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di redazione
Il rapporto Benessere Equo e Sostenibile (BES), redatto dall’ISTAT già da sei edizioni, consente di avere uno strumento perché la politica, cui toccano le decisioni per spostare le risorse da investire nel paese, sia in grado di operare scelte collettive e individuali, nazionali e territoriali il più possibile orientate alla promozione del benessere nelle sue molteplici dimensioni.
Attraverso l’aggiornamento, la diffusione e l’analisi degli indicatori di benessere equo e sostenibile si è cercato di consentire, a tutti i livelli di governo, decisioni documentate e trasparenti in grado di acquisire rilevanza nella valutazione ex ante ed ex post delle politiche e nel loro monitoraggio.
In particolare il BES tiene in considerazione i seguenti indicatori: Salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio, culturale, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, Qualità dei servizi, il benessere dei giovani e l’Analisi delle determinanti della soddisfazione per la vita. Dalla sua analisi si evince che in Italia ha documentato che nel 2018, la speranza di vita alla nascita in Italia raggiunge il massimo storico, 82,3 anni (80,9 anni per gli uomini e 85,2 anni per le donne). Questo ci aumenta la speranza di vita, ma gli anni da vivere senza limitazioni funzionali, in buona salute sono stabili. Mentre la speranza di vita in buona salute alla nascita al Nord risulta più alta di 3 anni rispetto al SUD Mezzogiorno e quella a 65 anni senza limitazioni è più alta di 2 anni (10,6 al Nord contro 8,6 anni del Mezzogiorno).
Gli stili di vita più salutari non sono così diffusi come dovrebbero: con l’unica eccezione della percentuale di persone sedentarie (che non praticano alcuna attività fisica nel tempo libero) che passa dal 37,9% del 2017 al 35,7% del 2018. In tale anno infatti la sedentarietà nella popolazione italiana ha segnato un miglioramento, passando dal 37,9% del 2017 al 35,7% nel 2018. La diminuzione riguarda soprattutto le donne (-2,7 punti percentuali per le donne e -1,7 per gli uomini). È rimasta stabile, nel corso del 2018, la percentuale di persone che consumano quotidianamente quantità adeguate di frutta e verdura. Il Centro è la ripartizione in cui una maggiore quota di persone consuma adeguate quantità di frutta e verdura (22,2% rispetto al 21,8 % nel Nord e al 15,1% nel Mezzogiorno).
Il confronto tra il 2016 e il 2018 ha evidenziato che la quota di persone in eccesso di peso nella popolazione adulta è rimasta invariata. Ma le regioni del sud hanno continuato ad avere i valori più elevati (al sud il 49,6% sono sovrappeso, il 43,3% al Centro e il 41,9% al Nord). Per 13 regioni su 21 la quota di adulti in eccesso di peso è aumentata nel 2018 con valori massimi in Liguria ed in Molise (circa 4 punti percentuali).
Nel corso del 2018, la speranza di vita alla nascita nel Nord è stata di 1 anno superiore rispetto al sud, mentre per la speranza di vita in buona salute alla nascita l’entità delle differenze tra Nord e sud è di circa 3 anni.
Il titolo di studio ha confermato di esercitare un importante il ruolo protettivo sui fattori di rischio per la salute poiché ad un titolo di studio superiore corrisponde una maggiore attenzione per i comportamenti più salutari ad eccezione che per l’abuso di alcol su cui il titolo di studio non sembra avere effetti. L’aspettativa di vita media alla nascita è pari a 82,3 anni per gli uomini con istruzione alta e si riduce a 79,2 anni per i meno istruiti (-3,1 anni). Per le donne, invece, il divario è più basso: da 86 a 84,5 anni (-1,5 anni).
L’eccessivo consumo di alcol è superiore nelle regioni del nord rispetto al restante territorio (19,5% nel Nord, 16,7% nel Centro e 12,9% nel Mezzogiorno).
La quota di fumatori, nel corso del 2018 è rimasta sostanzialmente stabile (19,4 %). Il Centro si conferma la ripartizione con la quota maggiore di fumatori, peraltro in aumento (22,4% nel 2018 rispetto a 20,3% nel 2017).
Nel corso del 2018 l’indice di salute mentale è rimasto stabile rispetto al 2017 (67,8 %) così come i differenziali di genere, con il consueto svantaggio delle donne (65,9% per le donne vs 69,2% per gli uomini) per tutte le fasce di età. Nell’età avanzata le differenze, però si accentuano considerevolmente. Infine nel Mezzogiorno si registrano i valori più bassi dell’indice di salute mentale.
Per quanto attiene la riduzione della mortalità infantile, i tassi di mortalità infantile nel 2016 sono risultati in lieve calo rispetto al 2015 (2,9 per mille nati vivi nel 2015 rispetto a 2,8 nel 2016). Per i bambini i valori di mortalità infantile sono più elevati che nelle bambine (3,0 per mille nati vivi maschi, 2,6 se femmine).
La mortalità per tumore maligno nell’età adulta (tra i 20e i 64 anni) è particolarmente rilevante, nel 2016 è stata dell’8,7 per 10.000 residenti ed è diminuito rispetto al 2015 (8,9 per 10.000 abitanti). Nel 2016 il tasso di tumori maligni per le donne è di 7,7 per 10.000, valore inferiore sia al 2015 che al 2014 (8 e 7,9 per 10.000, rispettivamente). Nel sesso maschile la mortalità è più elevata: nel 2016 era pari a 9,6 per 10.000 abitanti. Appare significativo che il valore più elevato dell’indicatore, sia per gli uomini che per le donne, si sia registrato in Campania (rispettivamente 11,7 e 9,0 per 10.000 abitanti).
Il tasso di mortalità per incidenti stradali tra i giovani nel 2018 si è mantenuto sui livelli dell’anno precedente (0,7 decessi per 10.000 residenti di 15-34 anni). Il tasso di mortalità stradale per il totale della popolazione, invece, ha mostrato una lieve flessione rispetto al 2017 (-1%).
L’allungamento della vita media determina col progressivo invecchiamento della popolazione determina un incremento dell’incidenza delle demenze e le malattie del sistema nervoso per le quali il tasso di mortalità è pari a 31,2 per 10.000 abitanti. Le donne hanno presentato un tasso di mortalità pari a 32,2 per 10.000 abitanti, gli uomini a 30.
I dati relativi allo stato di salute in Italia sono stati poi confrontati con le altre nazioni europee. Da ciò si evince che nel 2017 l’Italia (con 83,1 anni) si è confermata al secondo posto per la speranza di vita alla nascita nella graduatoria dei 28 Paesi Membri dell’Unione Europea (80,9 anni il valore medio), dopo la Spagna (83,4 anni). Però i risultati cambiano se si prendono in considerazione i dati di genere, infatti nel 2017 un uomo nato in Italia, così come in Svezia, ha l’aspettativa di vita più elevata rispetto a tutti i paesi dell’Unione Europea,
ossia 80,8 anni. Una donna italiana può aspettarsi di vivere fino a 85,2 anni, meno che in Francia (85,6 anni) e in Spagna (86,1) con un valore medio europeo di 83,5 anni.
Il livello di istruzione influenza significativamente l’evoluzione della speranza di vita a 30 anni anche in Europa. Infatti i più istruiti possono aspettarsi di vivere in media circa 5,5 anni di più dei meno istruiti. Gli uomini più istruiti possono avere una sopravvivenza maggiore di 6,9 anni rispetto ai meno istruiti, mentre per le donne solo 4 anni in più. Nei paesi dell’Europa dell’Est la differenza del livello di istruzione è significativamente più elevata in Slovacchia, dove la vita media attesa per un uomo di 30 anni con titolo di studio alto è di 14,4 anni in più rispetto ad uno meno istruito e in Lettonia dove una donna più istruita vive 8 anni di più di una meno istruita.
Il rapporto ha confermato che la medicina dei giorni nostri è una medicina “della cronicità”, infatti l’allungamento della vita si accompagna, soprattutto nella popolazione anziana, alla maggiore incidenza di patologie croniche che determinano limitazioni funzionali. Queste ultime però hanno una maggiore incidenza nel sesso femminile, il rapporto, infatti, rileva che la maggiore longevità femminile si associa a condizioni di salute più precarie per la presenza di maggiori limitazioni nei confronti del sesso maschile. Gli anni di vita in buona salute attesi alla nascita nel 2018 sono 57,6 per le donne e 59,4 per gli uomini. In Italia, l’aspettativa di vita senza limitazioni a 65 anni (9,8 anni) è di poco inferiore alla media Ue (10,2), ma molto più bassa rispetto ai 15,8 anni della Svezia.
Dal rapporto sono emersi dati confortanti sia sulla mortalità complessiva che su quella infantile, in quanto entrambe sono tornate a ridursi in Italia, che si conferma il paese con i valori più bassi insieme a Francia, Spagna e Svizzera.
Nel 2018 la mortalità per incidente stradale per la popolazione generale cala secondo ormai un consolidato trend anche se in misura contenuta rispetto al 2017 in linea con la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea.
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