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La dignità dell’anziano nel nostro mondo globalizzato e frustrato dal covid-19

La dignità dell’anziano nel nostro mondo globalizzato e frustrato dal covid-19

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di Antonino Arcoraci

Il presidente FEDERSPeV Prof. Michele Poerio, il 15 aprile scorso, ha mandato a tutti gli associati, un suo scritto sul covid-19 e anziani o portatori di handicap e nella sua dettagliata, quanto puntigliosa descrizione, ha evidenziato l’importanza del riconoscimento che la “persona anziana o menomata, è una persona eticamente, ma anche costituzionalmente (art.3), ritenuta alla pari della persona giovane e sana”. Ha gli stessi diritti sanciti dalla nostra costituzione e le stesse prerogative, seppure condizionate all’età o all’handicap.

Il Prof. Poerio ha mal sopportato e non sopporta che davanti al pericolo causato dal coronavirus e, a suo dire, anche dalla carenza di organizzazione, di strutture e di attrezzature, la persona anziana o la persona portatrice di handicap, sia considerata di serie B, o “figlia di un dio minore”. Descrive alcune realtà certificate, alcune solamente possibili o consigliate e se ne rammarica: si tratti della scelta della SIAARTI che consiglia al medico che si trova a dovere prendere…decisioni laceranti…a privilegiare nella priorità, chi ha maggiore speranza di vita, si tratti di provvedimenti già certificati quali quelli presi in Olanda che obbligano gli over-70 a impegnarsi – sottoscrivendo un modulo – a non ricoverarsi in ospedale in caso di coronavirus; o quelli della Catalogna che impongono di rifiutare il ricovero agli ultraottantenni; o quanto consigliato a Madrid: usare la scelta “cinica” di dare maggiore disponibilità a quei soggetti malati che hanno una maggiore possibilità di sopravvivenza. Non accetta nella classifica sulle morti, fatta in Francia, la denominazione di “morti accettabili”, le morti degli ultra 85enni. Non tralascia quanto scrive la Pontificia Accademia della vita che, in caso di pandemia, “le condizioni di emergenza…possono costringere i medici al razionamento delle risorse”.

A queste sue informazioni io aggiungo quanto deciso dalla Svezia, la quale, in caso di scarsa disponibilità di posti “in terapia intensiva”, autorizza a scartare il ricovero dell’ultraottantenne, addirittura dell’ultra60enne se al coronavirus, sono associate altre patologie.

Oggi, in Italia ci troviamo nelle condizioni in cui il covid-19 non ha creato e non crea limitazioni. Fino adesso, chiunque e in qualunque condizione clinica si trovi, ha diritto all’assistenza. Non c’è stata e non c’è alcuna discriminazione, né per i malati di coronavirus quale che sia l’età, né per i soggetti con handicap.

Ma gli esempi degli altri e la drammaticità di alcune situazioni contingenti potrebbero modificare gli orientamenti. Una serie di ipotesi, le così dette mezze parole, l’articolo di Massimo Fini del 18 aprile su Fatto Quotidiano, lasciano pensare che, dato il prolungarsi della pandemia, si debbano prendere delle decisioni che non tengono tutti i cittadini nella stessa considerazione. Giustificati dal fatto che l’anziano è più facile al contagio, per motivi di protezione, potrebbero essere imposte delle limitazioni agli over-70 con il confinamento nel

proprio domicilio, senza possibilità di muoversi pur con le dovute cautele. Il collega Adolfo Padua ipotizza l’estensione della “clausura” fino a dicembre, ma i tempi potrebbero essere prolungati fino alla scoperta del vaccino. Il Prof. Poerio con un tweet su whatsapp, il 17 aprile, tranquillizza noi tutti, scrivendo: “la decisione è di molto dubbia costituzionalità”.

Naturalmente, suppongo che una decisione di questo genere, prima di essere attuata, sia presa nella sua debita considerazione: la segregazione forzata, e per tanti mesi, è deleteria per l’anziano, più che lo stesso pericolo dell’infezione. L’anziano chiuso, allontanato dai suoi interessi o dai suoi hobby, perde gli stimoli, non sperimenta lo stress positivo, non si cimenta in nuove sfide, non si relaziona con gli altri, si chiude in una sua bolla perimetrata dalle mura della casa e si debilita sotto l’aspetto motorio e sotto l’aspetto cognitivo. Avrà più danni di quanto non glie ne possa procurare l’infezione virale.

Viene facile la domanda: quale sarà la reazione dell’anziano qualora un provvedimento di questo genere venisse attuato?

Certo molti grideranno, molti piangeranno, la stragrande maggioranza soffrirà in silenzio o imprecherà in silenzio. Ci sarà chi lo considererà giusto, chi si compenetrerà nel disagio e dirà poveracci…ma l’ordinanza seguirà il suo corso!

Allora io mi chiedo e lo chiedo a tutti: cosa sono i vecchi oggi in questa società globalizzata e volta sempre di più al desiderio di denaro e all’egoistico interesse personale? In questa società in cui si contempla come “il bello della vita” quanto i giovani vogliono nell’egoistico interesse dell’io autonomo, indifferente, possessivo. Giovani i cui padri, figli di questi anziani che hanno il rischio di essere emarginati, e …se il caso sacrificati, non hanno saputo coltivare nella tradizione delle famiglie, il culto della famiglia, il rispetto per la persona anziana. Spesso con l’esempio, hanno allontanato fino a ghettizzare la persona anziana. Magari lasciandola in una struttura apparentemente confortevole, ma lontana dai propri cari. Hanno anteposto la necessità del lavoro all’assistenza, spesso anche, il “dovere vivere la loro vita”, agli affetti.

Simon de Beauvoir si chiede e noi tutti ci chiediamo: oggi i vecchi sono esseri umani?

Il prof. Poerio sottolinea “dal modo in cui oggi gli anziani sono trattati, è lecito dubitare”. Sempre il Prof. Poerio chiude con la riflessione dell’ultraottantenne Cicerone che nel suo De Senectude, scrisse: “se quel dio mi concedesse di ringiovanire da questa età e di vagire nella culla, decisamente rifiuterei”.

Noi non dobbiamo e non possiamo accettare la discriminazione in ragione dell’età anagrafica, non possiamo non vantare il nostro diritto di essere persone anche avanti negli anni. Noi, si, avremo meno forza fisica, ma siamo sostenuti da una grande voglia di vivere! In ragione di questa, saremo capaci di creare un coro grandissimo di no rafforzato dai numeri. Faremo in modo che questo nostro grido

riecheggi per tutto lo stivale, da capo Passero, all’ultima propaggine delle alpi italiane.