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Novità in tema di Deficit Erettile

Novità in tema di Deficit Erettile

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del prof. CARLO MAGNO
SPECIALISTA IN UROLOGIA

La disfunzione erettile (DE) è definita come la costante incapacità a raggiungere e/o mantenere un’erezione adeguata a portare a termine un rapporto sessuale soddisfacente. La disfunzione erettile è un problema che colpisce milioni di uomini in tutto il mondo, causando disagio, frustrazione e riduzione della qualità della vita sessuale. In Italia circa 3 milioni di uomini ( 1 su 8) soffrono di problemi legati all’erezione ,in età compresa fra i 40 e i 70 anni, ed in quest’ultima fascia d’età il 50% degli uomini può essere affetto da deficit erettile più o meno grave.. Nei giovani, la causa più frequente è psicogena. Il gruppo di età con la più alta incidenza di cause organiche si trova negli uomini tra i 50 e i 70 anni (75%).
Fra le cause organiche quelle, vascolari rappresentano il principale fattore responsabile di DE e possono riguardare l’afflusso arterioso e/o il deflusso venoso. . I processi vascolari che innescano principalmente la DE sono l’arteriosclerosi, elevati valori di colesterolo il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, il fumo.
Dal 1998, quando sono apparsi gli inibitori della PDE-5, sono stati fatti grandi passi avanti nel trattamento della disfunzione erettile con farmaci orali. L’introduzione del Sildenafil e più tardi del Tadalafil ,del Vardenafil e più recentemente dell’Avanafil, hanno significato un progresso molto importante nel trattamento di questa malattia. Tutti questi farmaci appartengono alla stessa famiglia, gli inibitori della fosfodiesterasi 5, e il loro effetto consiste nel far agire il mediatore chimico dell’erezione, l’ossido nitrico, in quantità maggiori e per periodi di tempo più lunghi. Si differenziano per la loro velocità d’azione, la durata nel corpo e la quantità necessaria per avere effetto.Il tasso di risposta globale agli inibitori della PDE5 è del 65-70% secondo gli autori.Oltre alla non risposta, o alla risposta insoddisfacente, gli inibitori possono causare effetti collaterali quali tachicardia, alterazione della pressione sanguigna, mal di testa,congestione nasale, facciale o oculare, disturbi gastrici ,dolori muscolari. Quando i farmaci falliscono o non sono tollerati, l’alternativa è rappresentata dalle iniezioni intracavernose o dalla chirurgia (impianto di protesi).

Onde d’urto a bassa intensità nella disfunzione erettile
La maggior parte dei problemi nel funzionamento dei meccanismi di erezione sono dovuti alla carenza circolatoria da un lato e alla sclerosi dei piccoli vasi sanguigni dall’altro, così come alla fibrosi progressiva dei corpi cavernosi.
I numerosi risultati riportati in letteratura sia nell’animale da esperimento che nell’uomo hanno fornito l’evidenza scientifica che le onde d’urto a bassa intensità (LISWT) stimolano nel tessuto trattato il formarsi di nuove reti di vasi sanguigni (neoangiogenesi).. Se applicate ai corpi cavernosi del pene le Onde d’Urto a bassa intensità, grazie all’incremento dei vasi sanguigni, aumentano l’afflusso di sangue al tessuto erettile, consentendo il raggiungimento e il mantenimento di una piena erezione.
A differenza di tutte le altre terapie esistenti oggi per la DE, che non modificano la fisiopatologia del meccanismo erettivo, in quanto agiscono sul sintomo, viceversa la terapia con onde d’urto è diretta a rigenerare il meccanismo erettile in modo da far sì che i pazienti possano avere erezioni spontanee,. Gli studi fino ad ora eseguiti hanno dimostrato che le onde d’urto a bassa intensità possono aiutare sia i maschi con DE che rispondono alla terapia farmacologica sia i maschi con disfunzione erettile talmente grave da non consentire la risposta alla terapia con i farmaci orali. Nel caso che si debbano ancora usare farmaci si otterrà probabilmente da essi un risultato migliore.
Le percentuali di successo con le onde d’urto a bassa intensità nel trattamento del deficit erettile possono variare a seconda di diversi fattori, tra cui la gravità del problema, la causa sottostante e la risposta individuale del paziente al trattamento. Tuttavia, studi clinici hanno riportato tassi di successo che vanno dal 60% al 70% in alcuni casi.