una mente e dei pensieri, strumenti intellettivi e valori umani e spirituali al proprio piccolo. Con i loro geni gli forniscono il progetto per uno sviluppo umano, con le loro parole, il loro ascolto, il loro affetto ed i loro comportamenti danno concretezza a questo progetto.  Tutti questi elementi contribuiscono a creare un legame inscindibile ed unico.

I genitori sono quelli che aspirano a prolungare la loro esistenza attraverso i figli. Insieme a questi cercano di realizzare elementi incompiuti della loro vita.

Solo attraverso i figli, infatti, possono immaginare e fantasticare l’attuazione di alcuni loro sogni, dei desideri e delle aspirazioni più profonde.

Attraverso di loro si realizzano come uomo e donna, come padre e madre. Con loro si snoda anche buona parte della loro realizzazione sociale: un bambino è qualcosa da far conoscere agli altri, da vivere insieme con gli altri, da far integrare con gli altri.

 I genitori sono quelli che riescono ad instaurare con il loro bambino, fin dal primo abbraccio, il più grande e profondo rapporto comunicativo, affettivo e d’amore.

Sono loro che trasmettono i primi elementi formativi che lo guideranno nella vita.

I genitori, infine, soprattutto per i bambini ancora piccoli, rappresentano, il loro unico, intero mondo; sono fonte di sistematica e sicura attenzione, affetto, sicurezza, calore, tenerezza, esempio. La loro realtà sarà interiorizzata mediante continui e incessanti processi d’identificazione.

Abbiamo parlato sempre al plurale. Quali potrebbero essere i motivi per i quali ogni bambino che nasce ha bisogno di due genitori e non di uno solo?[1]

In fondo molti esseri viventi, anche animali superiori, come i gatti, i cani, gli elefanti, gli orsi vivono e sono educati da un solo genitore, mentre altri utilizzano l’apporto di papà e mamma, come i gorilla, i lupi, i leoni, i castori, i pinguini ed i cigni.

I motivi vanno ricercati nella particolare complessità dell’essere umano.

Nel cucciolo d’uomo, le sue capacità affettive, le enormi potenzialità intellettive e relazionali, le grandi capacità comunicative, oltre che la sua sete di cultura, non possono essere soddisfatte solo da un genitore, ad esempio solo da una madre.

 Una donna, una madre, ha un patrimonio d’umanità immenso dentro di sé ed è capace di dare apporti preziosi per lo sviluppo del figlio. Le sue capacità comunicative, l’affettività, l’intensa sensibilità, le tenerezze che riesce a dare, sono fondamentali nell’educazione del minore.

Ma anche un papà apporta e dà elementi insostituibili di carattere, d’intelligenza, d’affettività. La forza, la linearità, il coraggio, la sicurezza, la coerenza, la fermezza, caratteristiche di un buon padre, sono altrettanto importanti degli apporti materni in tutte le età.

Tanto importanti gli apporti dell’uno e dell’altro che ogni bambino non può esserne privato senza averne un danno più o meno grave, in base all’età in cui è costretto a farne a meno ed in rapporto alla possibilità da parte di altre figure: zii, nonni, amici, in grado di sostituire il genitore mancante.

Purtroppo, sono numerose le occasioni in cui il genitore separato, vedovo, o una ragazza madre, provano a sostituirsi al genitore assente. Una mamma cerca di sostituire il papà, un papà cerca di fare anche da mamma.

I risultati di questa vicarianza, non sono così ottimali come quando sono presenti le due figure. Kaplan riferisce che: ”Più del 50% degli eroinomani che vivono in città, appartiene a famiglie di divorziati o nelle quali è stato presente un solo genitore.”[2]

 I motivi sono diversi.

  • Ognuno di noi può dare ciò che è e ciò che ha. Difficilmente può inventarsi realtà, capacità, qualità, sentimenti, emozioni, diverse da quelle che possiede. Il patrimonio genetico, ormonale che ogni uomo e ogni donna possiede dalla fecondazione, le esperienze di vita, i vissuti relazionali, condizionano ogni attimo della nostra esistenza e non possono essere sostituiti o aggiunti ad altri, solo attraverso l’uso della nostra volontà, se non in minima parte.
  • Due realtà permettono al bambino di proiettare sentimenti interiori diversi. Quando la mamma rimprovera un bambino questa, in quel momento, può diventare ai suoi occhi l’elemento “cattivo“, da cui momentaneamente allontanarsi, per avvicinarsi maggiormente e utilizzare l’altra realtà, quella “buona”, rappresentata dal papà e viceversa. Questa possibilità gli permette di trovare sempre un elemento consolatore e quindi di non rimanere in balia dell’angoscia. Quando questo meccanismo non è possibile perché manca uno dei due genitori, il bambino sarà costretto a trovare all’esterno della famiglia l’elemento “buono” con conseguente senso di colpa, in quanto può essere vissuto come un tradimento del genitore. E’ come se dicesse a se stesso: “ Io mi allontano da mia madre, per cercare una persona che mi capisca; e questo non è giusto.”  L’altra possibilità è di chiudersi in sé stesso cercando nell’intimo del proprio cuore l’elemento consolatore buono. Questa soluzione, però, è ancora più drammatica perché può portare a difficoltà ad aprirsi agli altri e al mondo.
  • Molto spesso, nella vita d’ogni persona, vi sono dei momenti di crisi, di malessere fisico e psicologico. Tali malesseri sono a volte ciclici come nella donna, il cui umore e quindi la sua disponibilità all’altro, è spesso condizionato dalla situazione ormonale. Altre volte questi malesseri sono causati dalle avverse o difficili circostanze della vita: il tradimento di un amico, un capoufficio particolarmente severo, una malattia. In queste situazioni l’avere “di scorta“, un genitore sereno, calmo, disponibile, affettuoso, è fondamentale per la salute psichica del minore.
  • Due genitori, permettono al bambino di vivere e risolvere in maniera armoniosa il legame edipico, vale a dire l’amore che per Freud ogni bambino o bambina all’età di tre – sei anni vive e prova nei confronti del genitore del sesso opposto. Se i genitori sono due, egli potrà momentaneamente e tranquillamente “innamorarsi” del genitore dell’altro sesso e successivamente, nell’età adolescenziale, potrà abbandonare quest’amore impossibile notando che l’oggetto del suo amore ama, riamato, l’altro genitore che gli è accanto. Questa realtà, che non può negare, lo spingerà e costringerà a cercare il suo amore all’esterno della famiglia. Se ciò non avviene l’amore edipico avrà difficoltà ad essere superato.  Il bambino ad esempio, non notando accanto alla madre un padre, potrà pensare che sia giusto e naturale questo suo sentimento che gli permette di sostituirsi al padre mancante, dando amore alla madre sola. Quest’amore edipico non superato lo potrà legare per molto, molto tempo al genitore dell’altro sesso impedendo lo sviluppo di un amore esterno alla famiglia.
  • Un genitore solo sarà più facilmente spinto ad un attaccamento morboso nei confronti dei figli, impedendo loro, anche se in modo indiretto, i normali investimenti affettivi al di fuori della famiglia.
  • Nel campo educativo il genitore che è costretto, o ha scelto di vivere questo ruolo da solo, si trova molto spesso in situazioni difficilmente superabili. A volte ha paura di lasciare spazio ad altre figure educative, in quanto può diventare geloso del proprio primato e del riconoscimento affettivo. Tende ad oscillare da un comportamento troppo rigido, ad uno troppo permissivo, senza riuscire a trovare il giusto equilibrio. Lo attanaglia il dubbio, l’incertezza di non fare ciò che più serve nei confronti del figlio. Non sa, non capisce quale sia il comportamento educativo più corretto. L’impossibilità di confrontarsi e di dialogare con un altro, la mancanza d’aiuto lo rende ansioso, timoroso, insicuro. Gli manca inoltre la possibilità di mediazione nei confronti dei figli che solo un altro genitore potrebbe dare.

I casi in cui è presente un solo genitore sono, purtroppo, numerosi. Mentre fino a qualche decennio fa la causa più consueta che portava a queste situazioni difficili era la morte di uno dei due coniugi e quindi la vedovanza, nell’attuale società le cause più frequenti sono altre: il lavoro, la separazione, il divorzio, la solitudine della ragazza madre.


[1] Negli Stati Uniti, secondo un  rapporto dell’UNICEF, il 50% dei bambini bianchi e l’ 80% dei bambini neri, nati dopo il 1980, trascorrerà parte dell’infanzia in una famiglia con un solo genitore.

[2] H.L. Kaplan – B.J. Sadock, Manuale di Psichiatria, 1993, Edises Napoli, p. 331.