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Intervista all’attore Premio Troisi tra gli ospiti della serata finale Francesco Scianna: “Ho nel cuore la Sicilia e il cinema”

Intervista all’attore Premio Troisi tra gli ospiti della serata finale Francesco Scianna: “Ho nel cuore la Sicilia e il cinema”

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Tra gli ospiti della serata conclusiva di Marefestival 2020, manifestazione diretta dal giornalista Massimiliano Cavaleri e organizzata insieme con Patrizia Casale e Francesco Cappello, quest’anno dedicata al tema del cinema e salute in partnership con l’Assessorato regionale alla Salute, un volto particolarmente amato del grande e piccolo schermo, palermitano doc, “esploso” con il capolavoro “Baaria” del maestro Giuseppe Tornatore e interprete di numerose pellicole e fiction televisive: Francesco Scianna, esempio di straordinaria versatilità artistica che abbiamo intervistato in occasione della IX edizione.

Siciliano di Bagheria, città che ha segnato la tua vita perché lì ci sono le tue radici e perché ti ha dato il grande successo come attore in “Baaria”: com’è nata la voglia di recitare?

Fin da piccolo sono stato rapito dai film di Charlie Chaplin, in particolar modo da “Tempi moderni”. All’età di 13 anni, vedendo un primo piano di Morgan Freeman in “Le ali della libertà” sentii che volevo fare la stessa cosa: emozionare il pubblico attraverso il mio sguardo. Così iniziai a studiare recitazione e feci i primi spettacoli durante le pause estive. Capii subito che la recitazione mi consentiva di tirar fuori tutto un mondo emotivo che non riuscivo a vivere nel quotidiano. Fu subito amore per quest’arte.

Com’è stato lavorare con un premio Oscar come Tornatore? Cosa porti dentro di quel periodo e del film?

Tornatore era uno di quei registi con cui sognavo di poter lavorare fin da ragazzino. Per me lui è un grande maestro e lo sarà per sempre. Baaria mi ha concesso di comprendere davvero le mie origini, il mondo da cui venivo, ricostruire tutti i racconti di mio nonno di un mondo che mi precedeva. Credo che quell’esperienza rimarrà per sempre con me. E’ stata una scuola fondamentale, un sogno realizzato, uno dei momenti più belli della mia vita.

Il tuo debutto al cinema è arrivato invece con Cristina Comencini in “Il più bel giorno della mia vita”: che sensazioni ricordi di quella “prima volta”, in cui hai lavorato con altri colleghi del calibro di Virna Lisi?

Ricordo che prima di fare il provino per la Comencini, stavo mettendo in discussione la scelta di fare l’attore; frequentavo l’Accademia Silvio D’Amico. Poi arrivò la chiamata finale dopo 3 provini, e quando mi dissero: “Scianna, sei pronto a salire a bordo?” ero al settimo cielo. Improvvisamente tutti i dubbi svanirono e volai sulle nuvole! Di Virna Lisi ricordo che rimasi estasiato dalla sua bravura già alla prima lettura del copione. Una donna ed un’attrice straordinaria.

Sei stato diretto anche da altri grandi registi tra cui Michele Placido in “Vallanzasca- gli angeli del male” e Ferzan Ozpetek in “Allacciate le cinture”…

Quando mi chiamò Michele Placido, rimasi sbalordito dal fatto che non mi richiedesse nemmeno un provino, anche perché avevo una differenza d’età con il personaggio di circa 8/10 anni…anche quello fu un onore per me, sentire la fiducia di un artista del suo calibro che vedesse in me delle capacità tali da poter reggere una tale interpretazione. Di Ferzan mi ha travolto il suo mondo fatto di grande sensibilità. Lui era terrorizzato quando mi vide qualche giorno prima delle riprese, perché venivo da un altro film dove interpretavo un napoletano. Il look era tutt’altro, l’accento distante da ciò che mi veniva richiesto in questa nostra esperienza insieme… Gli dissi: non ti preoccupare, tra poco inizio a studiare per noi. E dopo poco avevo un’altra faccia con accento pugliese”.

Il tuo aspetto fisico che peso ha avuto nella tua carriera: ti ha aiutato o talvolta ti ha penalizzato nell’ottenere i ruoli?

Non ho ancora ben capito quanto la mia fisicità abbia influito positivamente o negativamente nel mio percorso. Cristina Comencini, per esempio, mi ha scelto per interpretare “Latin Lover” immagino anche per la mia fisicità, per il fatto che ricordo i volti di alcuni attori che rappresentano un’epoca passata della nostra cinematografia. Altre volte è capitato che non mi scegliessero, perché magari sembravo troppo “presente” come attore. Credo però che l’essere umano sia un continuo divenire, e che noi siamo talvolta anche una scoperta a noi stessi. Quindi infinite possono essere le possibilità.

Cosa significa per te essere siciliano?

E’ la mia casa, la mia famiglia. Il mondo che mi ha formato nei primi 18 anni di vita. Tante le cose preziose che porto nel mondo per le mie origini, ed altrettante sono le cose di cui mi son dovuto liberare, e che spesso ancora mi mettono a dura prova. In più è parte della mia ricchezza d’attore, ma anche tutte le mancanze che questa terra non ha potuto colmare hanno fatto sì che mi spingessi fino in America per prenderle. Quindi son grato alla mia terra anche per ciò che non mi ha dato.