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Il nuovo coronavirus dalla Cina: la riflessione di Giulio Tarro

Il nuovo coronavirus dalla Cina: la riflessione di Giulio Tarro

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di Giulio Tarro

Il 31 dicembre 2019 viene comunicato dalle autorità cinesi all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un focolaio epidemico di polmonite in corso di diffusione nella città di Wuhan (11 milioni di abitanti).

Il 7 gennaio 2020 gli studiosi cinesi sono in grado di identificare un nuovo coronavirus (2019-nCoV) come causa di questa epidemia. Dopo tre settimane dalla prima comunicazione all’OMS viene confermata la trasmissione interumana del virus. Nel giro di poche settimane vengono riportati nuovi casi in 27 nazioni diverse in tutto il mondo e alla fine della quarta settimana dopo l’iniziale isolamento virale i contagiati sono oltre 30.000 con 636 morti (7 febbraio 2020).

La SARS, sindrome acuta respiratoria severa, è una forma unica di polmonite virale al contrario di molte altre polmoniti virali, i sintomi respiratori delle alte vie sono in genere assenti nella SARS, sebbene tosse e difficoltà respiratoria si osservano nella maggior parte dei pazienti. Nella forma classica i pazienti presentano una malattia generica con febbre, occhi arrossati, mialgia, malessere e raffreddamento; possono accadere episodi di franca diarrea.

La diagnosi di SARS dovrebbe essere sospettata in qualsiasi paziente con polmonite radiologicamente confermata per chiunque abbia fattori di rischio epidemiologico per la sindrome da coronavirus.

Nel settembre del 2012 un nuovo coronavirus umano è stato isolato in un paziente dell’Arabia del Sud con una malattia tipo SARS caratterizzata da febbre, tosse e respiro ridotto. Il paziente è morto per la sindrome respiratoria ed un blocco renale. La sindrome respiratoria del medio oriente è stata definita come MERS (Middle Est Respiratory Syndrome).

Come pubblicato su The Lancet il 29 gennaio 2020, quattro gruppi di ricercatori cinesi hanno sequenziato il genoma di 6 diversi virus che sono stati trovati molto simili al coronavirus della SARS. Sembra che la trasmissione di questo virus di diffonda più velocemente ed è meno aggressiva della SARS precedente con una mortalità del 2%. Queste conoscenze sono state subito condivise con l’OMS.

Il 16 gennaio 2020 ricercatori del centro tedesco di Ricerca infettiva di Berlino sviluppano una nuova metodica di laboratorio per diagnosticare il nuovo coronavirus e l’OMS ne pubblica le linee guida.

Il 28 gennaio 2020 il laboratorio di identificazione virale dell’Istituto australiano per l’infezione e l’immunità “Peter Doherty” di Melbourne dichiarano di aver cresciuto il nuovo virus in colture di tessuto dopo il suo isolamento dalla prima persona da loro diagnosticata con questa nuova infezione. Anche questa ricerca viene condivisa con l’OMS.

Almeno 50 coronavirus sono stati isolati nei pipistrelli (per lo più dall’intestino) che rappresentano il vero serbatoio di questa famiglia virale.

Il 3% degli agricoltori che lavorano nei campi della provincia di Yunnan, sudovest della Cina, presentano anticorpi nei riguardi di questi coronavirus dei pipistrelli. Il significato di tutto ciò è che in questa regione esiste una infezione da parte dei suddetti virus con una malattia mite senza segni clinici oppure causando una malattia respiratoria non diagnosticata.

Un racconto pubblicato nel 2015 da The Scientist di un nuovo coronavirus venuto fuori da un esperimento di laboratorio con l’ingegneria genetica che ha unito un coronavirus normale ad un coronavirus della SARS fornisce credito alla possibilità che l’attuale epidemia originata nella città cinese di Wuhan (dicembre 2019, gennaio 2020) sia nata in laboratorio anche senza probabilità che questa sia la verità.

La nuova informazione epidemiologica si basa spesso soltanto su fake news. D’altra parte le iniziali di “public health emergency of international concern” o PHEIC vengono pronunziate “fake”! Questo rappresenta l’appellativo che è stato attribuito dall’OMS (World Health Organization WHO) all’epidemia del nuovo coronavirus della città cinese di Wuhan, il 30 gennaio scorso.

Essere in grado di identificare le sorgenti d’infezione rapidamente ed accuratamente presenta importanti implicazioni per proteggere l’ambiente e monitorare potenziali agenti patogeni. Il controllo appropriato delle infezioni virali dipenderà dalla giusta scelta delle norme sanitarie da parte delle autorità preposte e dalla regolamentazione di effettivi parametri virali: ciò permetterà lo sviluppo di sistemi di sorveglianza con cui monitorare e ridurre più efficacemente le malattie virali conosciute e forse anche prevenire quelle emergenti.

Dalla peste nera del 1300 in Europa all’epidemia di HIV/AIDS degli anni 80, dall’epidemie influenzali alle malattie cardiovascolari si assiste ad una iperreazione di fronte ad una possibilità infinitesimale di ammalarsi di Ebola, mentre vi sono problemi molto più seri e pericolosi: tutt’ora al primo dicembre 2019, giornata

mondiale dell’AIDS, sono stati registrati un milione di morti nell’Africa Subsahariana dovuti all’infezione da HIV.

Se pensiamo realmente che le epidemie e le pandemie potranno emergere ancora come è accaduto in questo periodo è necessario approfondire gli studi sulle terapie mediante gli anticorpi monoclonali oppure sulla prevenzione con potenziali vaccini al costo di pochi milioni di dollari altrimenti ne spenderemo miliardi di dollari per non parlare della perdita di vite umane.

Già in Tailandia con i primi casi e quindi in Cina su larga scala stanno usando farmaci utilizzati come antivirali per l’influenza (Oseltamivir) e per l’HIV cioè AIDS (Lopinavir e Ritonavir) con risultati addirittura di negativizzazione del coronavirus in 48 ore.

Ovviamente l’OMS si deve esprimere in merito a questo trattamento sulla possibilità di fermare questa diffusione del coronavirus dopo avere dichiarato ufficialmente che questa epidemia è una emergenza globale per la salute pubblica.