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Nasce a Roma “F.A.V.O. neoplasie ematologiche”, primo network nazionale di associazioni pazienti con tumori del sangue: importante realtà per rispondere ai bisogni di chi soffre di neoplasie ematologiche, oggi in Italia 30mila persone (diagnosi di Linfoma Non Hodgkin aumentate del 45%; leucemie del 26%). “E’ finalizzato a costituire una voce unica e più forte nel dialogo con le istituzioni – spiega Davide Petruzzelli, coordinatore FAVO e presidente “La Lampada di Aladino Onlus” – obiettivi molteplici, perché complessa è la realtà delle malattie oncologiche e tanti gli unmet needs di pazienti e caregivers. In occasione della presentazione del gruppo, nato all’interno di FAVO (Fed. Ass. Pazienti di Volontariato in Oncologia), sono stati illustrati i risultati del sondaggio “Le voci contano”: 850 pazienti hanno risposto su lacune informative, percorsi di cura e qualità di vita: il 65% non era a conoscenza dell’esistenza di associazioni di pazienti al momento della diagnosi; il 41% è stato invitato a contattarle da altri pazienti; l’80% ha trovato molto utile il loro supporto. “Oggi grazie alla ricerca si può guarire – ricorda Francesco De Lorenzo, presidente FAVO – una diagnosi in giovane età non può costituire un ostacolo insormontabile all’inclusione sociale e lavorativa e quindi alla piena realizzazione della propria vita”. A fronte di un’aumentata incidenza, derivante da fattori demografici quali l’aumento della popolazione e l’allungamento della vita media, oggi la sopravvivenza a cinque anni per tutte le forme di leucemia si aggira intorno al 43% negli adulti, arriva al 50% nel mieloma e raggiunge per il Linfoma di Hodgkin il 75%, grazie soprattutto alla ricerca e a terapie innovative che hanno radicalmente modificato la storia clinica di queste malattie. «Oggi in Italia vivono circa 900.000 persone guarite dal cancro, e questo è un dato nuovo ed estremamente importante poiché impone alle associazioni pazienti un nuovo obiettivo: lavorare coese per eliminare le barriere che ostacolano il ritorno alla vita normale» –
Al contrario, il sondaggio evidenzia che in circa la metà dei pazienti la malattia ha causato problemi nella sfera lavorativa propria e dei familiari, mentre più del 30% ha incontrato difficoltà nell’accesso al credito e ai prodotti assicurativi. Molte le carenze informative: solo il 35% aveva sentito parlare della sua patologia prima della diagnosi, e prevalentemente attraverso la televisione e la radio o da parenti e amici, mentre più di due terzi degli intervistati (73%) non sa cosa sia un campione biologico, uno strumento fondamentale per una diagnosi corretta e per la ricerca di nuovi trattamenti, nel momento in cui il paziente decide di affidarlo ad una biobanca. «Quando questo accade, il paziente ha diritto non solo ad una informazione accurata, ma anche a dare un consenso informato alla ricerca, diverso e molto più dettagliato di quello che si firma per l’accesso alle cure» – spiega Elena Bravo, Senior Researcher dell’Istituto Superiore di Sanità. «Un paziente informato, consapevole delle potenzialità del proprio campione, oltre a vigilare su un uso corretto del proprio materiale biologico, può fornire un contributo essenziale nella definizione dei principi di gestione etici, sociali e scientifici».