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Covid-19: dalla prigionia del lockdown la fuoriuscita dei numerosi disturbi psichici

Covid-19: dalla prigionia del lockdown la fuoriuscita dei numerosi disturbi psichici

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di Anastasio Majolino

Cessata la prigionia opprimente del lockdown e il suo odioso isolamento, rimangono ancora diverse limitazioni che impediscono ancora una piena libertà di movimento. Mentre ad essere liberati sono invece i numerosi disturbi psichici che colpiscono tantissime persone. Non solo, ma si prende atto di un rilevante sovrappiù dato da spiacevoli conseguenze di tipo economico, politico, sociale e psicologico, tanto da far prendere consapevolezza di quanto devastante sia stato il colpo di maglio che si è abbattuto sul superbo uomo post moderno, così da sconvolgerne profondamente la matrice socio-sanitaria-culturale. A parte la ferita inferta al suo orgoglio di homo sapiens informatico, a causa di un impercettibile microorganismo virale privo di vita autonoma, costituito essenzialmente da pura informazione: una irrilevante sequenza genetica (DNA e RNA) di simboli codificati.

Motivo per cui c’è seriamente da temere che a seguito della calamità da Coronavirus, i postumi finiscano con l’essere peggiori della malattia. Innanzitutto per il fatto che non sarà facile riadattarsi alla normalità dopo un così lungo periodo critico, ma soprattutto perché c’è da prevedere che il dilagare di disturbi riguardanti la salute mentale sia grave e prolungato. A partire da Irritabilità, aggressività, tachicardia, difficoltà di concentrazione, ansia, depressione, con possibilità di arrivare a forme di maggiore entità come ipocondria, disturbi ossessivo-compulsivi, attacchi di panico, fino a stati di confusione mentale, derealizzazione e depersonalizzazione. Tutti malesseri da attribuire alla sindrome post-traumatica da stress, generata dal Coronavirus e annesso lockdown.

Ora, ci sembra interessante cercare di inquadrare i vari tipi di disturbi psicologici, secondo un criterio che evidenzi il nesso tra i tipi di stress accusati e i relativi effetti disturbanti. Una correlazione che concorda con i princìpi della Teoria generale dei sistemi, secondo cui l’essere vivente rappresenta una entità biologica dotata di organizzazione sistemica autoregolata e fondata su scambi di informazione circolari tra essere umano e ambiente, di cui la cibernetica costituisce lo specifico “linguaggio” scientifico esplicativo. Queste scienze, infatti, rappresentano un valido modello interpretativo delle modalità di risposta del sistema-organismo agli effetti dello stress che tendono ad alterarne l’equilibrio, ma foniscono anche uno schema operativo capace di ricostituirne la stabilità.

Ebbene, in base a questo criterio, allora, possiamo distinguere tre tipi di stress in riferimento alle condizioni che si sono verificate nella calamità da Covid-19: il primo, prodotto da carenza di stress, il secondo dovuto a stress in eccesso, e il terzo derivante da sovraccarico di informazione, per di più contraddittoria e allarmante.

Nella prima fascia, pertanto, vanno situati i fattori disturbanti relativi al bene di cui la persona è stata privata (socialità, manifestazioni affettive, contatti fisici, libertà di attività fisica e di spostamento), in cui sono prevalenti: depressione, sfiducia, astenia, tensione psiconervosa, irritabilità, tendenza ad autorelegarsi in casa per paura che permanga il rischio di contagio, inoltre distacco dalla realtà quotidiana, perdita di interessi, manifestazioni psicosomatiche come cefalea, tachicardia, disturbi gastro intestinali, abuso di alcool e altre sostanze.

Mentre nella seconda striscia vanno collocati gli effetti del malessere subito in modo diretto (sofferenza fisica, ansia, agitazione, paura del contagio, angoscia da quarantena e minaccia per la vita propria e dei propri cari), in cui prevalgono sindromi ansiose-depressive, ipervigilanza, agitazione, scarsa concentrazione, stato di allarme, incubi, fobie ossessive, ipocondria, disturbi

ossessivo-compulsivi, attacchi di panico, confusione mentale; fino al verificarsi, in soggetti predisposti, di vere e proprie psicosi Al terzo posto, infine, ci sono gli effetti derivanti dalla straordinaria criticità di un contesto epidemiologico caratterizzato da martellante flusso di informazioni allarmanti, la cui diffusione ha trasformato la pandemia in un terrorizzante fenomeno mediatico. Da cui scaturiscono principalmente incertezza, insicurezza, ansia con terrore al pensiero di un’ondata di ritorno del Coronavirus, per le incaute informazioni trasmesse dai media che spesso ne prospettano il pericolo incombente; per cui prevalgono paure assillanti e incubi.

Per quanto riguarda la terapia, gli strumenti idonei a curare adeguatamente questi malesseri, complicati da vari fattori, tra cui problemi socio-economici, poggia su due pilastri: la farmacoterapia e la psicoterapia. Fra loro non alternative e utilizzabili con reciproco sostegno. Ma nonostante l’efficacia di psicofarmaci sempre più raffinati e adeguati, nelle forme psicopatologiche (nevrosi e psicosomatosi) per cui è indicata, la psicoterapia risulta il rimedio fondamentale. Psicoterapia che oggi ha acquisito molta più efficacia per via dell’apporto dato dalla nuova epistemologia cibernetica (che ha radici negli studi di Gaetano Martino, e di Pisani e Nigro), che aderendo con più precisione alla fisiologia dell’organismo umano, permette di intervenire facilmente sui meccanismi informazionali di tipo circolare e autoregolato, da cui dipende il corretto funzionamento psiche-soma, e quindi in grado di correggerne meglio le alterazioni.