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Insoddisfazione per la propria vita

Insoddisfazione per la propria vita

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di redazione

L’iniziativa dell’Istituto Superiore di Sanità per cercare di ottenere valori affidabili sullo stato di insoddisfazione del nostro Paese ha istituito la “Sorveglianza Passi D’Argento” (dal cui sito sono stati ricavati i dati di seguito esposti). Questo tipo di sorveglianza costituisce un moderno approccio cominciato che prende in considerazione la percezione dello stato di salute della popolazione producendo in tempo utile un’informazione per gli amministratori, per chi opera nel sistema sanitario, per i soggetti che vivono male la propria vita e per le loro famiglie, in maniera tale da offrire a tutti un’opportunità per fare meglio proteggendo e promuovendo la salute.


Così come la qualità della vita, anche la felicità, intesa come soddisfazione complessiva della propria vita, può essere misurata unicamente su dati riferiti dai singoli individui. Negli ultimi anni, è stata attribuita grande importanza alle misure soggettive di felicità e soddisfazione per la propria vita. Le percezioni e le valutazioni soggettive influenzano, infatti, il modo in cui le persone affrontano la vita e, per questo motivo, possiedono un elevato valore informativo.


La felicità nell’accezione originale è intesa e misurata, da alcuni decenni, come “soddisfazione della vita”. Passi d’Argento l’ha rilevata come soddisfazione complessiva della vita condotta da un individuo ricorrendo a una sola domanda con 4 possibili risposte. In particolare si definiscono insoddisfatti della propria vita gli ultra 65enni che, alla domanda «Quanto è soddisfatto/a per la vita che conduce?» rispondono “poco” oppure “per niente”.

In Passi d’Argento la domanda sulla soddisfazione per la propria vita viene raccolta solo fra le persone che sostengono l’intervista in modo autonomo senza ricorrere all’aiuto di un familiare o persona di fiducia (proxy).


Dai dati raccolti nel biennio 2016-2018, si stima che il 21% degli intervistati si ritiene poco o per niente soddisfatto. Questa quota è più elevata fra i più anziani (17% fra i 65-74enni, 26% nella fascia 75-84 anni e 33% fra gli ultra 85enni), tra chi dichiara di arrivare a fine mese con molte difficoltà economiche (47% vs 27% tra chi ha qualche difficoltà e 12% tra chi non ne ha), tra chi vive solo (28% vs 20% di chi vive con qualcuno, parenti o amici), tra i meno istruiti (27% vs 11% chi ha la laurea) e tra le donne (25 vs 17% degli uomini).

Gli ultra 65enni che riferiscono una condizione di maggiore insoddisfazione sono quelli che percepiscono come cattivo il proprio stato di salute (76%), che hanno 3 o più patologie croniche (49%), hanno problemi di disabilità (59%) e non sono ben integrati socialmente (25%) in quanto dichiarano di non partecipare ad attività con altre persone e/o fare corsi di formazione per adulti come ad esempio corso di inglese, di cucina, di computer, corsi presso l’Università della Terza età.