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Tribunale di Messina: “I CTU non possono rifiutare l’incarico loro assegnato (salvo i casi contemplati)”

Tribunale di Messina: “I CTU non possono rifiutare l’incarico loro assegnato (salvo i casi contemplati)”

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L’Ente si rivolge a coloro i quali, iscritti nell’albo dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti, ai sensi rispettivamente degli artt. 63 cpc e 221 cpp, sono chiamati nell’ambito di un giudizio civile o di un processo penale a fornire un supporto tecnico al giudice per la definizione di una lite giudiziaria.

Si tratta, perciò, di organi giudiziari individuali che quali ausiliari del giudice hanno la funzione di integrare l’attività di quest’ultimo.

La competenza professionale richiesta è settoriale ed esula dal comune patrimonio di esperienza dell’uomo medio essendo funzionale alla risoluzione dei giudizi che altrimenti non potrebbero essere composti senza l’apporto peritale richiesto dalla materia del contendere e a questa strettamente correlato.

Dato per scontato che il ctu e il perito sono chiamati a svolgere il loro compito secondo verità e diligenza, più volte l’Ordine ha ricevuto lamentele da parte dell’autorità giudiziaria sulla circostanza che i consulenti iscritti negli elenchi troppo spesso e ancorché l’attività richiesta sia di rilevante delicatezza non accettano ovvero rifiutano l’incarico consulenziale o peritale ad essi conferito senza addurre motivazione così rallettando il prosieguo dei giudizi.

Ed allora è necessario chiarire incontrovertibilmente se e in quali responsabilità essi ricadano nel caso in cui si rifiutino di prestare giuramento o di assumere l’incarico.

Le disposizioni codicistiche che disciplinano queste figure professionali prevedono, in virtù del solo fatto di essere iscritti nel relativo albo, l’obbligo di accettare l’incarico ricevuto dal Tribunale cui si afferisce a meno che non ricorra un giusto motivo di astensione che, tra l’altro, deve essere riconosciuto tale dal giudice che provvede alla designazione.

Ed infatti, la norma contenuta nell’art.192 cpc distingue tra il ctu non iscritto nell’albo speciale del Tribunale che lo individua, il quale ha la possibilità di non accettare l’incarico senza motivare tale scelta con l’unico dovere di comunicare tale intenzione al giudice che lo ha nominato, e il ctu iscritto nell’albo speciale del Tribunale conferente l’incarico; quest’ultimo, al contrario, ha l’obbligo di prestare il suo ufficio a meno che non sussista un valido motivo di astensione da denunciare al giudice che lo ha designato.

Pertanto, soltanto in presenza di condizioni ostative, il consulente deve rifiutare l’incarico e, comunque, il legittimo impedimento che fa venir meno l’obbligo di prestare il suo ufficio deve essere comunicato al giudice che lo ha nominato e che deve riconoscere come valido il motivo di astensione per procedere alla sostituzione del ctu o del perito.

Ad esempio l’impedimento può essere dettato dalla mancanza di competenze specifiche nel settore su cui si è incaricati di fornire consulenza, da motivi di salute, dalla poca disponibilità di tempo legata a esigenze lavorative come pure da situazioni di incompatibilità ovvero dall’esistenza di un rapporto con una delle parti in causa che possa compromettere l’indipendenza del consulente, e così via.

Nell’ambito del processo penale il legislatore, nell’intento di assicurare che il perito si trovi in una situazione di terzietà ed impregiudicatezza data la delicata funzione chiamato a svolgere, è stato tassativo nell’individuazione delle situazioni che legittimano l’astensione avendo chiaramente stabilito con l’art.221 cpp che il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio salvo che ricorra uno dei motivi di astensione previsti nell’art.36 cpp, oltre ai casi di incapacità e incompatibilità di cui all’art.222 cpp.

Di conseguenza al di fuori dei casi di legittimo impedimento riconosciuti dal giudice il ctu o il perito è tenuto a creare i presupposti per l’investitura nell’incarico, come dichiarare le proprie generalità, prestare il giuramento richiesto ovvero assumere la funzione ricevuta anche perché, e non va dimenticato, il rifiuto privo di un valido motivo di astensione mal si concilia certamente con l’esigenza di garantire il funzionamento dell’attività giudiziaria.

E’ d’obbligo, infatti, far presente a chi è iscritto negli elenchi dei consulenti tecnici d’ufficio e dei periti che il nostro ordinamento, naturalmente in estreme ipotesi dolose, ha dato rilievo a scelte di comportamento che integrano gli estremi della fattispecie di reato prevista dall’art.366 cod.pen., norma quest’ultima il cui interesse tutelato è costituito proprio dall’esigenza di garantire il buon funzionamento dell’attività giudiziaria.

La disposizione contempla infatti il reato di “rifiuto di uffici legalmente dovuti” e riguarda appunto quelle condotte afferenti l’assunzione temporanea di funzioni pubbliche di collaborazione con l’autorità giudiziaria che diventano illecite se perseguono il fine fraudolento di eludere l’obbligo di prestare l’ufficio con il compimento di tutti gli atti preparatori all’assunzione del pubblico ufficio.

In conclusione, questa informativa ha la finalità di rivolgersi agli iscritti interessati dall’argomento da una parte invitandoli ad attenersi ai loro doveri discendenti dall’iscrizione negli elenchi speciali e dall’altra consigliandoli di prestare la dovuta attenzione professionale per non incorrere, seppure involontariamente o anche per distrazione, in conseguenze spiacevoli e in responsabilità non volute né auspicate.

Molto semplicemente, una volta ricevuta l’ordinanza di nomina, è opportuno che il consulente tecnico d’ufficio o il perito prenda visione del fascicolo, del quesito e delle generalità delle parti per verificare la natura dell’incarico e la sussistenza di eventuali cause d’incompatibilità.

Soltanto adducendo una giusta causa di astensione, una causa obiettiva e plausibile, si può essere dal giudice esentati dall’incarico.

La legge, tuttavia, non regola le modalità con cui il ctu o il perito designato debba far valere la legittima rinuncia all’incarico per cui tutto è affidato alla correttezza e alla buona fede che impongono di comunicare il legittimo rifiuto quanto prima possibile per procedere in via tempestiva alla sua sostituzione e, comunque, ai sensi dell’art.192 cpc almeno giorni tre prima dell’udienza dicomparizione onde evitare il rinvio dell’udienza fissata per il giuramento di rito.